• martedì , 16 Luglio 2024

Gli effetti dell’autonomia

Istituzioni scolastiche

di Nicola Nicchiarico

(DSGA)

Questo contributo si prefigge lo scopo di evidenziare la situazione che si è determinata nel tempo, per effetto della volontà legislativa di “potenziare” l’autonomia delle istituzioni scolastiche, a prescindere dalle loro risorse (non solo finanziarie, ma anche professionali).
L’attenzione è rivolta principalmente alle tantissime Istituzioni di piccola dimensione e con popolazioni scolastiche poco numerose, che però possono comprendere più plessi dislocati in territori appartenenti a più comuni situati nelle aree più periferiche della Provincia italiana.
La Legge 59/1917, il D.lgs 165/2001 e i successivi provvedimenti legislativi, culminati nella recente Legge 107/2015, hanno tutti perseguito l’obiettivo di caratterizzare, in modo netto e forte, l’istituzione scolastica come ente dotato di una propria autonomia funzionale, organizzativa e didattica.
Tale autonomia:
sottende la volontà del MIUR di rinunciare alla sua posizione di ente sovraordinato, sfuggendo alle responsabilità connesse alla gestione amministrativa, contabile e fiscale delle istituzioni scolastiche, praticamente abbandonate a se stesse, senza le risorse tecniche e professionali indispensabili per ottemperare alle prescrizioni di legge imposte loro, risorse di cui invece sono dotati tutti gli altri enti locali. Ne è prova, ad esempio, lo sconcertante “Avviso alle Scuole”, pubblicato il 14/05/2016 tra le news del web Intranet del MIUR e riferito al “Progetto informatico di help desk amministrativo-contabile”, che prevede la ripartizione delle istituzioni scolastiche in due gruppi: il primo composto da quelle che richiedono assistenza nell’apposita area dell’Help Desk, il secondo da quelle che dovranno fornire le risposte e le soluzioni alle domande e alle richieste poste dalle prime. È questa la dimostrazione più evidente dell’assoluta indifferenza del Ministero per i problemi di gestione amministrativa che assillano le scuole e che spesso sono causa di pesanti sanzioni pecuniarie;
è stata l’occasione affinché alcuni enti e agenzie statali (ANAC, Funzione Pubblica, Agenzia delle Entrate, MEPA, INPS/INAIL, ecc.) equiparassero le istituzioni scolastiche, sotto l’aspetto più propriamente amministrativo-contabile e fiscale-contributivo, agli altri enti territoriali autonomi o addirittura alle aziende private (come fanno INPS e INAIL), basandosi sulla errata, quanto semplicistica, presunzione che esse dispongano di idonee risorse materiali e umane, nonché di conoscenze tecnico-amministrative e giuridiche che in realtà non possiedono o possiedono in misura assai limitata, soprattutto se paragonate a quelle dei Comuni, delle Asl o delle Università. Attualmente, le disposizioni degli enti e agenzie statali impartite alle Regioni, alle AUSL, ai Comuni e Aree Metropolitane (quali, per esempio, Milano e Roma) sono pressoché identiche a quelle che valgono per le piccole istituzioni scolastiche di paese o di periferia, spesso senza alcuna distinzione di sorta.
È questa equiparazione giuridica, amministrativo-contabile, fiscale e contributiva – cui si è aggiunta la necessità di realizzare una speding review orizzontale nel Comparto Scuola – la causa delle principali criticità che rendono la gestione corrente delle istituzioni scolastiche spesso insostenibile ed incapace di rispettare scadenze o espletare adempimenti, la cui elencazione completa sfugge al più avveduto dei burocrati o degli esperti. Basti ricordare:
le incertezze e le confusioni generate da una pletorica normativa legislativa, regolamentare e dispositiva (vedasi l’impressionante quantità di circolari ministeriali quotidianamente emanate dal MIUR o dai vari Enti e Ministeri) che, a partire dal 1999/2000, si è via via accresciuta, stratificandosi e/o modificandosi per effetto delle novità introdotte dai Governi che nel frattempo si sono succeduti;
la mancanza di un CCNL di comparto aggiornato, che ridefinisca funzioni e mansioni, retribuzioni e compensi accessori, nonché regole di comportamento per il personale, compatibili con le attuali esigenze di gestione e funzionamento delle istituzioni scolastiche;
l’istituzione della Dirigenza Scolastica (D.lgs 165/2001) ed il suo successivo “rafforzamento” in termini di “responsabilità”, a partire dal D.lgs 150/2010, con – in particolare – la sua insostituibilità (che esiste soltanto per le istituzioni scolastiche) e la conseguente abolizione del vicepreside e di altre figure equivalenti, ossia del middle management che, nelle istituzioni scolastiche, era rappresentato dai vicari del DS e DSGA, soggetti ormai drasticamente ridimensionati;
le aumentate difficoltà organizzative, logistiche, di controllo e coordinamento correlate ai processi di dimensionamento e di accorpamento di un crescente numero di scuole con bacini di utenza sempre più estesi (soprattutto quelle dislocate nelle aree più distanti dalle città e dalle metropoli, spesso prive delle strutture/infrastrutture e dei servizi essenziali);
il contestuale taglio del personale non docente in funzione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica corrente;
l’intensificazione delle attribuzioni conseguente alla devolution delle funzioni amministrative e gestionali degli ex Provveditorati agli studi, avviata sin dal 2000, ma non accompagnata da adeguata formazione del personale addetto;
il forte incremento (per numero, tecnicismo burocratico e tecnologia impiegata) delle procedure richieste per l’espletamento di molteplici adempimenti connessi alle recenti disposizioni legislative in materia di acquisti e appalti, trasparenza e anticorruzione, tracciabilità finanziaria, contribuzione previdenziale e assistenziale e, dulcis in fundo, di privacy;
un sistema di progressione di carriera del personale ATA ancora basato sulla sola anzianità di servizio, a prescindere dalle competenze possedute e dalla qualità/quantità del lavoro svolto.
Pertanto, oggi, l’istituzione scolastica è sostanzialmente:
un soggetto passivo della Pubblica Amministrazione, quasi quotidianamente “assillato” dalle più disparate istanze e bersaglio di ricorrenti “molestie burocratiche” che nulla hanno a che vedere col fine istituzionale perseguito, molestie che spesso finiscono col condizionarne o penalizzarne l’attività (come, per esempio, nel caso di rilevanti sanzioni amministrative – per qualche omesso o ritardato adempimento non imputabile al DS pro tempore –, che sottraggono risorse finanziarie altrimenti destinate all’attività didattica);
un “luogo” dove è possibile acquisire esperienza diretta di quel “mostro multiforme” che è la burocrazia statale, con tutte le criticità, i paradossi, le iniquità e le contraddizioni che la caratterizzano.
La volontà di ovviare, con soluzioni precarie e nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, alle carenze organizzative, logistiche e strutturali presenti nelle istituzioni scolastiche è testimoniata delle numerose anomalie che in esse spesso si verificano e che non trovano alcun riscontro nelle altre Pubbliche Amministrazioni: nell’ambito del pubblico impiego, è solo nel Comparto dell’istruzione che si verificano eccezioni, discriminazioni, iniquità, omissioni e inosservanza di disposizioni di legge e regolamentari.

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