• giovedì , 21 Novembre 2024

Promuovere competenze

di Antonio Santoro

La caratterizzazione dell’azione didattica come attività promozionale di competenze ripropone l’istanza di una professionalità docente che consideri sempre la centralità e la singolarità dello studente nei processi di crescita culturale.

E’, da sempre, compito specifico della scuola quello di sollecitare e favorire l’acquisizione e il progressivo ampliamento di conoscenze disciplinari, nonché la conquista delle abilità cognitive ritenute indispensabili per la realizzazione di un processo di alfabetizzazione che si caratterizzi come ingresso critico-riflessivo, e perciò consapevole, nei territori e nei percorsi della cultura (1). Compito indubbiamente importante, anzi fondamentale, quello dell’istituzione scolastica, che nel tempo ha considerato e definito anche – direi soprattutto – l’impegno di sviluppo di capacità d’uso delle conoscenze acquisite e delle abilità conquistate.

Si tratta, sostanzialmente, dell’itinerario che via via ha caratterizzato e qualificato l’azione didattica come attività promozionale di competenze, le quali – precisa Michele Pellerey – “si presentano (nella forma finale) come un insieme integrato di conoscenze, abilità e atteggiamenti, insieme necessario a esplicare in maniera valida ed efficace un (determinato) compito” (2).

Non molto dissimile è la definizione di competenza a cui perviene, per sintesi di altre, Carlo Petracca, che la considera “ una capacità (intesa come <potenzialità innata>) portata a compimento attraverso l’uso e il padroneggiamento di conoscenze e abilità acquisite ed esibite in un contesto dato mediante la combinazione armonica di dimensioni cognitive, motivazionali e socio-affettive” (3).

Le competenze sono dunque espressione di comportamenti intelligenti che, attraverso l’utilizzo pertinente ed adeguato di saperi e abilità personali, mostrano “la capacità di risolvere problemi, o di creare prodotti, che sono apprezzati all’interno di uno o più contesti culturali” (4).

La letteratura di settore offre ormai sufficienti indicazioni per la progettazione e la realizzazione, nella scuola, di attività formative finalizzate allo sviluppo di competenze attese: indicazioni che sembra opportuno richiamare ora, ad inizio di anno scolastico, con la ripresa testuale di alcuni suggerimenti nodali, per orientare e supportare – insieme agli approfondimenti che nella realtà istituzionale si riterrà di porre in essere, perché ritenuti opportuni o necessari – gli impegni progettuali ed attuativi, individuali e collegiali, della professionalità docente.

Le riflessioni di Pellerey sull’<insegnare per sviluppare competenze> hanno più volte sottolineato che vi sono delle “condizioni previe da promuovere e verificare”. Innanzitutto la consistenza delle conoscenze: infatti, “occorre che le conoscenze apprese per poter costituire una componente critica delle competenze siano significative, stabili e fruibili. Gli elementi conoscitivi devono essere effettivamente compresi a un adeguato livello di profondità, tenuto conto dell’età e del percorso formativo seguito. Forme d’acquisizione solamente ripetitive, non sufficientemente dominate, rimangono rigide e non facilmente collegabili a situazioni diverse da quelle nelle quali sono state acquisite. Tali conoscenze devono entrare a far parte del patrimonio stabilmente disponibile nella memoria a lungo termine dello studente […]. Inoltre, tali conoscenze devono risultare pertinenti e sufficientemente elevate per inquadrare e affrontare il compito da svolgere o la situazione da affrontare.

Analoghe caratteristiche dovrebbero presentare le abilità apprese. In particolare, lo studente dovrebbe essere capace di decidere quando e come applicarle e saperne spiegare il perché […]; di fronte a una questione o un compito, occorre essere in grado di attivare quelle abilità che sono da questi richieste e farlo in maniera adeguata e consapevole. Tra le abilità rivestono particolare importanza quelle collegate alla capacità di controllare e gestire in proprio un processo di apprendimento, che vengono genericamente descritte come abilità cognitive e meta-cognitive […].

Un accenno va anche rivolto alle componenti critiche di natura affettiva e motivazionale. Purtroppo spesso si trascura questa dimensione delle competenze, ma basta osservare uno studente per cogliere come, all’origine di scarsi risultati in termini di apprendimento, siano presenti disposizioni interiori negative sul piano affettivo, motivazionale e volitivo. Un atteggiamento negativo verso un insegnamento o un insegnante, la fragilità della capacità di concentrazione, l’incapacità o debolezza nel superare le frustrazioni di fronte alle difficoltà e agli insuccessi, la scarsa tenuta e perseveranza nello svolgere un compito impegnativo pregiudicano sia l’acquisizione, sia la manifestazione di competenze” (5).

Per lo studioso, l’azione didattica deve, quindi, dapprima proporre e sostenere, partendo da situazioni problematiche significative, l’impegno di acquisizione sicura di conoscenze e abilità, per poi “sollecitare, favorire e guidare (in un contesto-scuola che va assumendo progressivamente e sempre più i tratti specifici di un laboratorio) l’integrazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti in attività di lavoro individuale o collettivo, rivolte all’assolvimento di un compito o alla realizzazione di un prodotto”.

Secondo Philippe Perrenoud, “il problema delle competenze e del rapporto conoscenze-competenze è (da tempo) al centro delle riforme dei curricoli, in particolare della scuola secondaria, in numerosi paesi” (6); e “Lo sviluppo più metodico delle competenze, a partire dalla scuola primaria e media, può rappresentare una via per uscire dalla crisi del sistema educativo” (7).

L’approccio per competenze – aggiunge il sociologo svizzero, autore di Dieci nuove competenze per insegnarerisponde alle esigenze della centralità del soggetto in apprendimento, della pedagogia della differenza e dei metodi attivi, (e) invita con convinzione gli insegnanti a:

* considerare i saperi come risorse da mobilitare;

* lavorare sistematicamente per problemi;

* inventare o ricorrere a strategie diverse d’insegnamento;

* negoziare e portare avanti dei progetti con gli allievi;

* mettere in atto ed esplicitare un nuovo contratto didattico;

* adottare una valutazione formativa (a proposito dell’attività di verifica nell’insegnare per competenze, forse non è del tutto superfluo ricordare la sottolineatura – ormai un luogo comune – che chiede non solo di rilevare ciò che l’alunno sa, ma soprattutto di osservare e valutare ciò che l’alunno stesso sa fare con ciò che sa – ndr);

* andare verso una minore divisione disciplinare”.

Inviti che, con la rilevante indicazione di ambiti di ricerca-azione e di piste di lavoro didattico, ancora ripropongono, evidentemente, l’istanza di una nuova professione docente, “la cui sfida è quella di fare apprendere piuttosto che quella di insegnare” (8).

Note bibliografiche

1. cfr. Cesare Scurati, La scuola come luogo istituzionale di conoscenza e di dialogo, Pedagogia e Vita, 69/1, 2011, p. 74;

2. M. Pellerey, Evoluzione e sviluppo degli approcci <per competenze> nella formazione professionale, in Anna Maria Ajello (a cura di), La competenza, il Mulino, Bologna 2002, p. 53;

3. C. Petracca, Progettare per competenze, Dirigenti Scuola, n. 7/2004, p. 47;

4. Howard Gardner, Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano 1987, p. 10;

5. M. Perrerey, Ripensare le competenze e la loro identità nel mondo della scuola e della formazione. Terza parte: l’approccio per competenze e la pratica educativa scolastica, Orientamenti Pedagogici, n. 4/2010, pp. 633-634;

6. Ph. Perrenoud, Costruire competenze a partire dalla scuola, Anicia, Roma 2003, p. 14;

7. ivi, pp. 18-19;

8. ivi, p. 73.

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