di Fabio Scrimitore
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Il ricorso alla dimostrazione per assurdo della fallacia d’una ipotesi interpretativa
Nell’Istituto Comprensivo di scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado d’uno dei più operosi comuni bagnati dall’Adda – che sarà indicato con il nome di fantasia Giuliano – il Dirigente scolastico ed il Direttore dei servizi generali ed amministrativi hanno dovuto constatare, forse per la prima volta, che fra di loro era nata una vera e non dissimulata dissonanza nell’interpretazione di una norma giuridica.
Il pomo della pur elegante discordia non era rappresentato dalla mela di Paride, lasciata sul desco degli dei dell’Olimpo, ma dalle prosastiche proposizioni contenute nella nota 1), che è riportata in calce alla Tabella di valutazione dei titoli, allegata al Decreto Ministeriale n. 640, emanato il 30 agosto 2017; è, questo, come è molto probabilmente noto a tutto l’orbe scolastico, il decreto che ha disciplinato le diverse fasi della procedura per la formulazione delle nuove graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del personale ATA, valide per il triennio che comprende gli anni scolastici 2017/18, 2018/19 e 2019/20.
La citata nota 1) si riferisce alla valutazione del servizio che gli aspiranti all’inclusione nelle graduatorie di istituto di assistente amministrativo avranno potuto prestare alle dipendenze di Amministrazioni statali, oppure di Enti locali; per ogni anno di tal genere di servizio, la nota prevede che si assegnino punti 0,60; per ogni mese di servizio o frazioni superiori a 15 giorni, punti 0,5.
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