di Francesco Spagnolo
Lo scrittore greco Luciano di Samosata (II d.C.), nell’introduzione alla sua Storia Vera – parodia delle narrazioni d’avventura -, gioca a demitizzare l’aura di infallibilità che la tradizione aveva riconosciuto a poeti e narratori. Dopo aver rivendicato, sulla scorta del paradosso socratico, che la vera onestà intellettuale consiste nella
“non-conoscenza”, Luciano afferma con risoluta schiettezza che nella sua opera una sola cosa è vera: il fatto che non ci sia nulla di vero. Il titolo Storia Vera, con cui identifichiamo il capolavoro lucianeo, è, dunque, un’ “antifrasi”. Questa figura retorica consiste in un uso ironico del linguaggio, con senso opposto a quello proprio. L’espediente utilizzato da Luciano si riferisce sia alla forma, al genere (Storia), perché sovverte il principio di oggettività
della ricerca storiografica, sia al contenuto, perché la fantasia si srotola in vicende grottesche e surreali (Vera).
In Una scuola come tutte le altre, di Gianmarco Perboni (Rizzoli romanzo, 2012), la figura dell’antifrasi è complessa ed articolata in più livelli. A cominciare dal nome dello scrittore, un criptonimo.
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