Considerazioni a margine del saggio di Giancarlo Gasperoni e Debora Mantovani
A cura di Antonio Santoro
“Da alcuni lustri la situazione critica delle infrastrutture scolastiche è fra i tratti più salienti del dibattito sullo stato dell’istruzione italiana”
(G. Gasperoni – D. Mantovani)
Credo che meriti di essere considerato e ripreso, almeno nei suoi passaggi essenziali, il saggio di Giancarlo Gasperoni e Debora Mantovani pubblicato di recente su Scuola democratica (n. 3/2021) con il titolo Le criticità dell’infrastruttura scolastica in Italia secondo docenti e dirigenti. Sì, merita proprio una lettura attenta e riflessioni adeguate, soprattutto da parte di chi ha specifiche responsabilità decisionali, perché più “non sorprende la notevole varietà di effetti che la qualità delle infrastrutture scolastiche – al pari delle risorse umane (docenti, dirigenti scolastici, personale tecnico-amministrativo), dei contenuti (curricula, materiali didattici) e dei contesti familiari (risorse materiali e culturali) – può esercitare sugli esiti dei processi formativi, in termini di salute fisica e mentale, di sicurezza, di sostenibilità ambientale, di relazioni fra istituti scolastici e comunità, di equità sociale e – segnatamente – di livelli di apprendimento degli alunni” (1).
“La consapevolezza della varietà e dell’entità degli effetti esercitati dalle infrastrutture fisiche sull’efficacia didattica delle attività scolastiche – sottolineano i due autori del saggio – alimenta un ampio insieme di iniziative a livello internazionale […] per valorizzare l’efficienza, l’inclusività e l’efficacia formativa in seno alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla ristrutturazione di infrastrutture fisiche in ambito scolastico”. E in Italia ha portato ormai da tempo l’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) a sollecitare e quindi a promuovere, “in particolare mediante l’elaborazione del Manifesto 1 + 4 spazi educativi per la scuola del Terzo millennio, […] una progettazione condivisa, partecipata e innovativa degli ambienti scolastici. Oltre alla tradizionale classe (lo spazio di gruppo), si immagina che la scuola possa ospitare altri quattro ‘spazi’ diversificati: uno informale, dove gli alunni possono coltivare relazioni sociali (e, direbbe Etienne Wenger, far ‘germogliare’ comunità di pratiche nelle quali realizzare, anche, apprendimenti a ‘più alto impatto trasformativo sul piano personale’ – 2 – ndr); uno individuale, per l’approfondimento autonomo di argomenti di studio; uno di esplorazione, mediante laboratori e attrezzature tecnologiche; e un’agorà, per eventi che trascendano i confini scolastici” (3).
Si tratta di proposte di cambiamento che devono fare i conti, naturalmente, con le varie, rilevanti criticità del nostro patrimonio edilizio scolastico, già individuate nel 2017 dalla Camera dei Deputati: “la vetustà degli edifici e la connessa eterogeneità degli interventi richiesti, il lungo arco temporale fra lo stanziamento di risorse e l’effettiva realizzazione di interventi migliorativi, la lacunosa programmazione a livello regionale e locale, l’episodicità e le difficoltà di impiego dei finanziamenti, la frammentazione e l’incertezza riferite alle responsabilità dei diversi attori e l’inadeguatezza delle loro competenze tecniche, una scarsa conoscenza e applicazione delle norme sulla sicurezza, la mancata attuazione dell’Anagrafe Nazionale dell’Edilizia Scolastica, la presenza di sostanze nocive per la salute negli edifici e la vulnerabilità delle strutture alle calamità naturali (segnatamente agli eventi sismici)” (4).
Criticità pure evidenziate, nel 2019, dal Rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Giovanni Agnelli, nel quale si “sottolinea come la riqualificazione del patrimonio scolastico italiano, dinanzi a una modesta domanda di nuove costruzioni in virtù dell’apprezzabile diminuzione della popolazione scolastica italiana, potrà concentrarsi sugli edifici esistenti”, comunque con investimenti che, secondo le previsioni, dovranno andare “ben oltre i notevoli impegni di spesa presi in anni e mesi recenti” (5).
Buona parte di quelle criticità – confermano Gasperoni e Mantovani riferendosi ai risultati di una indagine TALIS (Teaching and Learning International Survey) del 2018, “promossa dall’OCSE”, “svolta in 48 paesi” e riguardante “principalmente l’istruzione secondaria inferiore” – indica inadeguatezze e determina difficoltà particolarmente avvertite dai “professionisti dell’istruzione” che svolgono il loro lavoro all’interno del sistema-scuola e che rilevano quindi, giorno dopo giorno, l’urgenza e la necessità di interventi migliorativi.
La domanda ‘Nella sua scuola, in che misura la possibilità di realizzare un’offerta formativa di qualità risente della carenza o della inadeguatezza di spazi per la didattica (ad esempio, classi)?’ e il quesito riguardante la ‘carenza o inadeguatezza delle infrastrutture (ad esempio, arredi, edifici, sistemi di climatizzazione e di illuminazione)’ ricevono risposte diverse dai dirigenti scolastici e dagli insegnanti interpellati, ma egualmente preoccupate per le attuali condizioni dei nostri ambienti didattici.
“Le infrastrutture si pongono […] nella 2^ posizione della classifica dei problemi denunciati dai dirigenti italiani – al 1^ posto vi è la ‘carenza di personale di supporto alla didattica (per esempio, personale educativo, assistenti tecnici e di laboratorio, collaboratori scolastici, ecc.)’ –. Gli spazi didattici si collocano (invece) soltanto in 7^ posizione, dietro alla scarsità di docenti con competenze specifiche per insegnare a studenti inseriti in un contesto multiculturale o plurilingue […], alla carenza di docenti di sostegno per gli studenti con bisogni speciali di apprendimento […], alla mancanza di tempi per l’organizzazione e la gestione del curricolo […] e all’insufficiente connettività di rete […]” (6).
Il miglioramento delle condizioni degli edifici e delle infrastrutture è avvertito anche dagli insegnanti italiani “come urgenza in misura più estesa rispetto ad ognuna delle altre esigenze – reclutamento docenti, salari docenti, formazione docenti, aiuti a studenti BES, personale amministrativo, aiuto a svantaggiati, tecnologie informazione, materiali didattici –, (quindi) persino più del reclutamento di nuovi docenti al fine di ridurre il numero di studenti per classe e dell’aumento della remunerazione dei docenti” (7).
“Il quadro generale (delle risposte) sembra (comunque) indicare un ampio sostegno, fra gli operatori scolastici, per azioni destinate a riqualificare edifici e spazi anche a scapito di altre esigenze”. E sono di certo indicazioni che possono risultare utili in sede di definitiva individuazione degli ambiti e delle modalità di utilizzo “delle risorse straordinarie […] messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, e dunque “per saggiare la capacità delle istituzioni di prendere atto del ruolo cruciale delle infrastrutture scolastiche e di adottare approcci innovativi atti a migliorare la sostenibilità ambientale degli spazi scolastici, l’efficacia didattica, la capacità di interagire con la comunità circostante e il benessere di coloro che vi lavorano e studiano” (8).
Note bibliografiche
1. G. Gasperoni e D. Mantovani, cit., p. 439;
2. E. Wenger, Comunità di pratica, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006, p. 13;
3. G. Gasperoni e D. Mantovani, cit., pp. 438-439;
4. ivi, p. 440;
5. ivi, p. 442;
6. cfr. ivi, pp. 447-452;
7. cfr. ivi, pp. 452-454;
8. cfr. ivi, pp. 459-461.