Profitto e comportamento: due facce della stessa
Abstract
Al genitore di uno studente, che chiede di sapere se “il modus operandi degli insegnanti, improntato alla severità formale (vedasi la mole impressionante di rapporti disciplinari, che complessivamente ammontano a 49), sia stato pedagogicamente corretto, anche alla luce dei risultati negativi conseguiti”, il redattore offre una personale ricostruzione storica del sistema di valutazione degli esiti del processo didattico, riferiti sia al comportamento che al profitto.
E’ preliminare interesse del genitore che ha proposto il quesito sapere se sia “legittimo che la valutazione del comportamento dell’alunno influenzi negativamente quella del profitto”.
La risposta può prendere le mosse da una fugace ricostruzione storica dell’evoluzione dell’originario sistema disciplinare degli alunni delle scuole non universitarie, che, da ministro dell’istruzione, Luigi Berlinguer volle modificare radicalmente nel 1998, accantonando il modello educativo che era stato ideato nel 1925 da Giovanni Gentile con il Regio Decreto 4 maggio 1925, n. 653, i cui articoli 19 e 20 ammettevano implicitamente che il comportamento dello studente non potesse non ripercuotersi anche sul profitto.
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