di Fabio Scrimitore
Il quesito riguarda la procedura per la risoluzione del rapporto di lavoro di un docente dimissionario che si è rifiutato di riassumere servizio, nonostante la diffida del Dirigente scolastico.
Il 10 ottobre del 2014 un insegnante di matematica e fisica, incaricato a tempo indeterminato nella sezione di informatica di un istituto statale di istruzione secondaria superiore, ha fatto giungere sul tavolo del Direttore dei servizi generali ed amministrativi una domanda con la quale, con apparente leggerezza, ha dichiarato di rassegnare le dimissioni con effetto dal 1° giorno del successivo mese di novembre 2014.
Il Direttore dei servizi generali ed amministrativi dell’Istituto non ha impegnato molto tempo a redigere un formale atto di diffida, con il quale ha fatto conoscere all’insegnante che il ben noto art. 510 del Testo unico delle leggi sulla scuola, approvato con il Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, dispone che le dimissioni dall’impiego decorrono dal 1° settembre successivo alla data in cui sono state presentate. Quindi – ha precisato l’attento redattore nell’atto di diffida – le dimissioni, presentate il 10 ottobre 2014, avrebbero potuto avere effetto soltanto dopo 11 mesi, cioè dal 1° settembre del 2015.
Il docente, così, è stato invitato a riprendere immediatamente servizio entro 15 giorni dalla ricezione formale della diffida, pena la dichiarazione di decadenza, che sarebbe stata decretata dalla scuola, ai sensi dell’art. 511 dello stesso Testo unico del 1994, nel cui testo si leggono queste proposizioni: Al personale di cui al presente decreto si applicano, in materia di decadenza dall’impiego, le disposizioni di cui al Testo unico, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
La tendenza ad esser sempre più preciso e chiaro nella gestione delle relazioni con i dipendenti scolastici ha suggerito all’attento Direttore sga di riportare nello stesso atto di diffida quel che, in materia di decadenza, sta scritto nell’art. 127 del citato T.U. – D.P.R. n. 3 del 1957: Oltre che nel caso previsto dall’art. 63, l’impiegato incorre nella decadenza dall’impiego: c) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall’ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più’ breve.
Infine, per ulteriore scrupolo di chiarezza, il Direttore sga ha trascritto, nella citata diffida, il primo comma del D.M. n.1058, del 23 dicembre 2013, il cui primo articolo indica la data del 7 febbraio 2014 quale termine perentorio entro il quale avrebbero dovuto presentare le proprie dimissioni gli insegnanti che avessero voluto lasciare il servizio dal 1° settembre 2014.
Perciò – aveva precisato il preciso Direttore sga – le domande di dimissioni volontarie, che fossero state presentate dopo la predetta data del 7 febbraio 2014, avrebbero potuto avere effetto soltanto a partire dal 1° settembre del 2015.
La diffida, debitamente fatta propria dal Dirigente scolastico, non ha ottenuto altro effetto che una nuova istanza, con la quale il determinatissimo docente ha fatto conoscere che non intendeva affatto recedere dalla sua originaria decisione di lasciare il servizio scolastico dal successivo 1° novembre 2014.
La confermata decisione del docente, di non riprendere assolutamente il servizio, non poteva che obbligare il Dirigente scolastico a dichiararlo decaduto.
Ma il decreto di decadenza non ha avuto il placet della competente Ragioneria Territoriale dello Stato, il cui Direttore ha ritenuto giusto restituire alla scuola quel decreto, privo del richiesto visto di regolarità amministrativa, argomentando che l’istituto giuridico della decadenza, previsto dal sopra citato art. 511 del Testo unico delle leggi sulla scuola del 1994, sarebbe stato radicalmente cancellato dall’ordinamento scolastico.
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