• domenica , 22 Dicembre 2024

Le sanzioni disciplinari

che il DS può irrogare

di Francesco G. Nuzzaci

Ci eravamo appena soffermati sulle anticipazioni fornite dalla stampa in ordine agli orientamenti del Governo che, in sede di attuazione della Legge delega 124/15, di riforma della pubblica amministrazione, vorrebbe trasferire agli uffici per i procedimenti disciplinari l’irrogazione delle sanzioni superiori al rimprovero scritto, il solo che resterebbe nella competenza del dirigente.
In questo stesso numero della rivista, nella sezione Giurisprudenza, vogliamo ora dare notizia della sentenza del giudice del lavoro di Lodi n. 252 del 3 novembre 2015, secondo cui già con la normativa attuale, contenuta nel D. Lgs. 150/09, c.d. Riforma Brunetta, un dirigente scolastico può ben infliggere al personale ATA sanzioni disciplinari sino alla sospensione dal servizio e dallo stipendio per non più di dieci giorni, ma non può andare oltre la censura per il personale docente.
Da qui l’annullamento della sospensione dal servizio per un giorno inflitta a un docente per difetto di competenza e, dunque, con effetto assorbente in ordine all’esame della sussistenza degli addebiti sanzionati.
Ancorché nella predetta stringatissima sentenza, resa con motivazione contestuale, non figuri nessun richiamo dei precedenti, è stato fatto proprio – di tutta evidenza – quel filone giurisprudenziale originatosi dall’ordinanza collegiale del Tribunale di Ferrara del 30.10.11, seguita dalle sentenze dei tribunali di Lagonegro (n. 19 del 16.01.13), di Torino (n. 1434 del 03.06.13), di Potenza (n. 590 del 04.10.13) e , da ultimo, dalla sentenza della Corte d’appello del capoluogo piemontese n. 1079 del 07.11.13, che ha capovolto la difforme pronuncia in primo grado, n. 2818 del 10.09.12, del Tribunale della stessa città.
Le ragioni della decisione si possono condensare in tre passaggi:
1-Attese la tipicità e la tassatività delle fattispecie disciplinari, per i docenti non può, puramente e semplicemente, darsi luogo alla sospensione dal servizio fino a dieci giorni, perché prevista solo per il personale ATA ai sensi dell’art. 93 CCNL Scuola.




Sempre per i docenti, invece, il precedente articolo 91 dispone che continuano ad applicarsi le norme di cui al Titolo I, Capo IV della parte III del D. Lgs. 297/94, che prevedono – dopo l’avvertimento scritto e la censura – la diversa sanzione interdittiva minima della sospensione dall’insegnamento fino a un mese, che non è ex litteris nella disponibilità del dirigente scolastico;
2-Il dirigente scolastico deve quindi, ai fini della definizione della propria competenza, limitarsi ad inquadrare la fattispecie in relazione alla sanzione edittale irrogabile sulla base della disciplina contenuta esattamente nell’ art. 492, comma 2, lettera b), e nel successivo art. 503, comma 1, del menzionato decreto legislativo. E se ritiene che debba essere superiore alla censura, dovrà rimettere gli atti all’ Ufficio per i procedimenti disciplinari;
3-Non può dunque egli estendere ex ante la valutazione oltre la fase di individuazione dell’organo disciplinare competente alla fase di applicazione in concreto della sanzione all’esito del procedimento disciplinare, che compete all’Amministrazione.
Orbene, alla luce di quanto testé sunteggiato, taluno potrebbe domandarsi come devono comportarsi d’ora in avanti i dirigenti scolastici.
Indubbiamente è utile rammentare che le decisioni giudiziarie si devono rispettare, cominciando col richiamare il principio in base al quale ogni sentenza fa stato solo tra le parti e non è, per automatismo, estensibile erga omnes, a meno che – ma siamo nell’ambito del diritto amministrativo – non siano stati annullati regolamenti a contenuto generale.
Le predette decisioni non valgono perciò per i dirigenti scolastici che non siano stati parte in causa, e dovendosi pure considerare che le sentenze, con quest’ultima, sono cinque, di cui però quattro emesse da giudici di prime cure.
Quindi – contrariamente a quanto sbandierato nei trionfalistici comunicati di qualche sigla sindacale minoritaria del comparto scuola – non può configurarsi una sorta di generale vincolo implicito ad uniformarvisi, per essersi consolidato in materia un incontestato indirizzo giurisprudenziale. E ne è riprova proprio la decisione del Tribunale lodigiano di compensare integralmente fra le parti le spese di lite per la novità delle questioni trattate in ordine alla competenza del dirigente scolastico ad infliggere le sanzioni disciplinari punite con la sospensione.
Se dunque le decisioni giudiziarie si devono rispettare, nei limiti dianzi puntualizzati, non è men vero che le stesse restano pur sempre testi laici, che possono essere sottoposti a un vaglio critico, specialmente quando – come in questo caso a noi pare – destano non poche perplessità.
Si ricorderà che nella sentenza in commento e precedenti, per escludere il potere del dirigente scolastico di irrogare ai docenti la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio sino a dieci giorni, nella sostanza si attribuisce la natura di norma speciale alle disposizioni elencate ai commi 2 e 3, art. 492 del D. Lgs. 297/94, richiamati dall’art. 91 CCNL Scuola (dalla censura alla destituzione, comunemente riferite al personale direttivo e docente, per il quale ultimo la sanzione disciplinare di primo grado è l’avvertimento scritto). Sarebbero pertanto disposizioni da ritenersi prevalenti sulla generale e successiva disciplina introdotta dall’art. 55-bis e sgg. del D. Lgs. 150/09 e di stretto diritto, da seguire quindi rigorosamente alla lettera per i supposti intrinseci caratteri della tipicità e tassatività, siccome estensibili a tutte le norme sanzionatorie, per esigenze di garanzia dei soggetti passivi.
Tale vincolo dovrebbe per conseguenza permanere fino alla loro possibile espressa modifica, che nella risalente previsione legale codificata nel primo comma dell’art. 492 è collegata alla revisione degli organi collegiali della scuola; mentre ora, con l’entrata in vigore del D. Lgs. 150/09, art. 73, comma 3, provvederà il prossimo – dato per imminente – contratto collettivo nazionale di lavoro. Di modo che l’intero sistema delle sanzioni disciplinari, come per tutto il pubblico impiego contrattualizzato, sarà regolato alla stregua della generale normativa privatistica, come già avvenuto per i dirigenti scolastici con la stipula del relativo CCNL il 15 luglio 2010.
E’ plausibile questa ricostruzione normativa giustificante la pronuncia del magistrato lombardo?
A nostro avviso, almeno due sono le obiezioni possibili.
La prima è che, per qualificare norma speciale una o più disposizioni – quelle che tuttora si leggono nel citato art. 492 –, occorre considerare la nuova e organica disciplina di settore contenuta negli articoli da 54 a 55-septies della novella brunettiana, se non l’intero inerente corpo normativo, parimenti in larga parte trasfuso nel D. Lgs. 165/01.
Ci si renderà così avvertiti che il legislatore ha voluto incrementare la produttività di tutte le amministrazioni pubbliche – istituzioni scolastiche incluse, ex art. 1, comma 2, D. Lgs. 165/01 – secondo criteri di efficienza-efficacia-economicità, non disgiunti dal rispetto del principio di legalità e dagli obblighi di trasparenza-rendicontazione del servizio in concreto erogato da ogni singola struttura organizzativa, anche per premiare il merito e, all’occorrenza, sanzionare il demerito dei singoli dipendenti. Pertanto, sempre il nostro legislatore, ha incrementato i poteri di organizzazione e di gestione di tutti i dirigenti pubblici, inclusi i dirigenti scolastici, siccome non risultante nei loro riguardi nessuna esplicita eccezione (ubi lex voluit…). E tra gli strumenti di gestione della rinforzata dirigenza pubblica ha incluso più incisivi poteri sanzionatori, con effetti immediati e generalizzati, in virtù dell’uniforme riscrittura – tramite disposizioni espressamente qualificate imperative – del sistema delle sanzioni disciplinari per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo (art. 67, comma 1, D. Lgs. 150/09).
Per rendere le predette sanzioni in concreto dissuasive e certe, tra le altre misure, ancora il legislatore, ne ha escluso l’impugnabilità dinanzi ai collegi arbitrali, solo consentendo alla contrattazione collettiva – ai sensi dell’art. 55, comma 1, del riscritto D. Lgs. 165/01 – la facoltà di introdurre procedure conciliative non obbligatorie, tranne che non sia previsto il licenziamento disciplinare, per l’irrogazione anticipata di una sanzione ridotta ma sempre della stessa specie, ciò precludendo la possibilità di adire il giudice del lavoro. E soprattutto ha abrogato, con effetto immediato e anche per i docenti, i consigli di disciplina, da sempre e prevalentemente espressione dei sindacati, pour cause, rivelatisi formidabili insabbiatori.
Venendo così alla seconda obiezione, si evidenzia come la facoltà attribuita alla contrattazione collettiva di istituire procedure conciliative e quella di poter comunque ricorrere ad un soggetto terzo ed imparziale, quale il giudice del lavoro, sembrano ben realizzare un adeguato bilanciamento tra i nuovi poteri-doveri del dirigente scolastico per contrastare efficacemente le numerose condotte stigmatizzate dal legislatore, comunque non comportanti l’irrogazione di sanzioni espulsive, e le istanze di garanzia del dipendente perseguito, estese agli aspetti procedurali che, se non rigorosamente rispettati dal soggetto agente, rendono nullo in radice l’intero procedimento, così come rendono nulla la sanzione che sia stata inflitta.
Dovrebbero dunque intendersi le nuove disposizioni di legge nel senso della loro immediata precettività, riconoscendosi al dirigente responsabile di ogni struttura organizzativa del servizio pubblico l’afferente potere sanzionatorio: da graduare, è ovvio, sulla scorta dei criteri definiti nei codici disciplinari allegati ai contratti collettivi di lavoro, per contrastare efficacemente scarsa produttività e assenteismo e in genere comportamenti illeciti, con strumenti che non si limitino alla censura, una mera dichiarazione di biasimo per mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione docente, in concreto indolore negli esiti.
E’ difatti irragionevole ritenere che il dirigente responsabile della struttura organizzativa, in cui si consumano tanti di quei misfatti deprecati dalla stessa Amministrazione ed enfatizzati dalla stampa, non possa direttamente e prontamente sanzionare i mancati doveri di correttezza, le gravi o reiterate negligenze in servizio, la violazione dei segreti d’ufficio, l’omissione di vigilanza e specie se trattasi di minori, il pregiudizio al regolare funzionamento della scuola, l’uso dell’impiego a fini d’interesse personale, l’abuso di autorità.
Resta fermo che, a fronte di evenienze stimate dal dirigente scolastico, dopo una doverosa istruttoria, astrattamente meritevoli di sanzione superiore alla sospensione per non più di dieci giorni, egli rimetterà gli atti al competente Ufficio per i procedimenti disciplinari, che potrà determinarsi sull’intera differenziata gamma sanzionatoria di cui all’art. 492 del T.U. 297/94, comma 2, lettere b (residuale sospensione da undici giorni fino a un mese), c (sospensione da oltre un mese a sei mesi), d (decorsi i sei mesi di sospensione, utilizzazione in compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente), e (destituzione, equivalente al licenziamento del personale ATA, che però segue immediatamente la sospensione di dieci giorni).
Non è dato sapere se la sentenza che qui ne occupa sarà impugnata dall’Amministrazione. Ma, se lo fosse, è da presumere che non si arriverebbe comunque al giudizio definitivo per cessata materia del contendere, per due ordini di ragioni.
La prima è che il nuovo, imminente contratto collettivo nazionale della scuola dovrà regolare, per espressa previsione legale contenuta nel pluricitato D. Lgs. 150/09, l’intero dispositivo delle sanzioni disciplinari del personale docente, tuttora in regime di diritto pubblico, alla stregua della generale normativa privatistica.
La seconda è che, in sede di attuazione di una delle deleghe figuranti nella Legge 124/15, di riforma delle pubbliche amministrazioni, possa radicalmente modificarsi – come già detto – l’attuale sistema sanzionatorio, nel senso del ritorno alle sue origini.
E in entrambi i casi i tempi saranno molto più celeri rispetto a quelli prefigurabili per la pronuncia della Corte di cassazione.

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