• giovedì , 21 Novembre 2024

La conquista di una nuova lingua

a cura di Enrica Bienna

In altre parole

– Jhumpa Lahiri, Guanda, 2015.

Jhumpa Lahiri è una giovane e brillante scrittrice americana, della nuova generazione di narratori che sanno affrontare in modo nuovo, e con nuovi toni, i temi dell’identità, della crisi generazionale, del conflitto tra culture di chi è trapiantato in un nuovo mondo. Figlia di immigrati bengalesi, ha sperimentato di persona la dualità delle culture, il bisogno di staccarsi da quella dei suoi genitori e la ricerca di una identità nuova, ma ha anche affrontato un percorso originale, per nulla scontato, di crescita e di conoscenza di sé.
E’ proprio questa la materia del suo ultimo libro fresco di stampa In altre parole, un po’ saggio e un po’ narrazione autobiografica, in cui la conquista di una nuova lingua, a cui il titolo allude, diventa metafora della conquista di una più matura e consapevole identità.
La nuova lingua è, inaspettatamente, l’italiano che dopo il bengalese, lingua madre, e l’inglese, lingua della cultura di adozione, l’autrice decide di apprendere fino a farne la lingua della sua scrittura.
Appassionata agli autori che quella lingua hanno plasmata, da Dante a Pavese, da Verga alla Ferrante, affascinata dai suoi ingranaggi, dalla ricchezza e dalla polisemia del suo vocabolario, Jhumpa Lahiri arriva a trasferirsi in Italia, e qui si immerge completamente nella realtà della nuova lingua, fino a riuscire a comporre direttamente in italiano il testo di cui ci stiamo occupando. Le tappe per arrivare a un simile risultato sono raccontate in una serie di capitoli dai titoli significativi: Il dizionario, Le conversazioni, La rinuncia, Leggere con il dizionario, Il diario, Il racconto… fino al racconto finale, Penombra, di notevole suggestione e linguisticamente perfetto.
Troviamo dunque ricomposta la traccia di un’av-ventura intellettuale entusiasmante e faticosa (e già per questo aspetto il libro è consigliabilissimo a chi ama la lingua, a chi vorrebbe riflettere sulla propria e sul valore del possederne più di una, ed è da suggerire in particolare agli alunni più maturi); ma intrecciata è la storia della costruzione di una identità nuova, più libera e matura, perché per l’autrice la lingua è appunto la chiave della identità.
In un certo senso mi sono abituata a una specie di esilio linguistico. La mia lingua madre, il bengalese, in America è straniera. Quando si vive in un paese in cui la propria lingua è considerata straniera, si può provare un senso di straniamento continuo. Si parla una lingua segreta, ignota, priva di corrispondenze con l’ambiente. Una mancanza che crea una distanza dentro di sé.

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