Dalle esperienze di DaD nuove richieste alla scuola di risposte efficaci alla diversità delle domande di formazione
E’ necessario innalzare i livelli di conoscenza centrando l’insegnamento e l’apprendimento sulle attitudini e sugli interessi degli allievi e sulla considerazione e valorizzazione delle loro specifiche intelligenze
di Antonio Santoro
Anche nelle diverse esperienze di didattica a distanza – rilevavo nel mio precedente contributo pubblicato da Scuola e Amministrazione – si è ripresentata l’esigenza della realizzazione di un insegnamento in funzione dell’apprendimento e della crescita di tutti gli allievi, quindi la necessità di una proposta formativa personalizzata in grado di promuovere e favorire lo sviluppo massimo possibile delle loro potenzialità.
Scrive Giorgio Chiosso nella Presentazione del volume del CERI – OCSE Personalizzare l’insegnamento: “Due principi fondamentali sorreggono la nozione di personalizzazione. Il primo è che il soggetto verso cui si rivolge un servizio o un’azione educativa è innanzi tutto una risorsa e non solo un utente destinatario dell’intervento, ovvero un soggetto/persona di cui occorre attivare/mobilitare le capacità e non un oggetto-utente-cliente da prendere in cura e da assistere. La qualità dell’intervento non dipende perciò soltanto dalla sua validità tecnica e professionale, ma va anche considerata in relazione alla rilevanza e significatività per <quella> persona”.
“Il secondo principio riguarda una concezione dell’equità meno distributiva e più qualitativa […]. L’equità si realizza, secondo questa prospettiva, quando i servizi in genere e, nella fattispecie, le scuole mettono a punto piani operativi perché ciascuno riceva ciò di cui ha effettiva necessità rispetto non solo alle peculiarità individuali ma anche alle esigenze di una società meno statica e uniforme rispetto a quella del passato” (1).
Personalizzare l’insegnamento significa, dunque, allontanarsi sostanzialmente e definitivamente dalla “pedagogia (che) consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande, e alle domande che pongono non si dà ascolto”; dalla “pedagogia – sintetizzava ancora Popper, efficacemente – che vige nella pratica: risposte senza domande e domande senza risposte” (2).
Si tratta, certamente, di una prospettiva non facile da realizzare: lo hanno testimoniato in passato le incomprensioni e le difficoltà incontrate dagli insegnanti, nei vari tentativi e impegni di definizione/implementazione di Piani di studio personalizzati, durante gli anni di attuazione della Riforma Moratti. Per questo, la strada da intraprendere realisticamente nella scuola, o da continuare a percorrere sviluppandola nelle sue diverse dimensioni, è quella di una diversificazione dell’offerta istituzionale di educazione e istruzione che permetta a ciascun alunno “di accedere alle conoscenze, alle competenze e, ciò che è fondamentale, al capitale culturale che consente di dare un particolare senso a noi stessi” (3). Precisa, a sua volta, David Miliband: “Si tratta di innalzare i livelli di conoscenza centrando l’insegnamento e l’apprendimento sulle attitudini e sugli interessi degli allievi (e, aggiungerebbe Howard Gardner, sulla considerazione e valorizzazione delle loro specifiche intelligenze – ndr). L’apprendimento personalizzato è il modo attraverso cui le nostre scuole migliori già oggi puntano a fare in modo che ogni allievo ottenga i risultati più elevati possibili. Questo è il nostro obiettivo: generalizzare le pratiche migliori per avere allievi più preparati” (4).
Traguardo che richiede – come opportunamente si sottolinea – condizioni e scelte appropriate sia sul versante metodologico-didattico che su quello della organizzazione. In particolare, e tra l’altro:
1) che la flessibilità dell’insegnamento-apprendimento personalizzato sia chiaramente orientata e finalizzata ad “accrescere il valore dell’esperienza cognitiva” nella scuola;
2) che le prassi scolastiche siano tali da sollecitare e promuovere la “costruzione condivisa, interattiva e sociale del sapere”, e puntino quindi “a un sapere acquisito in collaborazione”;
3) che le proposte di apprendimento favoriscano “l’acquisizione e la costruzione del sapere secondo i criteri propri della ricerca scientifica”,
4) che le scelte metodologiche privilegino, soprattutto, l’apprendimento per problemi e l’apprendimento per progetti;
5) infine, che si preveda e si realizzi un impiego delle ICT in grado di contribuire “a trasformare le classi in comunità d’apprendimento e le situazioni d’apprendimento in progetti articolati attorno a problemi <autentici> perché sentiti” (5).
Opzioni evidentemente onerose sul piano professionale, ma di certo anche ineludibili per la qualità dell’azione della scuola.
Note
1. CERI – OCSE, Personalizzare l’insegnamento, il Mulino, Bologna 2008, p. 13:
2. Karl R. Popper – Konrad Lorenz, Il futuro è aperto, Rusconi, Milano 1989, p. 77;
3. Charles Leadbeater, L’apprendimento personalizzato: il futuro dei servizi pubblici, in CERI-OCSE, cit., p. 147;
4. David Miliband, L’apprendimento personalizzato: scegliere e aver voce in capitolo, in CERI-OCSE, cit., p. 38;
5. cfr. Sanna Jarvela, L’apprendimento personalizzato: come stimolare la capacità d’apprendimento, in CERI-OCSE, cit., pp. 53-63.