• giovedì , 21 Novembre 2024

False dichiarazioni

di Fabio Scrimitore

Il quesito è stato avanzato da un insegnante dopo aver letto, sulla prima pagina del Corriere della sera del 4 febbraio, l’articolo dal titolo: Fece pipì nel prato. Licenziato un prof.

E’ evidente che il titolo e il testo dell’articolo di Gian Antonio Stella siano stati formulati per far percepire ai lettori la sensazione di trovarsi davanti al paradosso d’un sistema sociale che, da una parte, grazia bancarottieri e trafficanti di droga, dall’altra, licenzia un insegnante che, di sera, è costretto ad accostarsi sommessamente ad un cespuglio d’un paesino della Val Brembana, per un’urgenza fisiologica.
E’ altrettanto evidente, però, che quel titolo e l’intero commento dell’eccellente giornalista possono aver avuto un effetto ulteriore, rispetto alle probabili intenzioni dell’autore. Molti insegnanti, infatti, avranno potuto pensare d’essere componenti ininfluenti d’un ordinamento legislativo che prevede sanzioni eccezionalmente sproporzionate alla gravità dei comportamenti che lo Stato intende punire.
Quest’idea non sembra affatto esagerata. Non è assolutamente pensabile, infatti, che un insegnante, il quale sia costretto a seguire il pur non apprezzabile esempio offerto dal citato collega della Val Brembana, possa incorrere nella gravissima sanzione del licenziamento sol per aver commesso, probabilmente in stato di necessità, un atto contrario alla pubblica decenza.
Si deve tener presente che Il professore non è stato affatto licenziato per quell’atto d’indole fisiologica, che, peraltro, gli ha procurato una multa del Giudice di pace di ben 200 euro; il licenziamento è stato disposto perché, anni dopo il fatto commesso, egli ha redatto in un documento diretto al Dirigente scolastico della scuola in cui era in servizio una dichiarazione non vera, scrivendo di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di procedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario Giudiziario ai sensi delle vigenti disposizioni.
Probabilmente il prof. Rho – questo il cognome del malcapitato – aveva prodotto quell’incauta dichiarazione dimenticando che, un po’ di anni prima, aveva avuto l’incresciosa esperienza presso il cespuglio della Val Brembana, che gli era costata il pagamento di 200 euro di multa. E’ più verosimile pensare che l’insegnante non sapesse che la multa che gli era stata inflitta dal Giudice di pace rientra nel novero delle pene, come vuole l’art. 17 del codice penale, che contempla la multa come il quarto tipo di pena comminata per i delitti.

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