di Vincenzo Sardelli
Delicata come una fiaba, potente come la cronaca. Energica come la vita e il suo corredo di crudeltà verso chi sfugge all’omologazione. C’è più Andersen che Disney nella Sirenetta di Eco di Fondo, spettacolo approdato lo scorso ottobre all’Elfo Puccini di Milano dopo l’esordio primaverile a Campo Teatrale. Eco di Fondo, giovane compagnia milanese guidata da Giacomo Ferraù e Giulia Viana, continua a esplorare miti e fiabe per parlare del presente. Dopo la commovente riflessione sull’eutanasia di Orfeo ed Euridice (2014), dopo il variegato O.Z., storia di un’emigrazione (2015), ecco ora un delicatissimo lavoro su identità e bullismo.
Qui la Sirenetta è un essere terracqueo che vive con angoscia la propria diversità. Possiede (o crede di possedere) una lunga coda di pesce al posto delle gambe, il che le impedisce di camminare normalmente, e la sottopone a discriminazioni e angherie. La “diversità” è negli sguardi altrui, ma anche nelle insicurezze della protagonista, essere astratto senza una precisa identità di persona e di genere. Ecco perché, in scena, è interpretata contemporaneamente da quattro diversi attori (gli stessi Ferraù e Viana, insieme a Riccardo Buffonini e Libero Stelluti), o meglio dalle loro ombre. Ogni ombra è simulacro di un’individualità brancolante, sfaccettatura della polimorfa fragilità adolescenziale, asilo di tutte le insicurezze. Se a infierire su queste insicurezze è un’identità sessuale nebulosa, fuori catalogo, sottoposta al giudizio altrui, i risvolti possono essere tragici.
Partendo da lettere di ragazzi che hanno deciso di suicidarsi, Giacomo Ferraù dà voce al disagio esistenziale.
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