di Pasquale Annese
Forse sarà capitato anche a voi, come al sottoscritto, di imbattervi nel recente pronunciamento del Tribunale di Potenza (Sentenza n.544/2013) inerente alla discrezionalità in capo al dirigente scolastico della concessione dei 3 giorni di permesso per motivi personali e familiari, documentati anche mediante autocertificazione, cui possono aggiungersi anche i sei giorni di ferie per gli stessi motivi, di cui al combinato disposto di dell’art.15, comma 2, e dell’art.13, comma 9, del CCNL 2006/2009. Pronunciamento che implica un’interpretazione estensiva dei motivi personali e familiari, fino a ricomprendere anche quelli <di svago>. In questo richiamandosi ad una sentenza della Corte dei Conti emessa nell’84, nella quale si affermava che i motivi personali o familiari – si cita testualmente – possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola. Pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’ente di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro (Corte dei Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415).
Nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale che ha visto negli ultimi anni l’amministrazione spesso soccombente a seguito di ricorsi promossi davanti al Giudice del Lavoro (citasi a tal riguardo la Sentenza n.288 del 12 maggio 2011 del Tribunale di Monza, la Sentenza dell’aprile 2012 del Tribunale di Lagonegro e la Sentenza n.271 del 2013 del Tribunale di Sciacca).
Nel caso specifico la dipendente, ai sensi dell’art. 15 del CCNL 2006/2009, aveva presentato al dirigente scolastico nell’aprile del 2011 una domanda di fruizione di un permesso retribuito di due giorni per un viaggio all’estero, e se lo era visto negare perché la stessa – si cita testualmente il dispositivo della sentenza – si era già assentata nel 2010 per tre sabati, (uno a titolo di sospensione disciplinare disposta dallo stesso dirigente), perché la classe 5B doveva sostenere gli esami di stato, e perché la docente avrebbe potuto programmare il viaggio all’estero nelle imminenti festività pasquali.
La parte più interessante della sentenza non è tanto la prima, nella quale viene ribadito il <diritto> della dipendente alla fruizione dei permessi, subordinato comunque alla richiesta preventiva da avanzare ed alla consegna di documentazione/autocertificazione a supporto della motivazione, quanto la seconda, nella quale – si cita testualmente – nei motivi personali ben può rientrare un viaggio all’estero, indipendentemente dal fatto che ci si rechi per motivi di studio o semplicemente per svago. Dalla lettura combinata del comma 2 dell’art 15 con il comma 9 dell’art. 13 – prosegue il dispositivo – …….si evince che il diritto ai tre giorni di permesso retribuito non è soggetto ad alcun potere discrezionale di diniego da parte del dirigente scolastico.
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