I periodi di crisi economica, quando si uniscono a quelli politici, sono sempre causa di decadenza di valori. È successo così per la fine di grandi civiltà, con conseguenze relazionali disastrose e avviate all’autodistruzione.
All’atteggiamento sprezzante dell’etica sociale, così come oggi lo viviamo, il richiamo a costumi improntati al rispetto reciproco sembra appartenere alla preistoria. Basta muoversi nelle realtà quotidiane per verificare quanto sia raro assistere a comportamenti di correttezza sociale, fino a qualche decennio fa rientrante nella normalità più assoluta. Un esempio è quanto successo a Greta Beccaglia, la giornalista di Toscana Tv molestata nel dopo partita di Empoli-Fiorentina mentre era collegata in diretta dall’esterno dello stadio Castellani. A pensare che proprio i calciatori erano scesi in campo mostrando il simbolo della Giornata contro la violenza sulle donne.
Nella famiglia, nella scuola, negli ambienti di lavoro, conformarsi alle regole del rispetto è tema in via d’estinzione.
Gli insegnanti devono con crescente frequenza misurarsi con la maleducazione dei ragazzi affidati loro, senza poter far conto sulla collaborazione delle famiglie. La famiglia resta sempre insostituibile sede formativa dei giovani.
La famiglia, oggi, soffre però di una costante inferiorità psicologica nei confronti dei figli, perché è cosciente di non poter svolgere il compito educativo, necessario ai ragazzi per affrontare la vita con serenità. Le separazioni dei genitori, il permissivismo eccessivo, dettato a compensazione di carenze affettive o la consapevolezza di non poter dare riferimenti certi ai giovani, sono alla base di un buonismo colpevole e pericoloso.
L’abitudine ad ottenere tutto e subito nasce dalla cedevolezza dei genitori. Il passo verso la pretesa di ottenere quel che si vuole è scontato e non ammette attese. Se la società si oppone all’obiettivo verso cui tende il giovane maleducato, la strada per perseguire le finalità si cosparge di forzature e, spesso, di violenze.
È lo spettacolo desolante al quale assistiamo con preoccupante frequenza oggi: a scuola, negli stadi, nello sport in genere, nella giustificazione puerile del ricorso a droghe. Perché vincere è un dovere per chi non ha mai assaporato la sconfitta o non sa adattarsi alla negazione di un preteso diritto.
I sempre più rari esempi di solidarietà sociale, le sempre più scarse notizie di lealtà nella vita e nello sport, confermano una discesa verso il disconoscimento di valori comuni.
Possiamo metterci riparo? Ahimè, le speranze sono poche, ma dobbiamo sempre tentare, attraverso l’impegno individuale e collettivo nel perseguire il bene e l’armonia dell’ambiente e della società. Cominciando nel condannare le inaccettabili molestie, in diretta tv, subite dalla giornalista televisiva. È un primo passo…
Giocondo Talamonti
(Dirigente Scolastico in quiescenza)