• giovedì , 21 Novembre 2024

Dirigenza pubblica

Approvata dal senato la riforma, monca, della dirigenza pubblica

di Francesco G. Nuzzaci

Una nuova dirigenza normale
1.1-Il 30 aprile u.s. l’Assemblea del Senato è riuscita finalmente ad approvare, in prima lettura, il disegno di legge 1577/14, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, c.d. riforma Madia.
Ora il provvedimento passerà alla Camera dei deputati, per essere presumibilmente licenziato in tempi celeri e consentire così al Governo di emanare i decreti legislativi di attuazione – sui quali sta già lavorando in parallelo – entro l’estate o poco più.
Così come abbiamo fatto in precedenti contributi, circoscriveremo l’attenzione al riordino – e, in parte, mancato riordino – della dirigenza pubblica, subito annotando che l’inerente rinumerato articolo 9 contiene modifiche marginali rispetto al primigenio art. 10 del testo a suo tempo – all’incirca otto mesi fa – rassegnato alla Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama.
E’ dunque fatto salvo il pregresso dispositivo deducibile dall’analisi dei principi e dei criteri direttivi indirizzati al legislatore delegato allorquando dovrà tradurre la norma programmatica in norma precettiva.
Sicché il ridisegnato profilo del dirigente pubblico è quello di un soggetto dotato di autonomi poteri di gestione di risorse umane, finanziarie e strumentali per la loro ottimale combinazione, preordinata alla realizzazione dello scopo-programma-progetto predefinito dal committente politico o assegnato dal dirigente di vertice, ovvero direttamente prescritto da fonte normativa e sempre con possibilità di ulteriori obiettivi specifici nel provvedimento d’incarico, con esclusiva responsabilità di risultato.
Chi non rientra nella predetta fattispecie non è – non dovrebbe essere – un dirigente: per definizione normativa. Almeno se si vuol conservare coerenza di sistema, che declina la dirigenza quale figura non specialistica, bensì tipicamente organizzatoria, indipendentemente dal suo luogo di esercizio.
Ne sono diretta e coerente conseguenza l’istituzione del ruolo unico, nella sua triplice articolazione: per lo Stato, per le regioni, per gli enti locali; e, ad ulteriore corollario, un omogeneo sistema di reclutamento e di formazione, ora affidato esclusivamente alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

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