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Smart working e smart school: nuovi processi organizzativi per il benessere della persona

Tempi di lavoro diluiti e opportunità di crescita inedite: la modalità “smart”, già collaudata nell’ambito del lavoro, offre alla scuola italiana strumenti di partecipazione e contrasto della dispersione

Di Giuseppe Zavettieri *

 

Abstract

Nel secolo corrente, ove insiste un forte richiamo ai mezzi informatici e dove l’uomo del tempo ha organizzato luoghi e spazi secondo rinnovate esigenze di vita e di lavoro, nasce l’esigenza di elaborare strategie alternative alle tradizionali modalità lavorative e di formazione. Tale orientamento viene definito, da parte degli addetti ai lavori e non, Smart working, ovvero “lavoro agile”, regolamentato all’interno dell’ordinamento italiano dal Decreto Legislativo n. 82/2005 (“Codice dell’amministrazione digitale”) e nel più recente Decreto Legislativo n. 179/2016 (“Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124”). Il presente lavoro intende evidenziare il ruolo strategico dello Smart working nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, con riferimento anche all’istruzione e alla formazione, ambito in cui tale modalità di lavoro viene definita Smart school: l’introduzione, nel mondo della scuola, di un nuovo metodo di insegnamento-apprendimento che si avvale di strumenti interattivi che permettono e stimolano relazioni collaborative, la condivisione e la co-creazione di contenuti.

 

In un momento storico in cui la crisi economica avanza, in cui le tradizionali certezze lavorative tendono a scomparire e la famiglia come valore tende a sgretolarsi, è necessario riportare al centro di ogni interesse “la persona”, offrendo ad ognuno, uomo o donna che sia, la possibilità di armonizzare i tempi di lavoro e quelli di vita, nella speranza di ridare nuova linfa al valore della famiglia.

Nasce, pertanto, l’idea dello smart working, ovvero “lavoro agile”, considerato dai giuslavoristi come una clausola apposta al contratto di lavoro, che prevede lo svolgimento della prestazione lavorativa del dipendente in parte presso l’azienda di appartenenza e in parte in un luogo terzo, individuato dallo stesso lavoratore e concordato con il datore di lavoro.

 

Così facendo, secondo Massimo D’Antona, giurista e docente italiano, “si prende sul serio il diritto al lavoro come garanzia costituzionale della persona sociale, aggiornandola però come garanzia dell’essere e non dell’avere”.

Sicché il lavoro, secondo le recenti e nuove accezioni, perde quella sua valenza di stabilità, di uniformità e quell’orientamento all’avere. Il diritto al lavoro sposta il suo baricentro sull’essere, ossia sulla persona.

Questa nuova, flessibile ed agile modalità lavorativa rispecchia le esigenze del momento ed è una clausola apponibile temporaneamente o, a tempo indeterminato, a qualsiasi contratto di lavoro; utilizza le tecnologie digitali per espletare le prestazioni ed è organizzata con l’accordo tra le parti. Gli strumenti utilizzati sono forniti dal datore di lavoro, che ne garantisce il buon funzionamento.

 

Si conclude così un vecchio modo di concepire l’attività lavorativa grazie al processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, avviato con il Decreto Legislativo n. 82/2005 (“Codice dell’amministrazione digitale”, aggiornato dal decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217) e con il più recente Decreto Legislativo n. 179/2016 (“Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”), meglio conosciuto come nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale.

Quest’ultimo sancisce il diritto all’uso delle nuove tecnologie e afferma il principio secondo il quale le pubbliche amministrazioni sono tenute a rideterminare le proprie strutture e i propri procedimenti tenendo conto delle nuove tecnologie della comunicazione. Ciò per assicurare “la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale” (Codice dell’Amministrazione Digitale, articolo 2, comma 1).

 

Questo comporta un notevole aumento della produttività, un abbattimento dei costi e una riduzione dei tempi di fruizione dei servizi pubblici secondo gli standard richiesti dell’Unione Europea.

 

Lo smart working, che è concretamente una parte del contratto individuale di lavoro, è stato introdotto in Italia con la Legge n. 81/2017, concernente “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

 

Le condizioni del lavoro agile tengono conto dei seguenti elementi:

  1. accordo tra le parti circa le modalità di esecuzione dello smart working;
  2. organizzazione e piano di esecuzione;
  3. assenza di vincoli d’orario;
  4. assenza di un preciso posto di lavoro;
  5. utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’ attività lavorativa;
  6. previsione di condotte disciplinari relative alla fase di lavoro svolta all’esterno dei locali aziendali.

 

Indubbiamente non esiste disparità di trattamento dello smart worker rispetto ai dipendenti che operano solo all’interno delle aziende.

 

Vanno adottate altresì adeguate misure di sicurezza, come il rispetto dell’orario massimo giornaliero, il diritto alla disconnessione e la tutela in caso di infortuni.

 

Le analisi e le riflessioni sopra riportate ci inducono ad affermare che l’introduzione dello smart working nell’ordinamento italiano ha portato ad un superamento dei tradizionali paradigmi del lavoro, consentendo un bilanciamento tra la vita e l’attività lavorativa e riconducendo, così, al centro dell’interesse il “ben-essere della persona”.

Si tratta di saper fare un uso corretto delle nuove tecnologie, con vantaggi in ogni settore riguardante la vita privata e collettiva.

 

Su questa onda innovativa va collocata l’idea di applicare la modalità dello smart working anche all’istruzione e alla formazione.

 

È stata elaborata, così l’idea della smart school, ovvero l’introduzione, nel mondo della scuola italiana, di un nuovo metodo di apprendimento che si avvale dell’ausilio di strumenti interattivi che permettano e stimolino relazioni collaborative, la condivisione e la co-creazione di contenuti.

 

In effetti, nella società della conoscenza, quale quella attuale, abilitata dai media digitali, l’intelligenza è diventata il focus dello sviluppo tecnologico, economico, sociale, e la smart School è la scuola che sa valorizzare il contributo dei contenuti e delle piattaforme digitali.

Con il transito dall’analogico al digitale, la scuola cambia punti di riferimento. Quaderni, libri di testo e lavagna diventano supporti elettronici, ma soprattutto diventa protagonista principale la rete internet. Nasce l’esigenza di costruire un contesto on line dedicato alla scuola, un learning cloud dove si costruiscono, reperiscono e condividono contenuti formativi.

 

Si apre, dunque, un nuovo scenario profondamente innovativo per il sistema di istruzione, che prevede nuove forme di sostegno e supporto a tutte le aree del territorio nazionale e soprattutto a quelle interne, dove l’amore dell’esistente e il desiderio di presidiare i luoghi soggetti allo spopolamento, spesso, confliggono con i servizi presenti e con le infrastrutture disponibili o, ancora di più, con la normativa di riferimento, orientata a razionalizzare i servizi per abbattere le spese. È qui che emerge evidente l’esigenza di trovare soluzioni alternative per garantire il benessere della persona e i servizi necessari alla salute, all’istruzione, alla cultura.

 

Nasce così l’idea di una scuola del e per il territorio, che sia al contempo qualificata agenzia educativa-formativa e centro civico, capace di interpretare i bisogni sociali, economici e produttivi del territorio e di utilizzare fuori e dentro le aule scolastiche, spazi e risorse per tradurli in progettualità pedagogiche ed opportunità di sviluppo. Si tratta di ridurre il fallimento formativo precoce e la dispersione scolastica, rendendo il sistema di istruzione più attrattivo, promuovendo azioni atte a favorire forme di autoimprenditorialità, start up innovative e imprese culturali e creative con l’aiuto di una nuova smart school di territorio a servizio delle aree interne e non solo.

Ciò vuol dire velocizzare e rendere trasparenti i processi di insegnamento-apprendimento e colmare gap che, in altro modo, sembrerebbero irriducibili.

 

La smart school è una scuola attrattiva in cui oltre ai modelli didattici innovativi si sperimenta un modo più agile e partecipato di operare.

I media digitali, e in particolare la rete internet, dunque, se usati in modo corretto e funzionale al benessere della persona, favoriscono lo sviluppo di relazioni pluridirezionali tra i protagonisti dell’universo.

 

Fonti normative

Decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179

Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82

Legge 7 agosto 2015, n. 124

Decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217

Legge 22 maggio 2017, n. 81

 

Fonti bibliografiche

D’Antona Massimo, Il diritto al lavoro nella Costituzione e nell’ordinamento comunitario, in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, 1999, supplemento n. 3

 

*Studente universitario, saggista

 

 

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