• lunedì , 23 Dicembre 2024

La valutazione della dirigenza scolastica allo stato degli atti

di Francesco G. Nuzzaci 1.Le disposizioni originarie 

Il Decreto Legislativo 59/98, di attuazione della Legge delega 59/97 (c.d. Bassanini 1), in parte qua confluito nell’articolo 25 del D. Lgs. 165/01, statuisce che I dirigenti scolasticirispondono, agli effetti dell’art. 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa.

 

A seguire, l’articolo 27 del CCNL 01.03.02, comma 10, richiamato nel vigente CCNL 15.07.10, ad integrazione della norma primaria, prevede che La valutazione ha carattere pluriennale legata alla durata dell’incarico conferito. Si articola altresì in fasi annuali in funzione della retribuzione di risultato, privilegiando, in tale fase, l’aspetto auto valutativo. Entrambe le tipologie di valutazione sono espresse in forma descrittiva, evidentemente allo scopo di differenziarle dal modello in uso per la dirigenza, sia amministrativa che tecnica, del medesimo datore di lavoro (infra).

 

  1. Delle reiterate, e sterili, sperimentazioni

 

In ragione di questo principio di specialità, dopo qualche estemporaneo tentativo di corrispondere alle previsioni legali e contrattuali, è stato prodotto dall’INVALSI un primo, organico Sistema sperimentale di valutazione della dirigenza scolastica, in sigla SIVADIS, sempre a base volontaria e articolato in un triennio (dall’a.s. 2003-04 all’a.s. 2005-06), ma rimasto privo di effettività; per essere poi rilevato dall’asserito meno concettoso e più maneggevole dispositivo denominato Guida alla progettazione del servizio scolastico (GPSS): nei fatti, un mostruoso documento di 21 pagine di tabelle, raggruppate in 5 aree – Offerta formativa, Progettazione, Organizzazione, Controllo dell’erogazione, Valutazione –, comprendenti ben 229 indicatori da integrare e comprovare con una corrispondente montagna di carte, da cui estrapolare la valutazione del dirigente scolastico, per attribuirgli, al termine del triennio e se positiva, non più di euro 1.500, a fronte di un costo annuo di euro 3000 per ogni dirigente valutato! E con simili premesse, non poteva che naufragare, come puntualmente avvenuto e ancor prima di essere messo alla prova.

 

Ciò nonostante, ancora sperimentazioni, questa volta sulla scia del D. Lgs. 150/09, improntato alla valutazione della performance e al riconoscimento selettivo del merito. Sono state tre e a più ampio spettro, in parte intersecate tra loro: la Valutazione per lo sviluppo della qualità delle scuole, in sigla VQS (2010-2013) e la subentrante Valutazione e sviluppo della scuola, in sigla VALeS (2012-2015), con in mezzo l’inglobato Progetto Valorizza.

 

All’interno di VALeS, un capitolo è destinato alla valutazione dell’azione del dirigente scolastico, con un protocollo strutturato in indicatori individuati all’interno di 6 macro-aree (Direzione, coordinamento, valorizzazione delle risorse umane; Organizzazione e gestione delle risorse finanziarie e strumentali; Promozione della qualità dei processi interni della comunità professionale; Sviluppo delle innovazioni; Attenzione alle famiglie e alla comunità sociale; Collaborazione con i soggetti istituzionali, culturali, professionali, sociali ed economici del territorio).

 

VALeS è il fondamento del Sistema Nazionale di Valutazione, di cui al D.P.R. 80/13, seguito dalla direttiva del ministro, n. 11 del 18 settembre 2014 e dalla circolare esplicativa n. 47 del 21 ottobre 2014.

 

Nell’afferente articolo 6, commi 4 e 5, il nuovo formalizzato dispositivo si struttura nella sequenza Autovalutazione, Valutazione esterna (temporalmente ristretta ad un numero predeterminato di istituzioni scolastiche), Azioni di miglioramento, Rendicontazione sociale; ed è altresì preordinato a evidenziare le aree di miglioramento organizzativo e gestionale delle istituzioni scolastiche direttamente riconducibile al dirigente scolastico, al fine della valutazione dei risultati della sua azione dirigenziale, secondo quanto già previsto dall’art. 25 del D. Lgs. 165/01 e CCNL (ante), ma da raccordarsi con i vincoli del cennato  D. Lgs. 150/09, in particolare, nel punto in cui restringe lo spazio della contrattazione collettiva, ora entro gli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge nella valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio (art. 55, confluito nell’art. 40, comma 1, del D. Lgs. 165/01).

 

I piani di miglioramento, con i risultati conseguiti dalle singole istituzioni scolastiche, sono comunicati al direttore generale del competente USR, che ne tiene conto ai fini dell’individuazione degli obiettivi da assegnare al dirigente scolastico in sede di conferimento del successivo incarico e della valutazione.

 

  1. La Legge 107/15

 

In tema di valutazione dei dirigenti scolastici, l’ultimo intervento normativo – in una linea di chiara continuità – è  l’articolo 1, comma 93, della Legge 107/15, che indica con maggior dettaglio i criteri generali che devono fondarla:

  1. competenze gestionali e organizzative finalizzate al raggiungimento dei risultati, correttezza, trasparenza, efficienza ed efficacia dell’azione dirigenziale, in relazione agli obiettivi assegnati nell’incarico triennale;
  2. valorizzazione dell’impegno e dei meriti professionali del personale d’istituto, sotto il profilo individuale e negli ambiti collegiali;
  3. apprezzamento del proprio operato all’interno della comunità professionale e sociale;
  4. contributo al miglioramento del successo formativo e scolastico degli studenti e dei processi organizzativi e didattici, nell’ambito dei sistemi di autovalutazione, valutazione e rendicontazione sociale;
  5. direzione unitaria della scuola, promozione della partecipazione e della collaborazione tra le diverse componenti della comunità scolastica, dei rapporti con il contesto sociale e nella rete di scuole.

Il comma 94 consente poi che il nucleo di valutazione di cui all’art. 25 del  D. Lgs. 165/01 possa avere una diversa composizione in relazione al procedimento e agli oggetti di valutazione, in cui è parte attiva e integrante quel nucleo dei dirigenti tecnici ad tempus assunti per il triennio 2016-2018 ai sensi dell’art. 19, commi 5-bis e 6, del D. Lgs. 165, cit.

Sulla scorta di tale canovaccio, entro il 31 dicembre 2014 l’INVALSI avrebbe dovuto definire gli indicatori su cui declinare la valutazione dirigenziale in coerenza con i criteri legali sub a)-e) e all’interno di una proposta organica, poi oggetto di un confronto con le associazioni sindacali e professionali della dirigenza scolastica.

  1. Gli interventi in corso dell’Amministrazione

 

Il 6 maggio 2016 il ministro Giannini ha illustrato alle associazioni sindacali rappresentative una bozza di valutazione a maglie larghe, come base della direttiva  all’INVALSI e dopo l’acquisizione del parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

 

In sintesi, la valutazione dovrebbe essere effettuata in prima istanza dal nucleo di cui all’art. 25 del D. Lgs. 165/01 e seguire i criteri generali figuranti nella Legge 107, per essere: coerente con l’incarico triennale e con il profilo professionale; connessa alla retribuzione di risultato; in grado di rilevare il contributo del dirigente al perseguimento dei risultati per il miglioramento del servizio scolastico previsti nel RAV (D.P.R. 80/13) e in coerenza con le disposizioni contenute nel D. Lgs. 150/09.

 

L’art. 19, comma 2, del D. Lgs. 150/09 (collocato nel Titolo III, Capo I – Meriti e Premi) prescrive, a fini premiali, la costituzione di tre fasce per distribuire le risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale secondo la seguente ripartizione: il 50% del budget al 25% della platea e l’altro 50% al 50% della platea, nel mentre il restante 25% non prende nulla perché non meritevole per definizione. Per i dirigenti, il suddetto trattamento economico accessorio si intende retribuzione di risultato. Alla contrattazione è consentita una deroga per la seconda e terza fascia, con reciproche compensazioni non oscillanti, in più e in meno, oltre il 5%.

 

Queste disposizioni non risultano inserite nel preesistente D. Lgs. 165/01, Testo unico sul pubblico impiego, a differenza di quelle dell’art. 54 (collocato nel Titolo IV, Capo IV – Contrattazione collettiva nazionale e integrativa), confluite nell’art. 40, comma 3-bis, che, per assicurare adeguati livelli di efficienza e di produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance, impone alla contrattazione integrativa di destinare al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio comunque denominato.

 

Sicché è da verificare se – per la norma di chiusura di cui all’art. 73 del D. Lgs. 165/01, Norma di rinvio – il contenuto dell’art. 19 sia abrogato o meno per incompatibilità con la più elastica seconda formula.  

 

A partire dell’anno scolastico 2016-2017, i provvedimenti d’incarico dei dirigenti scolastici sono integrati  da una triplice tipologia di obiettivi di miglioramento: obiettivi generali individuati dal Ministero, obiettivi legati alla specificità del territorio individuati dall’USR, obiettivi specifici dell’istituzione scolastica derivanti dal RAV.

 

Il nucleo di esperti compilerà la valutazione dei dirigenti, il cui esito potrà andare dal mancato raggiungimento degli obiettivi al loro completo conseguimento, che corrisponderà ad una valutazione eccellente. Alla loro attività istruttoria seguirà l’adozione del provvedimento di valutazione del direttore generale regionale, impugnabile se negativa.

 

La valutazione si svolgerà con cadenza annuale per essere correlata alla retribuzione di risultato. Se non positiva, sarà supportata dall’USR  per il miglioramento del proprio lavoro. E solo in caso di responsabilità dirigenziali gravi è previsto il non rinnovo del contratto nella scuola già affidata.

 

Fondamentalmente, per il ministro, la valutazione dei dirigenti ha come obiettivo principale la loro crescita professionale e, di conseguenza, il miglioramento della comunità scolastica in cui operano.

 

  1. Le reazioni

 

Pur a fronte di una (provvisoria) versione ministeriale ictu oculi meno cruenta rispetto a quanto deducibile dalla legge, FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola e SNALS Confsal hanno reclamato, a firma congiunta, una profonda modifica di un testo che rende di fatto il dirigente scolastico funzionale e dipendente dal potere esecutivo, siccome inciso da una valutazione ingiusta e offensiva ad opera di una burocrazia esterna e in violazione della vigente normativa contrattuale.

 

Trattasi, con ogni evidenza, di un approccio puramente ideologico, privo del minimo ancoraggio al diritto positivo; che fa di una dirigenza specifica l’unica a non essere valutata. Che ciò produca la naturale – e pesante, per la categoria – conseguenza di continuare a non percepire la remunerazione di risultato, e così avere la possibilità di accorciare significativamente il differenziale retributivo con la dirigenza generica, non pare avere importanza per i sostenitori dell’ennesimo niet alla valutazione. Perché – è questo che sembra veramente contare – un dirigente scolastico non valutato non è legittimato a valutare il proprio personale e – a cascata – a individuare i docenti dagli ambiti territoriali e stipulare i relativi atti d’incarico, ad attribuire il bonus premiale. Il che è a dire che, al di là del nudo nomen iuris, il dirigente scolastico non è – non dev’essere – un dirigente! E così tout se tient.  

 

Il quinto dei sindacati di area attualmente rappresentativi, l’ANP, ha assunto invece una posizione di attesa, riservandosi di valutare con attenzione tutti i passaggi della costruzione del nuovo sistema di valutazione e tenerne costantemente informati i dirigenti.

 

Per quanto riguarda le due principali associazioni professionali dei dirigenti scolastici, ANDiS e DiSAL, per ora si è espressa, con una lettera aperta, solo quest’ultima, riproponendo alcune riflessioni  pur non prive di pregio, ma collocate in un complessivo disegno preordinato alla costruzione, per i presidi, di un modello di valutazione…che valorizzi la dimensione educativa…di una professione direttiva che, in luogo di fondarsi sulle caratteristiche di managerialità gestionale, si indirizzi ai bisogni formativi e culturali delle nostre scuole e del paese: laddove l’esito è, ancora, quello – e a dispetto della legge – di dismettere le prerogative, consustanziali e indefettibili, di ogni dirigente pubblico, che dovrebbe rivestire i panni di un coordinatore della didattica, tipico della scuola pre-autonomistica dipendente dal Signor Provveditore agli Studi, ovvero odierna figura nelle scuole paritarie  e/o libere – prevalentemente cattoliche –, cui del resto si fa esplicito riferimento ideologico.

 

 

 

  1. Alla ricerca di soluzioni sensate

 6.1.

Emanata la direttiva ministeriale, si  vorrebbe chiedere all’INVALSI, e agli esperti di complemento, di far tesoro della pregressa esperienza di inconferenti pretese palingenetiche per planare su dimensioni più terrestri. E, pur dovendosi vincolare all’ambizioso – o pretenzioso? – schema legale, lo interpretino con intelligenza e azionando il buon senso, provando a costruire modelli che funzionino, magari sulla falsariga di quello che, collaudato da due lustri di sua applicazione, valuta regolarmente – e remunera generosamente – la dirigenza amministrativa e tecnica del MIUR, sino ai direttori generali e ai capidipartimento.

 

Il protocollo è codificato nella direttiva MIUR n. 4072 del 12.05.05. e si compendia in una sola scheda SOR (Scheda di programmazione degli obiettivi e dei risultati), eventualmente integrabile da una seconda scheda denominata EDE (Elementi di difficoltà evidenziati).

 

L’intero costrutto è essenziale, chiaro, maneggevole e trasparente: con pochi obiettivi concordati e con un solo valutatore, senza che altri soggetti entrino in scena, se non in via eventuale.

 

Pochi obiettivi prioritari e qualificanti; soprattutto operazionalizzati e assistiti dall’assegnazione di inerenti e specifiche risorse finanziarie, umane e strumentali per poterli conseguire: quindi riassunti in un punteggio complessivamente pari a 100, con ulteriori 10 punti assegnabili dal valutatore per premiare il comportamento organizzativo (esplicitato in sole tre righe sulla scheda SOR: Analisi e programmazione, Gestione e realizzazione, Relazioni e coordinamento), ovvero per compensare, a mo’ di paracadute, le difficoltà evidenziate dal valutato nella scheda EDE.

 

6.2.Certamente, questo modello andrebbe adattato – ma non stravolto e/o inutilmente appesantito – alla peculiarità delle istituzioni scolastiche, non assimilabili ad un ufficio amministrativo, siccome strutturalmente contrassegnato da procedure in larga prevalenza standardizzate per la produzione di atti giuridici esenti dai canonici vizi di legittimità (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge). Essendo esse piuttosto, e propriamente, organi-enti dotati di autonomia funzionale alla produzione di un servizio tecnico, d’indole immateriale (istruire, educare, formare), mediato da organi collegiali con poteri deliberanti, idonei a esprimere determinazioni volitive finali, ed erogato da soggetti professionali la cui azione, connotata da ampi margini di discrezionalità, va parimenti coordinata e condotta a sistema dal dirigente preposto alla conduzione di queste, molto particolari, strutture organizzative, caratterizzate dai c.d. legami deboli, in cui l’interpretazione prevale sull’ordinata esecuzione, con la conseguenza della non prevedibilità-omogeneità degli esiti, secondo un rigido nesso di causalità meccanica.

 

Sicché le priorità del modello ministeriale poc’anzi sunteggiato andrebbero invertite, nel senso che il peso predominante non dovrebbe essere quello dei risultati, attingibili con strumenti quantitativi (valutazione di prodotto), bensì dei comportamenti organizzativi, essenzialmente rilevabili con un sistema di indicatori e descrittori, la cui frequenza e la cui intensità siano, convenzionalmente, ritenuti significativi, in termini di causalità adeguata, salvo verifica e loro consequenziale rimessa a punto (valutazione di processo).

 

6.3.L’INVALSI dovrà dunque costruire – sull’intelaiatura della Legge 107 – questo sistema di indicatori e descrittori, con parametri  quanti-qualitativi, differenziandoli nei pesi ad essi attribuiti; purché siano nella diretta disponibilità del dirigente scolastico, anche riguardo ad ambiti che – pur  fatti oggetto di rilievi critici un po’ da tutte le parti e talvolta con toni  aspri – non possono di certo stimarsi impropri.

 

Il riferimento è alla lettera c) del comma 93, relativo all’apprezzamento del proprio operato all’interno della comunità professionale e sociale, i cui ruoli non sono stati affatto svuotati dalla legge sulla Buona Scuola, in forza di espliciti e rimarcati richiami disseminati nel testo. Tra i tanti, e a scopo esemplificativo, oltre alla successiva lettera e), si vedano:

-comma 2, sulla garanzia della partecipazione alle decisioni degli organi collegiali;

-comma 3, sulla valorizzazione…della comunità professionale scolastica con lo sviluppo del metodo cooperativo, nel rispetto della libertà d’insegnamento, la collaborazione e…l’interazione con le famiglie e il territorio;

-comma 7, ancora sulla valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e in grado di sviluppare e aumentare l’interazione con le famiglie e con la comunità locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le imprese;

-comma 14, in virtù del quale la predisposizione del PTOF deve assicurare, in ogni istituzione scolastica, la partecipazione di tutte le sue componenti…e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione dell’offerta formativa. E in ragione di ciò, prima che sia elaborato dal collegio dei docenti e poi approvato dal consiglio d’istituto, il dirigente scolastico avrà promosso i necessari rapporti con gli enti locali e con le  diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio e avrà  altresì tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti;

-comma 78, che impone, ancora una volta, al dirigente scolastico il rispetto delle competenze degli organi collegiali, ovviamente fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio;

-comma 127, che vincola il dirigente scolastico ad una motivata valutazione nell’assegnazione del bonus premiale, rispettosa dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti.

Potrebbe allora ben affermarsi che l’apprezzamento dell’operato del dirigente scolastico da parte della comunità professionale e sociale è il contraltare dei suoi potenziati poteri e funge da bilanciamento del sistema. E’ dunque legittimo elemento della sua valutazione, beninteso avendosi cura di definirne il peso e di predisporre idonei accorgimenti allo scopo di tenere il più possibile sotto controllo effetti distorsivi.

 

6.4.Dall’INVALSI, organo tecnico, è lecito pretendere una rigorosa definizione di obiettivi, enunciati in forma chiara ed univoca, suscettibili di cadere sotto il dominio dei sensi, vale a dire operazionalizzati; senza inutili e devianti aggettivazioni, e che dovranno poi essere formalizzati in ogni provvedimento d’incarico e/o integrati, e concordati, anche nel corso del rapporto. Obiettivi, non declaratorie di profilo, giustamente stigmatizzate dagli organi di controllo (cfr., da ultimo, Corte dei conti per la regione Sicilia, 04.03.14), che, fotocopiate, ridondino nei predetti  provvedimenti.

 

Sottolinea infatti la Magistratura isolana che ogni declaratoria di profilo semplicemente delinea il perimetro dell’oggetto dell’incarico annuale anziché gli obiettivi da perseguire…, sicché viene a mancare il presupposto della retribuzione di risultato che, costituendo parte della complessiva remunerazione dell’incarico, non è rinunciabile e costituisce elemento essenziale del contratto stesso.

E, quanto alla controdedotta impossibilità, in concreto, di definire obiettivi specifici per l’esorbitante numero della platea coinvolta, è stato replicato che l’Amministrazione può adoperarsi per tempo elaborando una mappatura degli obiettivi delle varie istituzioni scolastiche, analizzate e classificate per fasce di complessità secondo le esigenze di ciascuna, sulla scorta di indicatori e variabili (numero degli alunni, territori a rischio, ubicazione disagiata, popolazione scolastica multietnica…) in grado di individuare un sistema di pesatura degli incarichi equanime, di modo che, all’atto del conferimento dell’incarico, quest’ultimo risulti assistito da una contestuale definizione di obiettivi concreti, che in ogni caso potranno essere meglio specificati e/o variati nel corso del triennio d’incarico dirigenziale, in relazione alle esigenze emergenti dal Piano dell’offerta formativa di ciascuna istituzione scolastica.

 

Analogamente, la Corte dei conti nazionale, Sezioni riunite di controllo, nelle adunanze del 07.04.06 e del 14.07.10, per la certificazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del 2002-2005 e del 2006-2010, ha ricordato il – disatteso – obbligo del datore di lavoro di rendere in concreto esigibile la retribuzione del risultato della prestazione sulla base dell’effettivo conseguimento degli obiettivi e delle capacità dimostrate nella gestione degli obiettivi concordati.

 

Ma il giudice contabile romano va oltre. Riprendendo una pronuncia del Consiglio di Stato (Comm. Spec. P I, n. 529 del 16.06.03), di essere quella scolastica a tutti gli effetti una dirigenza statale, parimenti regolata dal comune D. Lgs. 165/01, già nel certificare il CCNL 2002-2005, ne sollecita una retribuzione adeguata alla complessità dei compiti affidati ed, in ogni caso, non inferiore, come invece risulta attualmente, alla misura riconosciuta alle qualifiche dirigenziali statali appartenenti ad altre aree di contrattazione.

In sede di esame del contratto successivo, l’esigita equiparazione è un po’ sfumata in tendenziale, forse nella consapevolezza della difficile congiuntura economica. E tuttavia, nel reiterarsi l’invito al riallineamento delle retribuzioni del personale dell’area V con quelle del restante personale dirigenziale, si accentua soprattutto la non più eludibile necessità di un corretto e agibile dispositivo di valutazione per acquisire quella parte – tuttora mancante e decorsi infruttuosamente tre lustri – che è  elemento essenziale del contratto e non rinunciabile. Non rinunciabile perché, senza valutazione, non c’è dirigenza!

 

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