• domenica , 22 Dicembre 2024

Risultati scolastici e responsabilità del DS

di  Antonio Santoro

         A pensarci bene, sono stati gli indicatori del Rapporto OCSE 2014 sull’istruzione – sinteticamente ripresi in questo numero della rivista – e, prima ancora, le evidenze delle ultime rilevazioni INVALSI sugli apprendimenti degli studenti (v. Scuola e Amministrazione, n. 9, Settembre 2014, pp. 21-23) a riportare la riflessione sul ruolo e sui compiti del dirigente scolastico, sulle sue responsabilità per quanto riguarda gli esiti dei percorsi di istruzione: responsabilità che la norma esplicitamente indica allorché riconduce i “risultati del servizio” anche agli impegni del DS di organizzazione dell’<attività scolastica secondo criteri di efficienza ed efficacia formative> e di promozione degli <interventi per assicurare la qualità dei processi formativi>.

          Come considerare concretamente le precisazioni appena richiamate del Decreto Legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 (art. 25, commi 2 e 3)? E in particolare: quali interventi specifici vengono richiesti al dirigente scolastico per promuovere ed assicurare l’efficacia e la qualità dell’azione formativa istituzionale? Infine: è possibile considerare, in termini non irrilevanti, i risultati di educazione e di istruzione conseguiti dagli alunni una variabile dipendente dalle responsabilità e competenze dirigenziali?

Nella varietà dei sistemi scolastici, è soprattutto quest’ultimo interrogativo a incontrare risposte diverse: risposte sostanzialmente definite sulla base della considerazione dei “poteri” attribuiti e riconosciuti al dirigente scolastico, e quindi, per dirla in altro modo, della caratterizzazione prevalente della figura del DS come leader educativo o, piuttosto, come manager dell’istituzione scolastica.

Dall’affermarsi progressivo, in ambito educativo, del “concetto di instructional leadership” è derivato ad esempio un approccio dirigenziale “deliberatamente orientato a incidere direttamente sui processi di insegnamento e apprendimento”, per l’accertato riconoscimento della dipendenza dell’efficacia della scuola da “alcune caratteristiche distintive della leadership”: dal “coinvolgimento diretto dei dirigenti scolastici nelle attività didattiche”; dalla “valutazione sistematica del lavoro in classe degli insegnanti, dei progressi e dei risultati scolastici degli studenti”; dalla “promozione di condizioni lavorative e di un clima scolastico nel quale è enfatizzato il principio che ogni bambino (ogni allievo) deve essere posto nelle condizioni di imparare” (1). Per questo, durante gli anni ’80, soprattutto negli Stati Uniti, si è via via  consolidata la preferenza per la figura di dirigente scolastico come “leader didattico” e si è operato nella direzione di implementare, conseguentemente, un modello dirigenziale caratterizzato dalle seguenti tre dimensioni professionali:

– “definire la missione e gli obiettivi della scuola (defining the school mission)”;

– “gestire il curricolo e i processi d’insegnamento-apprendimento (managing the instructional program)”;

– promuovere un clima scolastico positivo rispetto al miglioramento degli apprendimenti degli studenti (creating a positive school climate)(2).

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