• domenica , 22 Dicembre 2024

Consiglio di Stato: niente “bonus” per educatori e ATA

Una recente sentenza conferma quanto disposto dalla legge sulla Buona scuola per la formazione “obbligatoria, permanente e strutturale” dei soli docenti di ruolo

di Agata Scarafilo

 

Abstract

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4107, pubblicata il 18 giugno 2019, nega il riconoscimento della card annuale di 500 euro al personale ATA ed educatore. La sentenza conferma che il bonus spetta solo ai docenti di ruolo, perché solo a loro compete una formazione “obbligatoria, permanente e strutturale”.

 

Niente formazione per i DSGA e il personale amministrativo e tecnico con la card annuale di 500 euro, prevista invece, con la legge 107/2015 (art. 1, comma 121), per il personale docente a tempo indeterminato. Così, se a stabilirlo era stato, nel 2015, il legislatore, a ribadirlo, ora, è stato  il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4107, pubblicata il 18 giugno 2019.

Una decisione, però, che è stata ritenuta da tanti discriminante per il personale del mondo della scuola e che ha fatto ancor di più discutere, altresì, per l’esclusione degli educatori che, come è noto, in base all’ultimo rinnovo contrattuale, sono considerati docenti a tutti gli effetti

 

Ricordiamo che la contestata legge n. 107/2015 (legge sulla Buona scuola) stabilisce che “al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita, nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 123, la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado”.

Precisiamo che la somma di 500 euro, erogata annualmente ai docenti, non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile.

 

Ovviamente, la citata sentenza del Consiglio di Stato sta facendo ancor più discutere per il fatto che ci si era appellati alle disposizioni del C.C.N.L. che prevedono la partecipazione di tutti i dipendenti del comparto Scuola ad attività di formazione e di aggiornamento. Insomma, sembra che ci sia una contraddizione di fondo che vede, nell’ambito dello stesso comparto Scuola, riconosciuto a tutti il diritto alla formazione, mentre le risorse economiche, che ne garantiscono l’effettiva realizzazione, assegnate al solo personale docente.

La negazione del riconoscimento del bonus (500 euro) ha fatto ancora più rumore per l’esclusione della figura del direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) che, come è risaputo, a sua volta è formatore del personale ATA posto alle sue dirette dipendenze.

 

Ma anche per questa figura professionale, come per le altre testè menzionate, la risposta del Consiglio di Stato è stata univoca e chiara: sembra proprio che “non sia possibile addivenire ad una interpretazione diversa della disposizione, a meno di non cedere ad una manipolazione additiva del tutto disancorata sia dal testo normativo, sia dall’intenzione del legislatore”.

Insomma, il difetto è a monte: la legge 107/2015 ha riconosciuto il diritto alla card annuale esclusivamente ai docenti a tempo indeterminato.

In più, secondo il Consiglio di Stato, non è ravvisabile neppure una violazione dei principi (di non discriminazione, di ragionevolezza e di equità) sanciti dalla Costituzione (combinato disposto degli artt. 3, 35, 36, 41, 51 e 97), che potrebbe comportare la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma citata.

Infatti, il Consiglio di Stato ha affermato che il paventato dubbio di costituzionalità è manifestamente infondato, perché la “Carta docenti” non attribuisce un incremento stipendiale, bensì ha la diversa funzione di assicurare la “formazione continua del personale docente, monetizzando l’onere di autoformazione impostogli.

Nella sentenza viene ben specificato che soltanto per il personale docente di ruolo si impone, in via aggiuntiva, la formazione “obbligatoria, permanente e strutturale”, prescritta dall’art.1, comma 124, ultimo periodo, della legge n. 107/2015.

 

A questo punto sorge spontanea una domanda: tenuto conto di quest’ultimo aspetto – cioè che la formazione è obbligatoria soltanto per il personale docente di ruolo –, il DSGA, gli assistenti amministrativi e gli educatori possono sentirsi esonerati dall’autoformazione soltanto perché per loro non è previsto alcun riconoscimento economico?

Proseguendo nel ragionamento, si potrebbe obiettare che se, ad esempio, in occasione dell’introduzione di una innovazione, il personale di segreteria e/o il DSGA non vengono formati (come spesso accade), non essendo loro riconosciuta una monetizzazione legata all’autoformazione, non devono vedersi attribuite neanche le relative responsabilità nel caso in cui eventualmente non abbiano  operato correttamente.

Sfugge a molti, infatti, che nella vita reale delle segreterie scolastiche, sulle quali sono state scaricate numerose ed onerose incombenze, la maggior parte delle novità viene affrontata e gestita quasi solo ed esclusivamente attraverso l’autoformazione e l’informazione (più che la formazione), che fa leva sulla prassi collaborativa tra il personale delle scuole dell’intero territorio nazionale.

 

Molte perplessità, poi, sono scaturite dal fatto che, a supporto del legislatore, la sentenza fa riferimento alla disomogeneità delle mansioni, come se mansioni diverse non comportassero esigenze, sia pur differenti nei contenuti, di formazione ed autoformazione.

Non c’è dubbio, infatti, che la disomogeneità delle mansioni svolte dai docenti, dagli educatori e dal personale ATA (DSGA, assistenti amministrativi e tecnici) possa giustificare un regime diversificato, tuttavia è legittimo chiedersi perché per i docenti i 500 euro della card debbano aggiungersi alle diverse iniziative di formazione organizzate dalla scuola nell’ambito del PTOF, mentre per il personale educativo ed ATA questa possibilità  sia drasticamente negata.

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