allo stato degli atti e nelle prospettive di breve termine
di Francesco G. Nuzzaci
I-
A chiusura del secondo dei due articoli Per una dirigenza vera, pubblicati nei numeri di giugno e di luglio-agosto della rivista, ci eravamo implicitamente riservati una o più successive puntate non appena avesse fatto seguito alla, già censurata, bozza apocrifa il testo definitivo del disegno di legge delega di riscrittura della dirigenza pubblica, idonea a fungere da soggetto propulsore di una pubblica amministrazione più efficiente, fornitrice di servizi di qualità a cittadini e imprese, volano di crescita del Paese intero.
E difatti, di lì a breve e in un lasso di tempo di neanche un mese, si è potuta prendere cognizione, sempre sul sito governativo www.eticapa.it, di altre due versioni: la prima denominata semiufficiale (sic!) e la seconda ufficiale, datata 24 luglio 2014, antecedente di un giorno al testo rassegnato, ed ancora modificato, alla VII Commissione del Senato e recante il numero 1577.
Le firme sono quelle del presidente del Consiglio, del ministro della Pubblica Amministrazione e del titolare del dicastero dell’Economia e Finanze: ma a quante e quali mani clandestine è ascrivibile la sua effettiva paternità?
Possiamo qui esimerci da una partita disamina delle differenze, e delle incongruenze, figuranti nei quattro testi; così come possiamo tralasciare ogni indagine circa la coerenza tra l’originaria impostazione politico-culturale della riforma Renzi-Madia e la sua traduzione nell’articolato normativo che dovrà sostanziarla, la cui compiutezza, peraltro, richiederà l’emanazione di uno o più decreti legislativi.
Lo possiamo fare perché, per quanto attiene alla dirigenza scolastica, il canovaccio risulta immutato.
Schematicamente, e rinviandosi ai nostri due pregressi interventi poc’anzi menzionati per i dettagli:
1.Viene rimarcato il profilo del dirigente pubblico, come colui che è attributario di autonomi poteri di gestione di risorse umane-finanziarie-strumentali, per la loro combinazione ottimale al fine di realizzare lo scopo-programma-progetto predefinito dal committente politico o ex lege (come nel caso della dirigenza scolastica: cfr. art. 3, comma 2, D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia), con esclusiva responsabilità di risultato.
Così configurata, la dirigenza è concettualmente, strutturalmente e funzionalmente distinta sia dai professional che dai funzionari: entrambi connotati dal possesso, e conseguente esplicazione, di qualificate, specializzate e circoscritte competenze di natura squisitamente tecnico-professionale: dagli uni agite con margini di libertà, o discrezionalità, più o meno ampi e financo costituzionalmente garantiti, come nel caso dei docenti (ma si pensi anche ai medici, ai professionisti – ingegneri, architetti, psicologi – operanti nelle pubbliche amministrazioni); dagli altri con il più stringente rispetto dei canoni tipici delle procedure standardizzate, non necessariamente soggiacenti al vincolo gerarchico. A tal ultimo riguardo, e sempre per conservare più stretta aderenza all’ambito scolastico, può farsi riferimento al DSGA, ovvero a soggetti dell’Ufficio scolastico regionale o delle sue articolazioni periferiche costituite dagli ambiti territoriali, ex provveditorati agli studi, che pure sovente sono intestatari di una qualifica dirigenziale (potrebbe affermarsi, dirigenti quoad pecuniam); sino alla figura del dirigente tecnico, già ispettore scolastico, privo di una propria struttura organizzativa e di risorse umane, finanziarie e strumentali da dirigere, cioè di poteri gestori (benché, tecnicamente, allo stesso si attagli più la qualifica di professional).