• domenica , 22 Dicembre 2024

Quando progettare è una gioia

di Rita Bortone

L’accompagnamento

delle Indicazioni per il curricolo promosso dall’USR della regione in cui lavoro prevedeva esperienze di ricerca-azione che impegnassero gli insegnanti prima in brevi attività di formazione e di lettura ragionata delle Indicazioni  e poi in attività di sperimentazione didattica in classe. Le scuole erano consorziate in reti e comprendevano insegnanti dei tre ordini (infanzia, primaria, secondaria di I grado).

Chiamata da più reti come docente e come tutor dell’attività sperimentale, ho dovuto fare i conti con la ristrettezza del tempo disponibile e con la necessità di rendere possibili le attività sperimentali, nonostante l’esiguità e la modesta chiarezza del patrimonio concettuale condiviso dalle diverse scuole.

Ho proposto ai dirigenti scolastici un modello d’intervento che prevedeva due incontri di lettura ragionata del testo, due incontri di lavoro di gruppo centrati su un compito di condivisione di modelli progettuali funzionali alla sperimentazione, un incontro intermedio di monitoraggio dei processi attivati, due incontri finali di valutazione e socializzazione dell’esperienza.

Avevo accettato gli incarichi con un po’ di diffidenza e non speravo che si potessero ottenere grandi risultati. Gli insegnanti iscritti ai corsi partivano da livelli di motivazione molto diversi: una parte aveva scelto spontaneamente di partecipare, una parte era lì per incarico affidato dal dirigente scolastico.

Nel corso degli incontri, fondati sulla comunicazione partecipata e sulla interazione, ho constatato un aumento graduale della motivazione, ma questa è salita alle stelle quando, individualmente o in piccoli gruppi, hanno cominciato a progettare secondo i modelli che avevo fornito loro e in funzione degli obiettivi che loro stessi avevano condiviso nei gruppi di lavoro.

L’Unità di apprendimento che dovevano progettare risultava loro abbastanza complicata: nuovo nel suo insieme il modello proposto, nuovi i vincoli e le decisioni da prendere e in funzione di una concettualità non ancora ben interiorizzata (competenze, prestazioni e compiti di realtà), nuovo il lessico, nuovo persino l’impianto grafico della griglia da utilizzare.

Come se ciò non bastasse, il modello dell’Unità era accompagnato da un altro modello che richiedeva un’analisi delle strategie didattiche che s’intendeva adottare, delle funzioni che a tali strategie venivano attribuite, dei compiti che si sarebbero assegnati agli allievi.

Il tutto doveva esser realizzato in tempi poco propizi, cioè nell’ultimo bimestre dell’anno scolastico, già carico di impegni e di adempimenti.

Avevo incautamente dato la mia disponibilità a seguire a distanza i loro lavori di progettazione (in presenza non era possibile per le magrissime risorse finanziarie stanziate allo scopo dall’USR) e gli insegnanti hanno fin troppo bene accolto e utilizzato questa mia disponibilità: sono stata inondata da ipotesi progettuali, da frammenti, da problemi, da domande, da richieste di correzioni, da prime stesure, da seconde stesure, da griglie di correzione e di valutazione, da indicatori e descrittori (concetti nuovi per molti di loro), da ipotesi di compiti e di prestazioni di realtà….

Nonostante mi risultasse faticoso correggere a stretto giro di posta i loro incalzanti lavori, ho risposto sempre e in tempi brevi a tutte le loro mail, perché mi rendevo conto che la mia risposta incideva sulla loro motivazione, e che stava avvenendo qualcosa di importante che non potevo smorzare. La mia ricompensa stava nel loro entusiasmo e nella loro capacità di interpretare quanto avevo appena costruito insieme a loro in pochissime lezioni.

Poi è arrivata la documentazione, anche questa sulla base dei vincoli da me posti: e sono venute fuori cose bellissime e curatissime! Alla fine dell’esperienza erano tutti stanchissimi ma avevano ancora voglia di continuare. Hanno dichiarato di aver appreso moltissime cose e di essere soddisfatti del raggiungimento dei loro obiettivi e delle possibilità, appena scoperte, di lavorare in modo diverso.

 

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