di Fabio Scrimitore
Il quesito investe il complesso delle relazioni educativo-didattiche che alcuni insegnanti di scuola secondaria di primo grado mantengono con un loro alunno.
E’ interesse del genitore che ha posto il quesito conoscere preliminarmente se sia legittimo che la valutazione del comportamento dell’alunno influenzi negativamente quella del profitto.
La risposta può prendere le mosse dalla riforma del sistema disciplinare degli alunni delle scuole non universitarie, che, da Ministro dell’istruzione, Luigi Berlinguer ha apportato nel 1998, rivoluzionando il modello educativo che era stato ideato nel 1925 da Giovanni Gentile con il Regio Decreto 4 maggio 1925, n. 653, i cui articoli 19 e 20 ammettevano implicitamente che il comportamento, tenuto dallo studente nella scuola, non potesse non avere effetti sul profitto e, quindi, sull’esito dello scrutinio finale.
All’alunno che fosse venuto meno ai doveri scolastici, oppure avesse offeso la disciplina, il decoro, la morale, addirittura anche con comportamenti tenuti all’esterno della scuola, venivano inflitte, secondo la gravità della mancanza, le seguenti punizioni disciplinari: a) ammonizione privata o in classe; b) allontanamento dalla lezione; c) sospensione dalle lezioni per un periodo non superiore a cinque giorni; d) sospensione fino a quindici giorni; e) esclusione dalla promozione senza esame o dalla prima sessione di esame; f) sospensione fino al termine delle lezioni; g) esclusione dallo scrutinio finale e da entrambe le sessioni di esame; h) espulsione dall’istituto; i) espulsione da tutti gli istituti del Regno.
Sarebbe stata sufficiente un’azione interpretabile come offesa alla morale, oltraggio all’istituto o al corpo insegnante perché lo studente fosse escluso dallo scrutinio finale e, perciò, bocciato.
Nel 1998 Luigi Berlinguer ha tentato di sovvertire quel metodo di valutazione, rimettendo all’autonomia delle singole scuole la materia della disciplina degli alunni e disponendo, fra l’altro, con formale solennità: Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto.
Le proposizioni appena riportate potranno essere lette nel secondo periodo del 3° comma dell’art. 4 del D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, che è ben conosciuto negli ambienti scolastici con il titolo innovativo di Statuto delle studentesse e degli studenti. Il periodo trascritto, peraltro, non ha subito nessuna modifica dalla riforma che al suddetto Statuto ha apportato il ministro Giuseppe Fioroni con il D.P.R. 21 novembre 2007, n. 235.
Ne consegue che il docente di matematica, a mo’ d’esempio, non potrà non assegnare il voto di 9 o 10 decimi allo studente che abbia risolto perfettamente alla lavagna le espressioni assegnategli, anche se si sia reso responsabile di una delle tante azioni disdicevoli che la pubblicistica scolastica identifica col termine cyberbullismo e che talvolta inducono a gesti estremi chi le subisce.
Ma anche nel nuovo modello di valutazione, il principio che obbliga l’insegnante a non far pesare il comportamento sul voto della singola disciplina non comporta, però, che lo stile di vita dell’alunno sia del tutto ininfluente ai fini dell’ammissione alla classe successiva o agli esami conclusivi del corso di studio.
Infatti, l’art. 2 del Decreto Legge n.137 del 1° settembre 2008, convertito nella Legge n.169 del 30 ottobre dello stesso anno, ha voluto richiamare agli insegnanti l’obbligo di valutare sia il profitto sia il comportamento dello studente, anche in relazione alla sua partecipazione alle attività educativo-didattiche realizzate dalla scuola al di fuori della propria sede.
Questa disposizione di legge è sembrata necessaria per integrare il vuoto normativo che il su ricordato D.P.R. del 1998 di Berlinguer aveva generato, disponendo, come si è ricordato, che nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento potesse influire sulla valutazione del profitto.
E’ il caso di tener presente, al riguardo, che la predetta disposizione era stata emanata per abolire il vecchio voto di condotta, risalente al su menzionato Regio Decreto del 1925. Conseguentemente, dal 1998, non è stato più assegnato il voto di condotta: i comportamenti scorretti degli studenti venivano puniti soltanto con le sanzioni disciplinari contemplate nel regolamento di ogni singola scuola, senza alcun altro effetto.
L’anomalia segnalata ha indotto il Parlamento, su suggerimento del Governo, a correre ai ripari ed è stato per questa ragione che è nato il citato art.2 della Legge n. 169 del 2008, nel quale è stato precisato che, a decorrere dall’anno scolastico 2008/09, la valutazione del comportamento è effettuata mediante l’attribuzione di un voto numerico, espresso in decimi.
La stessa legge, peraltro, non poteva non ristabilire l’opportuno collegamento fra la valutazione del profitto e quella del comportamento, dal momento che l’inscindibilità biologica e morale della persona del discente non ne consente la netta separazione. Infatti, il fine che la legge assegna alla scuola, diretto a realizzare appieno il diritto-dovere dell’istruzione, non è soltanto quello di far acquisire allo studente le conoscenze, le abilità e le competenze relative alle diverse discipline di studio, ma anche, se non soprattutto, quello di farlo diventare un buon cittadino.
PER CONTINUARE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO DEVI ESSERE ABBONATO! Clicca qui per sottoscrivere l’abbonamento