• domenica , 22 Dicembre 2024

Un percorso virtuoso per la qualità dell’azione formativa della scuola

di Antonio Santoro

Abstract

Dal lavoro d’équipe dei docenti alla riflessività in didattica e quindi agli itinerari di ricerca-azione, che tornano a indicare l’indispensabilità della riflessione critica e a valorizzare la dimensione collaborativa nell’esercizio della professione docente, una ricorsività che ha, sicuramente, significativi riverberi di qualità sull’intero sistema educativo di istruzione e di formazione.

Nell’editoriale del precedente numero di Scuola e Amministrazione (Gennaio 2022), indicavo in chiusura, pure con il ricorso a sottolineature di Cesare Scurati, obiettivi di educazione (formazione ad una nuova cittadinanza) e di istruzione (alfabetizzazione culturale) in grado non solo di qualificare in termini adeguati gli impegni promozionali del sistema formativo, ma anche di <dare forma e sostanza all’idea della scuola come comunità professionale che “parla i linguaggi della collaborazione creativa, della condivisione responsabile, della reciprocità intellettuale e dell’aiuto leale nel perseguimento di compiti comuni”>.

Traguardo senza dubbio importante quello di caratterizzare l’unità scolastica come comunità professionale che, attraverso la cooperazione, sperimenta “nella regolarità e normalità di ogni giorno ciò che costituisce certamente il risultato […] di una maturazione psicorelazionale continua da cui sgorga la reciprocità costruttiva (collaborazione, scambio, dialogo) nel lavoro per obiettivi comuni”; quindi, come comunità professionale che nell’interazione sistematica dispiega e sviluppa “l’esercizio diretto ed immediato di una socialità formativamente positiva ed umanisticamente costruttiva” (1), espressione consapevole di una realtà istituzionale che responsabilmente si pone e si costituisce “come comunità di intenti e di interventi condivisi” (2).

Si tratta di una dimensione che, com’è noto, si realizza e si manifesta compiutamente nelle sedi di elaborazione/rielaborazione e di successiva approvazione dell’offerta formativa della scuola (v. art. 1, c. 12 della Legge n. 107/2015 e art. 3 del  DPR n. 275/1999, come “sostituito” dalla citata L. n. 107), e che si costruisce via via nel corso degli itinerari attuativi delle proposte istituzionali di educazione e di istruzione, durante le previste attività di valutazione/autovalutazione delle azioni didattiche e delle forme organizzative, nonché nell’esercizio periodico delle competenze attribuite ai consigli di intersezione, di interclasse e di classe (Decreto Legislativo  n. 297/ 1994, art. 5). 

Ancor più, quella corresponsabilità formativa si delinea, si definisce e si forma  nella implementazione progressiva degli impegni quotidiani dell’équipe pedagogica, quindi in virtù delle scelte didattiche, organizzative e relazionali dei docenti titolari della ‘cura’  dei processi di crescita degli allievi della sezione o della classe. A condizione però – sottolineatura quanto mai opportuna – che quelle opzioni siano sempre il risultato dell’attribuzione di spazi adeguati alle intese del ‘gruppo docente’, alla riflessività professionale e alle attività di ricerca-azione.

“Il lavoro d’équipe rappresenta un aspetto fondamentale di ogni intervento educativo. Il confronto con altri operatori permette una rielaborazione dell’esperienza e una progettazione condivisa di nuovi interventi, condizione necessaria per uscire dall’autoreferenzialità e per assumere uno sguardo plurale in grado di cogliere le sfaccettature di una realtà complessa” (3)

L’integrazione delle specifiche competenze professionali consente, in particolare, di assumere nell’azione didattica, quando produttivamente necessaria, una prospettiva interdisciplinare che in concreto “significa pensare e agire in modo collaborativo, privilegiando il principio della relazione e della interdipendenza anziché quello della separazione. Tale impostazione facilita la ricomposizione della frammentarietà propria del sapere specialistico. Il collegamento tra i vari punti di vista e tra le diverse competenze facilita (inoltre) la rilevazione dei bisogni degli utenti e il (conseguente) reperimento di risposte adeguate per un autentico servizio alla persona” (4)

L’atteggiamento cooperativo permette poi a ciascun docente di agire e quindi di realizzarsi “come un professionista riflessivo in grado di co-apprendere, valutando l’efficacia, la sostenibilità e l’applicabilità dei propri schemi d’azione in un contesto specifico” (5); cioè come un soggetto pienamente consapevole del fatto che “la r. (riflessività) in didattica costituisce l’<azione intelligente> di cui scrive Dewey, che emancipa la ragione dal procedere impulsivo. Essa è il modo di conoscere del professionista riflessivo che ‘guarda se stesso’ per comprendere (ed eventualmente modificare) la logica dei suoi atti, delle sue azioni, dei suoi comportamenti”. Ed è perciò “il procedere consapevole dell’insegnante/formatore/educatore di fronte alla complessità della situazione educativa” (6), che sempre si presenta con i suoi punti di forza e con le sue zone di debolezza e criticità. 

E’ una operatività professionale che inevitabilmente sollecita l’impiego della ricerca-azione, vale a dire il ricorso ad una metodologia che “risponde in modo adeguato all’esigenza di conoscere la realtà e di agire per migliorarla” (7);  e che da tempo viene considerata “elemento […] necessario sia all’insegnante sia alla scuola” perché “si traduce in sviluppo professionale e miglioramento istituzionale […]. L’evidenza empirica è in effetti chiara a tal proposito e la tesi formulata sin dagli anni ’70 da Stenhouse è tuttora valida: la scuola e la pratica degli insegnanti possono migliorare solo se i docenti si dimostrano attivamente e collettivamente impegnati a investigare i problemi e a produrre soluzioni locali e specifiche” (8).  

A ben considerare – scrivevo, nel mese di marzo del 2017, in un articolo per questa rivista –, è la strada che consente all’istituzione scolastica di realizzarsi e di presentarsi come organizzazione aperta che motiva e responsabilizza, che incoraggia e promuove l’interazione sistematica delle competenze: dunque e in sintesi, come comunità professionale / comunità di ricerca, nella quale si accolgono solo gli inviti e le sollecitazioni a potenziare, senza soluzioni di continuità, la dimensione critica e la dimensione creativa delle varie strutture di professionalità. 

Note

1. C. Scurati, La scuola come luogo istituzionale di conoscenza e di dialogo, Pedagogia e Vita, Annuario 2011, pp. 78-79;

2. E. Damiano, L’ethos degli insegnanti, Orientamenti Pedagogici, n.3/2008, p. 442;

3. D. Simeone, L’educatore riflessivo e le competenze di secondo livello, Pedagogia e Vita, Annuario 2015, p. 103;

4. ivi, p. 104;

5. ivi, p. 100;

6. L. Perla, Riflessività, in G. Bertagna – Pierpaolo Triani, Dizionario di Didattica, La Scuola, Brescia 2013, p. 383;

7. D. Simeone, cit., p. 109;

8. M. Mincu, La rilevanza della ricerca per lo sviluppo professionale docente e per il miglioramento della scuola, Pedagogia e Vita, Annuario 2015, p. 132

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