Per un insegnamento competente dell’italiano
di Rita Bortone
Negli scaffali e nelle teste
Non tutti li ho trovati, nei miei scaffali, i libri di Daniela Bertocchi: li avrò prestati e non avranno fatto ritorno, come molti altri. Speravo di trovare anche il primo, mi pare si chiamasse Lettura, solo suo, non di autori vari, edito da Milella, Bari o Lecce non ricordo, di che anno non ricordo. Ma non c’è più. E non solo quello.
Ho trovato questi due che ora ho davanti a me, Educazione linguistica e curricolo, di Bertocchi, Brasca, Elviri, Lugarini, Rizzardi, Ed. Bruno Mondadori 1984, e L’Italiano a scuola, di Bertocchi, Brasca, Lugarini, Ravizza, La Nuova Italia, 1988.
Li sfoglio e ovviamente emergono i ricordi, evocati dalle formule quasi imparate a memoria per il troppo leggerle, e dalle sottolineature, e dalle orecchie fatte alle pagine più importanti, e dai punti interrogativi o dalle parole chiave segnate al margine.
Emergono anche altri pensieri, però, amari, di rabbia, per la scuola di oggi che, sommersa da fiumi di parole e sorretta solo da ipertrofici manuali in cerca di grosse fette di mercato, vive convulsamente un presente privo di Storia, annaspa senza ancore in un mare di incertezze, e insegna cose che non sa insegnare e che talvolta neanche conosce. Gli insegnanti oggi corrono, corrono e progettano, corrono e organizzano, corrono e valutano: non hanno tempo per studiare, e nessuno glielo chiede, del resto! Leggono Indicazioni, gli insegnanti, e tutti si gioca a fingere che leggendo indicazioni innovative si possa poi innovare davvero, e a nessuno viene in mente che per interpretare bene qualsiasi indicazione occorrerebbe conoscere bene la propria disciplina, e la funzione formativa della disciplina, e la didattica della disciplina, altrimenti a nulla servono i corsi su profili e competenze, su progettazione e valutazione.
Negli anni ‘70 e ‘80 studiavamo Raffaele Simone, Luisa Altieri Biagi, Maria Corti, Tullio De Mauro, Daniela Bertocchi…
E l’insegnamento dell’Italiano e della grammatica, che in quegli anni cambiava veste e diventava educazione linguistica, con la nuova linguistica testuale offriva, a noi giovani insegnanti di lettere, un mondo nuovo del quale scoprire parole e significati, nel quale cercare i nuovi sensi e le nuove direzioni dell’insegnare. Un mondo nuovo da studiare.
E con Daniela Bertocchi cominciammo ad analizzare la competenza linguistica e le sue componenti: sui suoi libri maturammo le prime riflessioni sulle quattro abilità (ascolto, parlato, lettura, scrittura) e sperimentammo i primi approcci alle articolazioni della competenza linguistica stessa (competenza tecnica, semantica, pragmatica, testuale); attraverso i suoi libri cominciammo ad analizzare gli obiettivi dell’educazione linguistica, a parlare di prestazioni, a ragionare su attività didattiche operative centrate sull’ uso della lingua e non più solo sulla grammatica. E la grammatica diventò riflessione sulla lingua essa stessa. Con Daniela Bertocchi cominciammo a ragionare sul curricolo e scoprimmo il senso della progressività e della funzionalità degli apprendimenti.
Ricordo, un anno, le discussioni accese e le difficoltà di scelta nell’adozione dell’Antologia per la scuola media: i due libri su cui discutevamo, noi insegnanti democratici e appassionati della nuova linguistica, erano Leggere per, di Mario Ambel, della SEI, e Progetto Lettura, di Daniela Bertocchi, della Nuova Italia. Li valutavamo sulla base di criteri didattici e linguistici insieme, ne analizzavamo rigorosamente contenuti e impianti. Erano bellissimi tutti e due, e sfondarono tutti e due. Nelle scuole ci si riconosceva attraverso i riferimenti a quei libri, a quegli autori, a quegli indirizzi. Alla fine io avevo scelto Leggere per, perché era meno strutturato e mi piaceva (allora come ora) sentirmi didatticamente più libera, ma Progetto Lettura, che pure mi piaceva molto, fu l’Antologia più adottata, per tanti anni, e costituì una efficacissima guida didattica per un’intera generazione di insegnanti.
Oggi gli insegnanti di lettere si muovono senza riferimenti teorici, non hanno tempo per studiare, si affidano a manuali articolatissimi e pesantissimi, che li attraggono perché hanno le unità d’apprendimento bell’e fatte e le prove di verifica bell’e fatte e con le risposte corrette già fornite. Non litigano molto, oggi, per i criteri di adozione dei libri di testo: scelgono concordemente quelli che meglio degli altri li sostituiscono nell’adempiere alla funzione docente, quelli che offrono i più allettanti manualetti per l’addestramento alle prove Invalsi!
Nel tempo Daniela Bertocchi è diventata lei stessa consulente di Invalsi per le prove di italiano, ma il suo nome e i suoi studi e i suoi libri non esistono nella cultura degli attuali insegnanti di lettere: è più facile addestrare i ragazzi che studiare, noi stessi, quanto occorrerebbe per formarli. I libri della Bertocchi, e non solo i suoi, non so se li stampano ancora, ma non so neanche quanti avrebbero il tempo e la voglia di leggerli.
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