(parte seconda)
di Francesco G. Nuzzaci
1 – Come preannunciato a chiusura del nostro articolo pubblicato nello scorso numero della rivista (Per una dirigenza vera – Parte prima), siamo ora in grado di operare una verifica – sia pure interlocutoria e, potrebbe dirsi, per fortuna! – sul trattamento che ci si appresterebbe a riservare alla dirigenza scolastica nel quadro della, presunta, radicale riscrittura dell’intera dirigenza pubblica e nell’alveo della generale riforma di tutta la pubblica amministrazione.
Si ricorderà che eravamo partiti dalla Linee guida a firma congiunta del presidente del Consiglio dei ministri e del ministro della Pubblica Amministrazione, il cui fulcro era la netta distinzione – e l’afferente separata regolazione – tra la c.d. dirigenza manageriale e i professional, essendo l’una preposta alla conduzione di strutture organizzative, certamente graduate e graduabili per complessità, ma con compiti – strutturalmente unitari e/o trasversali – di gestione di risorse umane e finanziarie, gli altri all’esercizio di funzioni squisitamente tecniche: avvocati, ingegneri, ricercatori, medici, magari di altissimo profilo professionale e attributari di correlate responsabilità. Ma che, come è stato da qualcuno perspicuamente sottolineato, non sono identificabili con il profilo precisamente manageriale di un dirigente. E che pertanto con il regime della dirigenza non vanno confusi.
Per la dirigenza manageriale – o meglio, e correttamente, dirigenza tout court – erano previsti, strettamente connessi, il ripristino del ruolo unico, l’abolizione della distinzione tra prima e seconda fascia, l’intercambiabilità e rotazione degli incarichi in ragione delle competenze culturali e professionali di ogni dirigente e in esito a una rigorosa valutazione degli obiettivi assegnati e delle capacità organizzativo-gestionali dimostrate, affinché ogni dirigente pubblico fosse remunerato per i carichi quali-quantitativi di lavoro e correlate responsabilità, ovvero per quello che fa e non per dove lo fa!(ministra Marianna Madia).
2 – A distanza di dodici giorni dalla fantasmatica deliberazione in Consiglio dei ministri degli atti normativi di traduzione delle menzionate Linee guida, sono apparsi in gazzetta ufficiale – dopo le ripuliture e gli aggiustamenti dei tecnici del Quirinale – due decreti legge, n. 90 e n. 91, contenenti disposizioni di straordinaria necessità e urgenza, il primo dei quali – che proveremo subito a sintetizzare per ciò che strettamente inerisce alla tematica che qui ne occupa – è riferito alla semplificazione amministrativa e alla trasparenza, mentre il secondo attiene a un complesso di misure eterogenee per favorire la competitività e la crescita, tra cui ci limitiamo a segnalare solo gl’interventi di edilizia scolastica.
Nell’ordine, è eliminata la possibilità, in tutte le amministrazioni pubbliche e con lo slittamento dei termini per magistrati e militari, di rimanere in servizio per altri due anni oltre i limiti di età per il pensionamento, cessando comunque ex lege al 31 ottobre 2014 (per la scuola , si presume, al 31 agosto 2014) le eventuali autorizzazioni in corso e/o quelle già disposte antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2014); si rendono ultrattive precedenti disposizioni di legge e si allarga la platea di coloro che l’Amministrazione può (è una facoltà, non un obbligo) collocare in quiescenza se abbiano a suo tempo raggiunto i quarant’anni di contribuzione (se rientranti nella c.d. Quota 96, pre-Fornero), ovvero quarantuno anni e cinque mesi (donne) o quarantadue anni e cinque mesi (uomini) se i requisiti per il pensionamento anticipato siano stati maturati dal primo gennaio 2012; si semplificano gl’istituti della mobilità, sia volontaria che obbligatoria, e le assegnazioni di nuove mansioni; non è più possibile utilizzare i pensionati per incarichi di consulenza o di studio; sono decurtati, a partire dal primo settembre 2014, i distacchi, le aspettative e i permessi sindacali; si eliminano le sezioni staccate dei TAR (senza soverchie preoccupazioni di verificare gli effettivi risparmi di spesa e, non meno, l’effettività della tutela dei cittadini a fronte dell’esercizio del potere, unilaterale ed autoritativo, della P.A.); si procede ad accorpamenti di uffici ministeriali e si mettono in comune strutture di servizio.