di Vincenzo Sardelli
BATTIATO|PIRANDELLO
L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA E ALTRE CANZONI
Concerto|spettacolo
con Paolo Scheriani
testo: Luigi Pirandello
canzoni: Franco Battiato
regia: Nicoletta Mandelli
video: Paolo Scheriani
dipinti: Franco Battiato
produzione: scheriANIMAndelli
Durata 60’
Info: direzione@teatroallecolonne.it
Età: ultimo anno di scuola secondaria superiore
Abstract
La fusione di linguaggi diversi sul palcoscenico dà vita a una riflessione sulla miseria morale dell’uomo, sulle maschere che possono nascondere momentaneamente l’inquietudine di fondo, ma mai cancellarla del tutto: Battiato|Pirandello – L’uomo dal fiore in bocca e altre canzoni è un dialogo tra due artisti che hanno in comune molto più delle origini siciliane.
La sicilianità è una metafora del mondo. È inquietudine e slancio conoscitivo. Oscilla tra le radici nella terra e l’apertura verso il mare. È appartenenza che isola, ma non separa. La sicilianità custodisce la tradizione di un pensiero che parte da Gorgia e arriva ad Andrea Camilleri. Attraversa un gigante della letteratura del Novecento come Luigi Pirandello, e trova una sintesi spirituale evocativa nella canzone d’autore di Franco Battiato.
La sicilianità è solo uno dei molti aspetti dello spettacolo Battiato|Pirandello – L’uomo dal fiore in bocca e altre canzoni, che Paolo Scheriani ha portato in scena al Pacta Salone di Milano, con la regia di Nicoletta Mandelli.
Questo concept di teatro/canzone unisce, in un ricco piatto di servizio, le parole di Pirandello, tratte appunto da L’uomo dal fiore in bocca, e alcune canzoni di Battiato, testi come Passacaglia, Segnali di vita, L’animale, Come un cammello in una grondaia, Le sacre sinfonie del tempo, La cura, L’ombra della luce. Immagini oniriche, proiettate sullo sfondo, introducono lo spettatore in una dimensione surreale.
Del resto, lo scopo dell’arte è volare «attorno alla verità, ma con una volontà ben precisa di non bruciarsi. Il suo talento consiste nel trovare nel vuoto oscuro un luogo in cui […] si possano potentemente intercettare i raggi luminosi» (Franz Kafka).
Ma «l’essenza dell’arte è riservatezza infinita» (Gottfried Benn). E questo spettacolo entra, in modo sottile, istintivo, delicato, nell’identità di un’isola senza confini: amara, robusta, ferma, cordiale, ospitale.
Un’armonia di contrari attraversa anche i dipinti di Franco Battiato che, proiettati sulle pareti laterali del teatro, corredano il lavoro di Scheriani e Mandelli di un’ulteriore cornice suggestiva: luci e ombre, farsesco e tragico, canto e disincanto, in una stravagante sinfonia di razionalità visionaria e poeticità disincantata, nel tripudio dei colori.
Memorie oscure affondano nella notte dei tempi, estraendo perle di luminosa grecità. Dal caos affiora l’armonia di mito e storia, memoria, letteratura e sapienza popolare. Parole, note, canto, luci, dipinti, immagini elaborate al computer esprimono le anime infinite dell’arte e di un’isola, come le tante dominazioni e i molteplici contributi (linguistici, antropologici, civili e culturali) che l’hanno attraversata.
L’uomo dal fiore in bocca, dramma di un atto unico rappresentato per la prima volta nel 1922 al Teatro Manzoni di Milano, è una riflessione disincantata, leggera e pensante, sulla morte che si avvicina. Il testo apre alle riflessioni sul dolore e sulla vita, sulla relatività dell’essere, sulle diverse percezioni che abbiamo di uno stesso fenomeno. Pirandello stigmatizzava le convenzioni sociali, il perbenismo borghese che tende a eludere il dolore, le finzioni che trasformano i nostri atti in una messinscena.
Scheriani, seduto al microfono, sbugiarda la morte dei simulacri deambulanti che siamo, su cui si coagula il suicidio buio, e celebra la morte che si apre all’assoluto.
Come se volesse esorcizzare una sorta d’inquietudine, l’attore e cantante si sposta lungo tre direttrici della sala, a cercare una sorta di quadratura, a centrare l’angolazione migliore
Tolta la maschera alla stupidità, tra musica e parole affiorano segreti inconfessabili. Ma quest’operazione non avviene a cuor leggero. Un riso amaro accompagna la riflessione sulla miseria morale dell’essere umano e il belletto con cui ciascuno vorrebbe camuffarla. È un impasto di dispetto e pietà.
Il dialogo pirandelliano diventa monologo. Ma questo monologo ritorna dialogo attraverso il confronto con i brani di Battiato, che fungono da controcanto non solo per il significato del testo, ma anche per la musicalità delle parole. Non si tratta di didascalizzare il testo, ma in qualche modo di amplificarlo in una visione sdoppiata, dove commedia e tragedia si avvicinano fino a confondersi.
Scheriani, un passato da cantante pop nei leziosi e patinati anni Ottanta, riesce ad attualizzare le canzoni di Battiato, preservandone l’umanità e gli abissi.
Sono tutti brani di grande forza emotiva e poetica, una riflessione melodiosa sulle sfere celesti e sulla condizione umana, con punte di misticismo.
PERCHÉ LO CONSIGLIAMO
«Potrebbe sembrare un azzardo – spiega la regista Nicoletta Mandelli –, ma ci sono similitudini linguistiche tra i due artisti, accomunati non solo dal fatto di essere entrambi nati in terra di Sicilia, ma anche da una visione di un altrove e da una forte tendenza alla spiritualità – vissuta in modo quasi esoterico dal drammaturgo e di spasmodica ricerca nel cantautore – che li rende molto più vicini di quanto ci si immagini».
Le parole dell’opera di Pirandello prendono vita in un’ambientazione inedita, sollecitando la fantasia con immagini e suoni. In questa sorta di video/installazione, i ragazzi accostano due autori diversi dentro una sfera anche religiosa, che aiuta a meglio definire il concetto di sacro
I soggetti e le evocazioni di Battiato, così come i personaggi di Pirandello, sono intrisi di religiosità perché assillati dal dubbio. E il dubbio, come in Agostino, è sempre anelito di una dimensione superiore. Pirandello e Battiato cercano Dio perché non smettono di indagare l’uomo. La solitudine dell’uomo pirandelliano è solitudine dell’uomo lontano dall’assoluto. La solitudine di Battiato è oceano di silenzio che veicola l’itinerario della mente e dell’anima verso le profondità soprannaturali.
Battiato|Pirandello – L’uomo dal fiore in bocca e altre canzoni è soprattutto un’occasione per confrontarsi con un autore della musica italiana che, per poliedricità e compresenza di generi, spiritualità, profondità, sincretismo e tematiche, ha molto da trasmettere alla nostra epoca e alle nuove generazioni.
Gianfranco Biancofiore
Penso che sia la cifra caratteristica di Battiato, come di Sgalambro,come di tanti altri artisti del Novecento, questa ricerca alternativa all’Occidente oramai irrimediabilmente in crisi da tanti punti di vista(soprattutto,ma non solo, valoriali)verso altre religioni soprattutto orientali e trovo che la sua idea di combinare il ritmo e le modalità di canto o di danza di altre etnie,soprattutto orientali, con il pop e il rock occidentali sia un’idea oramai originalissima, che appunto denota la nostra condizione non solo postavanguardista ma anche postmodernista. La sua è un’eredità importante che bisogna conoscere meglio, in ispecie riguardo il periodo stilistico avanguardistico sperimentale,non solo delle canzoni di genere più abilmente comunicativo e commerciale.Sono il musicista e filosofo Gianfranco Biancofiore di Roma,grazie per l’opportunità.