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Precari della scuola: Ue ipotizza “utilizzo abusivo di successione di contratti a tempo determinato”

L’ipotesi di irregolarità è stata avanzata dalla Commissione dopo l’interrogazione della parlamentare Rosa D’Amato

di Francesca Rizzo

La legge italiana discrimina i lavoratori precari del mondo della scuola?
Se lo chiede anche la Commissione europea, che ha deciso di aprire un’indagine per verificare se i criteri applicati nella gestione dei contratti del personale a tempo determinato siano conformi alla direttiva 1999/70/CE.

La disposizione adottata dal Consiglio europeo il 28 giugno 1999 recepisce le disposizioni contenute nell’accordo quadro tra CES (Confederazione Europea dei Sindacati), UNICE (Unione delle Confederazioni delle industrie della Comunità Europea) e CEEP (Centro Europeo dell’Impresa a partecipazione pubblica), stipulato per rispondere a due obiettivi:

a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;
b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

Il secondo obiettivo, in particolare, sembra stridere con la situazione dei lavoratori della scuola italiana, da anni soggetti al rinnovo periodico di un contratto a termine. Situazione determinata dal decreto ministeriale n. 235 del 1 aprile 2014, con il quale il MIUR disciplina l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento di docenti ed educatori per i tre anni scolastici compresi tra il 2014 e il 2017.

Rosa D’Amato

Il 28 febbraio scorso la parlamentare europea Rosa D’Amato (Movimento 5 Stelle, Europe of Freedom and Direct Democracy – EFDD) ha presentato alla Commissione europea un’interrogazione per far luce sui criteri discriminatori adottati proprio dal decreto ministeriale su citato: “Il decreto ministeriale 235/2014, nel disporre l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo per gli anni scolastici 2014/2015, 2015/2016 e 2016/2017 – fa notare D’Amato – non consente nuovi inserimenti in graduatoria, con particolare riguardo per chi è in possesso di un titolo di studio abilitante o di abilitazione conseguita a seguito di apposito corso-concorso”.

“La preclusa possibilità di iscrizione in graduatoria di nuovi aspiranti, in situazioni non dissimili da quelle che in precedenza consentivano detta ammissione – continua la parlamentare – risulta contrastante con la direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato, ispirata al fine di proteggere da discriminazioni i lavoratori interessati, in base a principi riconosciuti come norme di diritto sociale comunitario e tali da imporre ai giudici nazionali la disapplicazione delle norme contrastanti. I nuovi inserimenti in graduatoria, pertanto, avrebbero dovuto essere disposti «al fine di non perpetuare una situazione di precariato teoricamente senza limiti, in aperto contrasto con le finalità essenziali della direttiva europea», a meno di non consentire «assunzioni a termine in successione […] ritenute dal legislatore comunitario una potenziale forma di abuso a danno dei lavoratori» Ritiene la Commissione che il decreto ministeriale 235/2014 sia in contrasto con la direttiva 1999/70/CE, in particolare con il principio di non discriminazione (clausola 4)?”

La risposta di Marianne Thyssen, Commissaria europea per l’occupazione e gli affari sociali, è giunta pochi giorni fa.

Marianne Thyssen

“La clausola 4 [dell’accordo quadro] non sembra applicabile”, sostiene la Commissaria, perché essa “stabilisce che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”, e “non vi sono elementi per supporre che tale regolamento (il decreto ministeriale 235/2014, ndr) comporti una differenziazione tra le condizioni di lavoro del personale docente a tempo determinato e quelle del personale docente a tempo indeterminato”.

“Più in generale – precisa però Thyssen – la Commissione è al corrente della situazione dei lavoratori a tempo determinato nel settore dell’istruzione pubblica in Italia e sta attualmente valutando se la legge italiana protegga adeguatamente i lavoratori dall’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, in conformità della clausola 5 dell’accordo quadro”: clausola che impone agli Stati membri di introdurre misure che chiariscano “ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti o rapporti”, “la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi”, “il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti”, e che stabiliscano “a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato devono essere considerati «successivi» e devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato”.

Riferimenti normativi

Direttiva 1999/70/CE
Decreto Ministeriale 1 aprile 2014, n. 235

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