• giovedì , 21 Novembre 2024

Una rete per l’equità nella scuola

di Antonio Santoro

Vi sono tanti modi, diversi e spesso complementari, di intendere il termine equità con riferimento al sistema educativo pubblico. Equità nella scuola vuol dire innanzitutto, e comprensibilmente, capacità di distribuire in maniera appunto equa il “bene istruzione”, ma significa anche non disconoscere le diversità e considerarle responsabilmente per una realizzazione adeguata della prospettiva di personalizzazione della proposta formativa istituzionale. Equità vuol dire ancora, e in termini più specifici, garantire a tutti gli allievi standard minimi di apprendimento e conquiste formative essenziali per l’esercizio di una cittadinanza attiva, ma significa anche impegno continuo per lo sviluppo massimo possibile delle potenzialità di ogni studente. Equità vuol dire non precludere a nessuno, negli anni dell’obbligo scolastico, l’acquisizione progressiva dei fondamentali, e significa, al tempo stesso, declinare il lavoro promozionale in modo che “ciascuno riceva ciò di cui ha effettiva necessità rispetto non solo alle peculiarità individuali ma anche alle esigenze di una società meno statica e uniforme rispetto a quella del passato” (1).

Obiettivo non facilmente raggiungibile, quello dell’equità nei luoghi formali di educazione e istruzione, in una realtà nazionale come la nostra che continua ad avere, purtroppo, percentuali di abbandono della scuola e di mortalità scolastica di notevole, preoccupante rilievo, e che non riesce quindi a sottrarre a uno stato di sostanziale minorità buona parte di quegli alunni che, per caratteristiche soggettive e/o per situazioni oggettive, rendono a dir poco problematica, e comunque piuttosto impegnativa, ogni prospettiva di crescita e di sviluppo. Obiettivo tuttavia possibile – certo, nei limiti <imposti> dai fattori ascritti – a condizione di considerare e vivere l’istituzione scolastica autonoma “non (come) una scuola isolata, autoreferenziale, […] bensì (come) una scuola che collabora con altre scuole attraverso la realizzazione e lo scambio di esperienze e di buone pratiche in vista di una crescita comune” (2). E, più in generale, a condizione di porre in essere specifiche iniziative che, per finalità di “miglioramento complessivo della qualità dell’istruzione”, finalmente abbiano “come quadro di riferimento teorico la solidarietà tra scuole, e non […] la competizione e la concorrenza.

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