Un impianto curricolare rivisto e metodologie didattiche che stimolino lo studente e l’interazione con il docente: sono le proposte del nuovo Quaderno di Associazione TreeLLLe
a cura di Antonio Santoro Il coraggio di ripensare la scuola
: è il titolo del Quaderno n. 15 di Associazione TreeLLLe (autori: Antonio Oliva e Antonino Petrolino), pubblicato nello scorso mese di aprile allo scopo di presentare le proposte associative per una radicale riforma del nostro sistema educativo di istruzione e di formazione. Si tratta di ipotesi/prospettive di cambiamento che, comprensibilmente, possono incontrare, in tutto o in parte, condivisioni oppure riserve significative, ma che meritano comunque di essere considerate e attentamente valutate sia da parte dei decisori politici, sia da tutti coloro che operano, a vario titolo, nelle diverse realtà del sistema-scuola.
Per questo, si è pensato di richiamarle con alcuni specifici interrogativi e quindi di riproporle, quasi testualmente, nelle loro espressioni di maggior rilievo.
Perché rinnovare profondamente la nostra scuola?
Riteniamo che non sia “più tempo di ritocchi marginali”: vi è infatti la necessità di ripensare la scuola per realizzarla finalmente “guardando a chi la frequenta ed alla società civile a cui deve render conto”. Insomma, di considerarla “come un servizio all’utente, più che come una funzione dello Stato sovrano”: un servizio che abbia dunque “come fine lo studente, la sua formazione come persona, la sua educazione come cittadino, la sua preparazione per la vita attiva”.
In particolare, rileviamo l’urgenza di andare oltre l’attuale situazione che vede la scuola primaria presentarsi “come il segmento più efficace dell’insieme” e la scuola secondaria, di primo e secondo grado, ancora oggi in difficoltà nel “riprogettare la propria missione” e nel mettere “in discussione il suo impianto curricolare e le sue metodologie didattiche”.
Quali sono le “missioni” della scuola nel XXI secolo?
“In larga misura, gli obiettivi che la scuola si deve proporre sono rimasti costanti nel tempo e si ritrovano nella classica triade: formare l’uomo, il cittadino, il lavoratore […]. Oggi [tuttavia] le cose sono cambiate: l’istruzione per tutti fino al raggiungimento di una certificazione secondaria superiore è diventata un requisito di cittadinanza. Ma il fatto che sia necessaria non implica che essa costituisca la norma. Troppo numerose sono ancora le eccezioni”.
La scommessa educativa che sempre più la scuola è chiamata ad affrontare è perciò quella di partire “dal credere che tutti possono farcela e dal fare in modo che anch’essi ne siano convinti”: dalla consapevolezza e quindi dall’impegno di offrire “anche agli allievi più deboli… opportunità di avere successo pur nei limiti delle loro potenzialità”
Le persistenti inadeguatezze consentono anch’esse di individuare “le nuove missioni che la scuola deve proporsi” e che “si possono così riassumere:
- educare la persona, e non solo istruirla: conoscenze e competenze hanno bisogno di essere orientate da valori sufficientemente condivisi e da un insieme di regole necessarie per vivere assieme nel rispetto reciproco;
- educare a vivere con gli altri nella prospettiva di una cittadinanza globale: la scuola rappresenta il primo modello di società con cui si viene in contatto e dentro la quale ci si abitua (ci si deve abituare) alla relazione multipolare che accompagnerà il resto della nostra esistenza”, quindi “a vivere in un crogiolo assai più misto e complesso” ;
- operare per il successo formativo di tutti e di ciascuno nella vita attiva […]: avere (cioè) come obiettivo il massimo di crescita individuale [possibile solo se si adotta] come parametro la personalizzazione dell’offerta: che, per essere reale e non meramente dichiarata, deve implicare la progettazione di percorsi distinti, con tempi e contenuti diversi”.
Quali cambiamenti si ritengono necessari sul versante degli impianti curricolari?
Il Quaderno TreeLLLe evidenzia l’indispensabilità dei seguenti “Elementi per un curricolo ordinamentale orientato al successo formativo:
– ingresso a scuola (nella scuola dell’infanzia) precoce e obbligatorio (almeno a tre anni di età);
– scuola dell’infanzia e primaria a ‘tempo lungo’ obbligatorio dai tre ai dieci anni: la scuola dell’infanzia e primaria comune – a curricolo unico – è necessaria per offrire a tutti uguali opportunità di partenza; il tempo lungo per massimizzare l’influenza della formazione scolastica e ridurre al minimo i condizionamenti socio-economici esterni;
– scuola secondaria di primo grado (11-14 anni) a tempo lungo obbligatorio, con un inizio di personalizzazione: il curricolo può restare unico per il primo anno, ma nei due successivi deve prevedere spazi di differenziazione, sotto forma di alcune ore di attività o di studi opzionali, scelti dal singolo in una rosa di proposte della scuola. Il processo di scelta deve essere accompagnato, ma non forzato, dagli insegnanti, in quanto è una delle prime spie delle caratteristiche psicologiche ed intellettuali del futuro individuo. Per quanto possibile, deve trattarsi di scelte reversibili, per consentire l’errore e il riallineamento: non tutti maturano nello stesso momento;
– l’orientamento agli studi secondari superiori, una scelta della scuola: l’ultimo anno [della scuola secondaria di primo grado] deve riservare spazi ed attenzione significativi all’orientamento, con il concorso anche di specialisti esterni (psicologi, consulenti del lavoro). L’indicazione deve scaturire da un lavoro sinergico degli insegnanti e dei formatori delle attività pomeridiane con gli specialisti e con la famiglia: ma, una volta messa a punto, deve risultare vincolante, o almeno difficilmente superabile da un’impuntatura del singolo;
– scuola secondaria superiore (14-19 anni): tempo lungo opzionale e differenziazione dei curricoli: [sostanzialmente] la proposta di TreeLLLe prevede il mantenimento dei tre canali oggi esistenti: licei, tecnici e professionali. Ma prevede altresì una netta distinzione nelle caratteristiche formative e negli obiettivi finali di ciascuno di essi”.
Quali competenze promuovere nei futuri curricoli scolastici?
“Sul versante delle competenze, nel maggio 2018, appena pochi mesi fa, l’Unione Europea ha aggiornato la propria storica raccomandazione del 2006 relativa alle competenze europee, al cui sviluppo tutti i sistemi scolastici dovrebbero tendere. Nella loro più recente versione, esse sono:
- competenza alfabetica funzionale;
- competenza multilinguistica;
- competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria;
- competenza digitale;
- competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare;
- competenza in materia di cittadinanza;
- competenza imprenditiva;
- competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
Infine, una richiesta continuamente ricorrente è quella di inserire nel tempo scuola le più diverse ‘educazioni’: alla salute, all’affettività, alimentare, stradale, ecc.”.
Sul piano metodologico-didattico, quali sono i “principi chiave” maggiormente “coerenti con l’assunto di una scuola che vuole assicurare il successo formativo di tutti”?
L’impegno professionale dei docenti deve innanzitutto promuovere e rafforzare, sempre, la motivazione ad apprendere, perché “si impara solo se, dentro di noi, scatta una molla, il desiderio di imparare. Le motivazioni possono essere le più varie, ma è necessario che esistano perché lo studente trovi le proprie strategie di apprendimento”.
E deve pure, il lavoro degli insegnanti, riservare “grande attenzione alle cosiddette metodologie attive, cioè fondate prevalentemente sulle attività che si chiede allo studente di svolgere” e notoriamente caratterizzate dalle seguenti “modalità:
– interazione fra docente e studenti: l’insegnante dovrebbe sollecitare costantemente l’intervento degli alunni, sia in fase di spiegazione che di verifica: per tener desta l’attenzione, ma anche per chiamarli a ricostruire il percorso logico sottostante ai contenuti in esame;
– feedback: rinforzo positivo dato, il più spesso possibile, ai contributi ed agli interventi degli studenti, in modo da incoraggiarne il coinvolgimento attivo;
– cooperative learning: svolgere attività di gruppo, in cui l’alunno si senta responsabile in prima persona del successo del gruppo di cui fa parte;
– project work: impegnare gli studenti non nello studio teorico di un argomento, ma nella realizzazione di un progetto, nell’impegno a costruire/realizzare un oggetto sensibile – anche un video o simili – che richieda, per il suo completamento, la conoscenza operativa di una teoria;
– inquiry based learning: far approfondire problemi che hanno senso per gli individui e la società in cui vivono, in modo da coinvolgere emotivamente gli studenti […] Utilizzare sempre, quando è possibile, compiti di realtà. Un compito di realtà è un problema della vita di tutti i giorni, per risolvere il quale sia necessario mobilitare le conoscenze apprese. Ma il compito non sta nel ripetere correttamente le conoscenze: sta nel servirsene in modo appropriato. Il che permette di giudicare contemporaneamente due aspetti:
- se si è appresa la nozione rilevante;
- se si è capaci di individuare, fra le molte nozioni apprese, quella necessaria per risolvere il problema.
Questo tipo di prove è detto anche prova autentica o prova di competenza. La sua finalità consiste nello stimolare l’autonomia dell’alunno: non c’è un premio per la risposta in sé, quanto piuttosto per il ragionamento seguito. Si tratta quindi di un compito che ha un forte potenziale di motivazione e di rinforzo positivo;
– learning by doing: collegare sistematicamente le conoscenze al loro utilizzo per fini pratici;
– service learning: praticare attività di volontariato promosse dalle scuole a servizio della comunità, come strumento di coinvolgimento emotivo e di motivazione sociale, più che come tecnica diretta di apprendimento”.
Che fare per vincere le prevedibili resistenze al cambiamento?
Le strategie da mettere in campo sono certamente diverse, ma è indispensabile orientare e supportare, in primo luogo, il comportamento docente. “Una parte importante del tempo e delle energie che si spendono nel processo riformatore dovrebbe essere spesa nel coinvolgimento e nella formazione degli insegnanti, per portarli a condividere quel che si chiede loro di fare. Trascurare questo aspetto significa averli nel migliore dei casi estranei e nel peggiore ostili”.