di Fabio Scrimitore
Se si fosse trattato di una scuola secondaria, si sarebbe potuto supporre che la singolare domanda, proposta dal Direttore di uno dei 19 Uffici Scuola delle Diocesi della Regione che un tempo comprendeva Peucezi e Japigi, concernesse uno dei non rari casi in cui le famiglie intendono rompere il Patto di corresponsabilità educativa. Non tutti gli studenti ricorderanno che quel Patto venne proposto alle famiglie il 21 novembre del 2007 dal Ministro Giuseppe Fioroni. Era il tempo in cui sembrava che stesse crescendo in modo preoccupante il fenomeno del bullismo nelle aule e nei corridoi delle scuole. Ed il Patto venne inserito nell’ art. 3 dello Statuto delle studentesse e degli studenti, e fu concesso ai soli studenti delle scuole secondarie dal Ministro del tempo, Luigi Berlinguer, il cui nome oggi compare sui giornali soltanto quando si parla dell’importanza della formazione musicale dei giovani.
In verità, la domanda ricevuta dal redattore di questa rubrica riguardava classi di scuola primaria, ai cui frequentanti la storia non ha mai riconosciuto il titolo di studenti; conservano sempre quello deamicisiano di alunni, come viene rimarcato dal recentissimo disegno di legge, con il quale la sorridente Ministra Giannini intende riformare le riforme dei suoi predecessori Moratti, Fioroni, Gelmini, Pacifico e Carrozza, sotto il pungolante stimolo dell’ex sindaco di Firenze. Ecco il fatto che ha generato questa riflessione, che interessa soprattutto gli insegnanti di Religione Cattolica e i Dirigenti scolastici.
Le mamme degli alunni delle classi affidate ad una laicissima insegnante di Religione Cattolica non si sentivano tranquille nelle due ore in cui i loro bambini sono settimanalmente affidati alle cure di quell’insegnante, prossima al sessantennio, al punto da minacciare di farli sostare nei corridoi della scuola durante le lezioni di R.C.
Le informazioni giunte alla redazione non consentono di disporre di dati molto chiari; ma alcuni elementi che se ne possono intuitivamente trarre consentono di ipotizzare che il Dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo in cui da vent’anni opera l’insegnante, preoccupato che l’inquietudine delle mamme potesse richiamare l’attenzione degli organi di informazione pubblica, non avrà mancato di interpellare esponenti dell’Ufficio scolastico provinciale, al quale tuttora i regolamenti affidano, nonostante la loro incessante corsa verso l’autodissoluzione, funzioni di consulenza amministrativa per le scuole autonome. Il parere di quei funzionari poteva essere più che utile per risolvere la grana.
Sembra che il Dirigente scolastico ne abbia tratto un suggerimento, espresso in forma estremamente discreta, secondo lo stile ancora in uso nelle relazioni curiali. Sulla scorta di tale suggerimento, egli avrebbe sommessamente consigliato all’Ordinario diocesano di revocare l’idoneità all’insegnamento della Religione Cattolica alla poco collaborativa docente.
La cauta voce suggeritrice avrà tenuto conto che esiste un articolo di legge (si sarà trattato probabilmente dell’art. 4 della Legge n. 186 del 18 luglio 2000, che detta norme sullo stato giuridico degli insegnanti di Religione Cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado), il quale prevede la possibilità che il Vescovo revochi l’idoneità all’insegnamento della Religione Cattolica quando ritenga che ve ne siano i motivi. Non resterà senza posto l’insegnante, ma quasi, perché verrà a trovarsi nella medesima condizione di un professore di ruolo di R.C. in posizione di soprannumerarietà nell’organico degli insegnanti di Religione delle scuole della diocesi.
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