Via le prove Invalsi, che diventano però l’esame di ammissione all’esame di Stato. Semplificazione e trasparenza le parole chiave. Ecco come cambierà l’esame di Stato
Di Rita Bortone
Per la verità lo aveva già vestito di nuovo il Decreto leg.vo n. 62 del 13 aprile 2017, che ri-sancisce principi e modi della valutazione e della certificazione delle competenze nella scuola del primo ciclo, ma oggi il Decreto ministeriale n. 741 del 3/10 2017 è dedicato interamente all’esame di stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. La Circolare n. 1865 del 10/10 2017 fornisce già alle scuole Indicazioni in merito a valutazione, certificazione delle competenze ed Esame di Stato nelle scuole del primo ciclo di istruzione.
Come cambiano, in sostanza, gli Esami di Stato conclusivi del primo ciclo?
Le prove Invalsi non faranno più parte delle prove d’esame. L’aver partecipato alle prove, che saranno somministrate entro il mese di aprile e che accerteranno i livelli di apprendimento conseguiti in italiano, matematica e inglese, costituirà comunque condizione necessaria per l’ammissione agli esami di licenza.
Ci piace questa modifica? Ci piace, non solo perché inserite nel percorso dell’esame le prove Invalsi costituivano un carico eccessivo d’ansia e di lavoro per studenti e docenti, ma soprattutto perché Invalsi non nasce per valutare i ragazzi, nasce per valutare il sistema, e pertanto l’incidenza delle prove sul voto individuale ci è sembrata sempre inaccettabile.
Ci piace anche che la partecipazione alle prove sia condizione d’ammissione agli esami di licenza, perché questo scoraggia i tentativi di fuga che alunni, genitori e docenti hanno spesso praticato per ostilità dichiarate e improprie nei confronti di Invalsi. (Art. 2: Ammissione all’esame dei candidati interni)
Il Consiglio di Classe può deliberare, a maggioranza e con adeguata motivazione, la non ammissione dello studente all’esame di licenza, “nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline”, ma il Consiglio di Classe, sulla base del percorso scolastico triennale e in conformità con i criteri del Collegio, può ammettere lo studente all’esame anche con un voto decimale inferiore a sei decimi, che concorrerà alla determinazione del voto finale d’esame.
Questi elementi (affermazione – non nuova – della motivata possibilità di non ammettere agli esami, e possibilità – nuova – di ammissione agli esami con situazione globale di insufficienza) ci sembrano un grosso passo avanti verso la trasparenza delle decisioni del Consiglio, poiché da un lato tranquillizzano gli insegnanti che negli ultimi anni si sono sentiti cattivi e antidemocratici se proponevano la non ammissione dello studente sulla base di apprendimenti non conseguiti o di altre valide motivazioni, dall’altro consentono ai consigli di classe, spesso in difficoltà di scelta di fronte a percorsi deboli ma non negativi, di ammettere agli esami lo studente che non abbia una sufficienza globale senza dover falsare il voto di ammissione, come è accaduto in passato (Art. 2: Ammissione all’esame dei candidati interni).
Il Presidente della Commissione d’esame è lo stesso Dirigente dell’Istituto.
Mi risulta difficile valutare la opportunità di questa innovazione (comma 3 art.4): da un lato consente una gestione dell’esame più coerente con le dinamiche d’Istituto, meno preoccupata delle procedure formali e degli sguardi notarili dell’estraneo e quindi potenzialmente più attenta alla organizzazione di pratiche valutative funzionali ed efficaci; dall’altro proprio la mancanza di uno sguardo estraneo può indurre, se il dirigente dell’Istituto non attiva meccanismi di rigore e impegno diffusi, una gestione farsesca dell’esame.
L’esame è costituito da tre prove scritte (invece di cinque) e da un colloquio: rispetto al passato, mancano la prova Invalsi e la prova per la seconda lingua comunitaria (accorpata in un’unica, seppur articolata, prova di lingua straniera).
Nella riunione preliminare la Commissione “predispone le prove d’esame, coerenti con i traguardi di sviluppo delle competenze previsti dalle Indicazioni nazionali (…) e definisce i criteri comuni per la correzione e la valutazione delle prove stesse”. (comma 5 dell’art. 5)
Mi viene in mente una domanda sui curricoli d’Istituto: il comma 5 richiede la coerenza delle prove con i traguardi nazionali delle competenze. Giustissimo: siamo di fronte ad un Esame di stato ed è evidente la necessità di prove che abbiano riferimenti comuni sul territorio nazionale. E tuttavia i curricoli d’Istituto sono stati elaborati ed hanno segnato i percorsi formativi degli studenti: l’auspicio è dunque che i curricoli siano stati essi stessi coerenti con i traguardi di sviluppo (un Presidente esterno forse avrebbe potuto segnalare eventuali distonie, ma un Presidente/Dirigente che non abbia saputo guidare e controllare i curricoli in coerenza con le Indicazioni nazionali, e che non abbia guidato il Collegio verso pratiche valutative comuni e comuni criteri e modalità di correzione e valutazione, potrà controllare la attendibilità e la correttezza delle operazioni d’esame del proprio Istituto?) Ecco: forse il presidente /Dirigente toglie un’occasione di confronto, accentua l’autoreferenzialità dell’Istituto)
La prova scritta di italiano, sempre in coerenza con le Indicazioni nazionali, diventa più articolata. Le tre terne dovranno riferirsi a tre tipologie: testo narrativo o descrittivo, testo argomentativo, comprensione e sintesi di un testo letterario, divulgativo o scientifico (sarà stato contento il prof. Serianni?).
I commi dell’art. 7 meriterebbero un commento più approfondito, sia per la loro formulazione e per le indicazioni in esse contenute, sia per le indicazioni che accompagnano ciascuna delle tipologie testuali richieste, ma qui non ne abbiamo il tempo. Dobbiamo però soffermarci un attimo sul comma 3, che recita: “la prova può essere strutturata in più parti riferibili alle diverse tipologie”: ciò determina la necessità che gli insegnanti di italiano individuino un numero consistente di “tracce”, ciascuna delle quali dovrà essere corredata da indicatori e descrittori specifici, da specifici criteri di correzione, da specifici criteri di valutazione. Le tre parti della prova dovranno inoltre avere un definito peso per consentire una valutazione unitaria della prova.
Insomma un bel lavoro. Una scommessa di qualità, se l’Istituto è pronto. Un rischio di pasticci, se l’Istituto non è pronto.
Anche la prova scritta di matematica conterrà due diverse tipologie di richiesta: problemi (articolati su una o più richieste) e quesiti a risposta aperta. La Commissione d’esame può però predisporre che nella prova ci siano anche riferimenti ai metodi di analisi, organizzazione e rappresentazione dei dati, caratteristici del pensiero computazionale.
La prova di lingua straniera è una sola, e comprende una sezione per l’inglese ed una per la seconda lingua comunitaria. Anche qui, in coerenza con le Indicazioni nazionali per il curricolo, le prove faranno riferimento a definite tipologie di richiesta: questionario a risposte aperte o chiuse, completamento, elaborazione di dialoghi, lettera o email, sintesi di un testo
Il colloquio è finalizzato (come tutto l’esame, in verità) a valutare il livello di acquisizione delle conoscenze, delle abilità e competenze descritte nel profilo finale dello studente. Viene condotto collegialmente dalla sottocommissione e pone particolare attenzione alle capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, di collegamento organico e significativo tra le varie discipline di studio. Il colloquio tiene anche conto delle competenze connesse all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione.
L’abbiamo sempre fatto, diranno molti insegnanti. Ma hanno ragione? Beh la famigerata tesina da presentare all’esame di licenza media non è forse argomentazione? Non è pensiero critico? Non è collegamento fra le diverse discipline? Non è valutata collegialmente?
Occorrerebbe un intero articolo sulle tesine che gli studenti preparano per gli esami di licenza…
La sottocommissione attribuisce a ciascuna prova scritta ed al colloquio un voto in decimi (senza frazioni decimali). La prova di lingua straniera sarà valutata con un voto unico nonostante verifichi due lingue diverse. Dei voti delle singole prove scritte e del colloquio verrà calcolata la media aritmetica, che potrà anche contenere una cifra decimale. Il voto finale deriverà dalla media tra tale cifra e il voto di ammissione, con arrotondamento all’unità superiore se il decimale supera lo 0,5.
In questo modo il percorso dello studente avrà un peso forte e ridurrà il rischio di eventuali sorprese (belle e brutte) durante l’esame.
In realtà tante cose sancite dal nuovo decreto non sono davvero nuove, ma qualche cambiamento c’è e mi sembra migliorativo, perché va in direzione di una maggiore semplificazione, di una maggiore trasparenza, di una maggiore coerenza con le Indicazioni nazionali (ma delle competenze chiave di cittadinanza, agli esami, non ce ne facciamo niente?).
Mi sembra però anche che, come al solito, ci saranno gli Istituti che sull’esame di licenza produrranno nuova ricerca e nuova sperimentazione, e che approfitteranno del Presidente/Dirigente per chiedersi come valutare realmente conoscenze e abilità e come valutare realmente competenze; come praticare realmente criteri omogenei di correzione e di valutazione; quali nuovi strumenti e modalità sia possibile adottare per un colloquio che vada oltre l’esposizione di una pappa pronta sedicente interdisciplinare (la cosiddetta tesina); si chiederanno come ridare credibilità e senso pedagogico ad un esame che da molti anni li va perdendo; si chiederanno tante cose, insomma.
Ma ci saranno anche gli Istituti che non si chiederanno proprio niente, e che ringrazieranno iddio che non viene nemmeno il Presidente esterno.