Collodi dopo Collodi. Simone Perinelli immagina la storia del celebre burattino di legno dopo la trasformazione in bambino in carne e ossa
di Vincenzo Sardelli
Leviedelfool
REQUIEM FOR PINOCCHIO
La scoperta dell’Esistenza
di e con Simone Perinelli
con un estratto di Emporium, poemetto di civile indignazione di Marco Onofrio
aiuto regia e consulenza artistica Isabella Rotolo
regia Simone Perinelli
foto Guido Mencari
Info: simoneperinelli@leviedelfool.com, isabellarotolo@leviedelfool.com,
Età: dai 15 anni
«Com’ero buffo, quand’ero un burattino!… E come ora son contento di essere diventato un ragazzino perbene!…»
Chissà che quei puntini di sospensione all’epilogo delle Avventure di Pinocchio non siano stati lasciati da Collodi per aprire al lettore uno squarcio, una possibile soluzione alternativa alle polisemiche pagine del romanzo, quando il protagonista della storia, ormai divenuto bambino in carne e ossa, contempla la marionetta di legno che era stato.
L’adolescenza, la vita stessa, è un andirivieni di cadute e risalite. È un sentiero faticoso e scosceso. È costante il rifluire nella memoria del passato, con le sue défaillance ma anche con quel rigurgito tutto infantile di brio e giocosità che varrebbe la pena di custodire dopo la maturità.
Immaginiamo, dunque, che il testo di Collodi abbia una conclusione diversa. In Requiem for Pinocchio, la scoperta dell’esistenza, spettacolo vincitore del Premio “Anteprima 2012” e del Premio “Bianco e Nero” della Civica Accademia di Arte Drammatica Nico Pepe, la compagnia romana Leviedelfool inventa gli sviluppi della celebre storia del burattino dal naso allungabile raccontandone la vita nel mondo reale. La favola drammatizzata, che nell’ottobre 2017 è giunta per la prima volta a Milano al Teatro Fontana dopo aver imperversato in terra di Toscana, diventa così un pretesto, uno specchio innocente e ribelle del mondo che ci circonda e della vita che viviamo.
In modo sagace, con una prova attoriale magistrale, Leviedelfool presenta temi come la libertà e la costruzione del vero Sé e del falso Sé, la crescita, il nostro rapporto con il tempo, la precarietà del mondo del lavoro, il sogno e la fantasia come potenti vie di fuga (e di ripartenza) per costruire la felicità.
Quarant’anni fa ci aveva già pensato Edoardo Bennato: tutta la poetica del suo concept album Burattino senza fili altro non era che una metafora del potere che cercava di imporre la propria cultura e la propria nozione di normalità, ricusando e schiacciando chi si allontanasse dalle regole prefissate e osasse cercare una propria, personale, visione del mondo. I brani di Burattino senza fili erano quasi tutti centrati sulla reinterpretazione di singoli personaggi della storia in funzione del dualismo tra ciò che si direbbe normale e ciò che normale non è. Il tema fondamentale dell’evoluzione di Pinocchio da burattino a bambino diventava, in quella chiave di lettura, la storia di una rinuncia alla propria natura e di abbandono alla passiva osservanza dei valori imposti dalla cultura dominante, votata al successo patinato, al consumismo e al materialismo.
Quarant’anni fa ci aveva già pensato Edoardo Bennato: tutta la poetica del suo concept album Burattino senza fili altro non era che una metafora del potere che cercava di imporre la propria cultura e la propria nozione di normalità
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