di Fabio Scrimitore
Il quesito, formulato da un Dirigente scolastico, riguarda la documentazione delle attività didattiche.
Con il quesito l’autore ha chiesto di sapere se sia legittimamente fondata la tesi, espressa da un componente della R.S.U., secondo la quale la firma apposta sul registro di classe esaurisce l’obbligo, che l’ordinamento vigente impone all’insegnante, di documentare quotidianamente la sua presenza a scuola per il tempo previsto dall’orario settimanale delle lezioni.
Il quesito tocca uno degli aspetti più delicati dell’organizzazione del lavoro scolastico e nasce da una delle singolarità che caratterizzano l’insegnamento. E’ la singolarità che è data dal fatto che, ogni qual volta fa il suo ingresso in aula, il docente è obbligato ad apporre la sua firma nel registro di classe, in corrispondenza degli spazi riservati alla specificazione della disciplina di insegnamento e degli argomenti trattati in quella determinata ora di lezione, oltre che ad annotare le eventuali assenze, come pure i ritardi e i rapporti disciplinari a carico degli studenti.
Il riconosciuto valore di attestazione giuridico-formale dei dati e delle informazioni riportate nel registro di classe è all’origine della prassi scolastica che ha fatto ritenere non necessario, se non proprio blandamente vessatorio, aggiungere un altro obbligo: quello della tradizionale firma che i pubblici dipendenti apponevano nell’atto dell’uscita dagli ambienti di lavoro.
Esigenze di certezza nella rilevazione degli obblighi di servizio dei pubblici dipendenti, negli anni ‘80 e ’90, hanno suggerito alle Amministrazioni pubbliche di adottare sistemi automatici di controllo delle presenze dei dipendenti, attraverso lettori di cartellini magnetici.
E’ intervenuto al riguardo anche il legislatore con l’art. 22 della Legge 23 dicembre 1994, n. 274, il cui terzo comma si conclude con questa proposizione: L’orario di lavoro, comunque articolato, è’ accertato mediante forme di controlli obiettivi e di tipo automatizzato.
La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 11025 del 12 maggio 2006, aveva ritenuto che la predetta norma di legge non fosse applicabile ipso jure al personale della scuola, ma avesse bisogno d’una specifica disposizione normativa, d’indole legale o contrattuale. La decisione è stata assunta dopo un ricorso con il quale un insegnante aveva contestato la legittimità di una sanzione disciplinare che gli era stata irrogata perché si era rifiutato di marcare la presenza in Istituto mediante il cartellino magnetico, tenuto conto che una simile modalità costituiva un controllo irragionevolmente additivo e soltanto alternativo (non potendo essere mai sussidiario) rispetto agli strumenti obbligatoriamente utilizzati a tal fine nell’ambito scolastico, quali il registro di classe ed il giornale del professore.