La proposta del Governo bocciata dall’associazione nazionale dei dirigenti: “ In questo modo, non si farebbe altro che confermare una scuola selettiva, arretrata culturalmente e professionalmente, oltre che tenere ancora una volta studenti, insegnanti, dirigenti, genitori, ostaggio di riforme incompiute”
Non più giudizi descrittivi per gli alunni delle scuole primarie, come stabilito nel 2020, ma voti attingendo a una scala che parte da insufficiente per arrivare a ottimo. La proposta è stata lanciata dal Governo sotto forma di emendamento al disegno di legge sul voto in condotta e sulle sospensioni, su cui punta il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.
L’introduzione dei giudizi descrittivi è consacrata nell’ordinanza ministeriale numero 172 del 2020. Nel provvedimento sono stati previsti quattro livelli di valutazione per i bambini dalla prima alla quinta elementare, in modo da esprimere un giudizio sul processo di apprendimento maturato durante il percorso, con particolare riferimento alla materia, dall’italiano alla matematica. Il primo giudizio è “in via di acquisizione”, il secondo “base”, il terzo “intermedio” e l’ultimo “avanzato”.
Secondo alcuni, il ritorno ai voti, rappresenterebbe un passo indietro rispetto a quanto è stato fatto nelle scuole elementari, negli ultimi anni, a svantaggio dei bambini. Dubbi, infatti, sono stati espressi da docenti, associazioni di categorie e genitori e in particolare dall’associazione nazionale dei dirigenti scolastici e da diverse organizzazioni sindacali che, nei giorni scorsi, hanno sollecitato il “Ministero, la società civile, le organizzazioni sindacali e culturali, il mondo della ricerca e dell’Università, a contrastare ogni tentativo di chi rivendica un ritorno al voto”.
Questo passo indietro “non farebbe altro che confermare una scuola selettiva, arretrata culturalmente e professionalmente, oltre che tenere ancora una volta studenti, insegnanti, dirigenti, genitori, ostaggio di riforme incompiute”, anche secondo le associazioni Adi, Aimc, Andis, Cemea, Cgd, Cidi, Flc Cgil, Legambiente scuola e formazione, Mce, Proteo fare sapere e Uciim.
Per le associazioni è necessario “introdurre lungo tutto il percorso scolastico una valutazione formativa al fine di permettere alla Scuola di svolgere il suo compito costituzionale di rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3 Costituzione), attuando il diritto all’apprendimento di tutte e tutti”, sottolineano per poi ricordare che assieme hanno lanciato la campagna “Voti a Perdere”, la prima volta nel 2015 poi nel 2019, denunciando i “limiti di una valutazione focalizzata esclusivamente sulla sua funzione sommativa e sulla comparazione tra le prestazioni degli studenti, proponendo, in alternativa, una valutazione per l’apprendimento”.
Una valutazione con i voti – sostengono – “non dice quali sono gli apprendimenti realizzati, i punti di forza e di debolezza, le tappe del percorso, ma si limita a fotografare la situazione in un dato momento senza cogliere le fasi del processo di insegnamento-apprendimento per intervenire sulla sua regolazione”.
“L’eliminazione del voto numerico ha avviato un processo di cambiamento di prospettiva nella cultura e nelle pratiche valutative della scuola insistendo sull’esigenza di riscontri descrittivi dell’apprendimento in itinere, di differenti forme di comunicazione della valutazione e di maggiore coerenza tra progettazione didattica e valutazione”, aggiungono le associazioni. E sottolineano che sostenere che il voto sia “educativo” anche se negativo e che costituisce uno “stimolo salutare nell’ottica di quella mortificazione come preparazione alla vera vita con le sue difficoltà contrasta con le evidenze prodotte da tempo dalla ricerca educativa e dagli studi condotti nell’ambito della psicologia dell’apprendimento sul rapporto tra senso di autoefficacia personale e motivazione, impegno, partecipazione (soprattutto nei soggetti più fragili)”
“Il voto – dicono – come uno specchietto per le allodole, apparentemente chiaro e comprensibile, in realtà nasconde e rende indecifrabile la realtà dei processi di apprendimento del soggetto coinvolto”. Per questi motivi, le associazioni e le organizzazioni che si “riconoscono in una pedagogia democratica” ribadiscono la “necessità di una valutazione libera dalla preoccupazione del voto, capace di far riflettere i soggetti anche sui loro errori e insuccessi, attenta agli stili e ai ritmi personali di apprendimento, alla lettura dell’esperienza e chiara nella comunicazione a studenti e famiglie”.