di Francesco G. Nuzzaci
Raffreddatosi il clima incandescente dei primi mesi, un po’ tutte le istituzioni scolastiche hanno potuto scegliere i componenti interni del nuovo Comitato di valutazione dei docenti. E i dirigenti, benché oberati da una serie di incombenze scaricate loro addosso dalla Buona scuola – perseverante nella deleteria logica cumulativa, a dispetto delle primigenie intenzioni di segno contrario –, continuano a chiedere come corrispondere al meglio ad uno dei meno stringenti obblighi di legge, che attribuisce al predetto Comitato il compito di definire i criteri per la valorizzazione dei docenti, sulla cui scorta il dirigente, al termine del corrente anno scolastico, e poi nei successivi, dovrà attribuire il bonus premiale.
Ma in via preliminare è necessario che l’organo collegiale venga istituito nella sua compiutezza e poi insediato. Il che chiama in causa l’Ufficio scolastico regionale competente per territorio, deputato all’individuazione del componente esterno, ex art. 1, comma 129, punto 2, lettera c) della legge 107/15. E al riguardo, e a tutt’oggi, l’Amministrazione latita, perché l’inerente adempimento, per quanto è dato di sapere, non è ritenuto agevole.
In questa sede ci proponiamo di declinare un plausibile percorso che l’Amministrazione può intraprendere per consentire alle istituzioni scolastiche di provvedere nei necessari tempi distesi, in una materia involgente non pochi profili di complessità.
1.La legge non impone che il componente esterno debba essere un dirigente tecnicio o un dirigente scolastico o un docente in attività di servizio. Ci si può dunque primariamente ben rivolgere a chi sia stato collocato in quiescenza, ragionevolmente da non più di due anni, come avviene per la nomina nelle commissione d’esame di Stato; ovvero può richiedersi la disponibilità di chi è in servizio: gli uni e gli altri potendo far parte di più comitati insistenti nello stesso costituendo ambito territoriale.
2. In caso di carenza di disponibilità occorre valutare se sia legittimo e/o opportuno, per gli Uffici scolastici regionali, determinarsi in via autoritativa.
2.1. Escluso che ciò sia prefigurabile per i docenti – in assenza di qualsivoglia specifica disposizione di matrice pubblicistica o di natura pattizia – e in disparte ogni considerazione sui dirigenti tecnici (perché, semplicemente, inesistenti o quasi), i contratti collettivi nazionali di lavoro dell’Area V fin qui succedutisi (si vedano art. 26 CCNL 01/03/02, art. 19 CCNL 11/04/06, art. 10 CCNL 15/07/10) non sembrerebbero consentire una precettazione di dirigenti scolastici silenti e renitenti al di fuori delle fattispecie quivi nominativamente regolate – da intendersi di stretto diritto, quindi non suscettibili di estensione analogica – e concernenti gli incarichi che obbligatoriamente devono essere accettati, secondo il principio normativo di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti e qui non rilevando le modalità e le percentuali di corresponsione di specifici correlati compensi previsti (e anche non previsti, come nel caso in esame).
2.2. Potrebbe astrattamente soccorrere la generale norma pubblicistica contenuta nell’art. 24, comma 3 del D. Lgs. 165/01, la stessa che ha introdotto il principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, laddove prescrive che questa remunera qualsiasi incarico conferito in ragione dell’ufficio o comunque dall’Amministrazione in cui si presta servizio o su designazione della stessa. Ma la stessa Amministrazione (vedasi in particolare la perspicua nota dell’USR Piemonte del 01/07/02, replicata dopo la stipula del successivo CCNL 11/04/06, cit.), ha ravvisato la dubbia applicabilità della disposizione in parola con riferimento agli incarichi obbligatori attribuibili al di fuori delle ipotesi codificate nel contratto di lavoro.
3. Qualora non si possa o non si voglia – per la controvertibilità della materia o per motivi di opportunità – agire unilateralmente, deve dirsi che non è poi particolarmente arduo dedurre dallo stesso ordinamento di settore la soluzione che realizzi l’effettività del Comitato per la valutazione dei docenti.
Difatti, la novella di cui all’art. 1, comma 129 della legge 107/15 fa salva la statuizione figurante nel primo e nel secondo comma dell’art. 37 del D. Lgs. 297/94 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materie di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), che lo stesso MIUR ha avuto modo di richiamare in una delle sue non infrequenti FAQ: rispettivamente, che l’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza, e che per la validità dell’adunanza…è richiesta la presenza di almeno la metà più uno dei componenti in carica.
Ora, è pacifico che:
il Comitato di valutazione è un organo collegiale, siccome regolato nello stesso Titolo I, Capo I, Sezione I degli Organi collegiali a livello di circolo e d’istituto;
a differenza di tutti gli altri organi collegiali a livello d’istituto e a livello nazionale – inclusi giunte esecutive e comitati –, l’articolo ultimo in questione è ben vero che non menziona il già Comitato per la valutazione del servizio dei docenti, ma per la semplice ragione che esso è – era – il solo organo collegiale c.d. perfetto, o collegio reale, che, per definizione, dev’ essere sempre ed obbligatoriamente costituito, e parimenti deliberare, con tutte le componenti previste e assicurate dalla legge (tramite elezione-designazione-nomina di membri supplenti: cfr. art. 11, comma 2, D. Lgs. 297/94, antecedente la sua riscrittura ad opera della legge 107/15, cit.);
Il nuovo Comitato, nella sua più estesa denominazione, è ora de plano un organo collegiale ordinario, che addirittura – com’ è scritto nelle FAQ ministeriali – può essere validamente costituito e validamente deliberare (ovviamente, presenti almeno la metà più uno dei componenti in carica: supra) se, ad esempio, il Consiglio d’istituto o il Collegio dei docenti non provvedono volontariamente alla scelta dei componenti di spettanza.
Col che – detto incidenter tantum – i criteri per la valorizzazione dei docenti (art. 1, comma 129, punto 3 della legge 107/15), la valutazione del servizio a richiesta dell’interessato (art. 448, T.U. 297/94), il giudizio per la riabilitazione del personale docente (successivo art. 501) potrebbero legittimamente essere resi con la presenza del dirigente scolastico, dei due rappresentanti dei genitori (o di un rappresentante dei genitori e un rappresentante degli studenti per il secondo ciclo d’istruzione) e del componente esterno individuato dall’USR; nel mentre, stante sempre la volontaria assenza dei tre docenti, non scelti dal Collegio dei docenti e dal Consiglio d’istituto, non è dato di comprendere chi e come possa esprimere il parere sul superamento del periodo di formazione e di prova per il personale docente ed educativo, secondo la rigorosa formula dell’art. 1, comma 129, punto 4 della plurimenzionata legge 107/15): non certo i soli dirigente scolastico e il docente tutor di un organo collegiale che, nella circostanza, sembrerebbe ridiventato perfetto, perché duo non faciunt collegium.
4. Conclusivamente, siamo dell’avviso che le istituzioni scolastiche cui non si riesca ad assegnare il componente esterno potranno ben essere facoltizzate dall’USR, o dai dirigenti dei dipendenti uffici territoriali a ciò delegati, ad insediare il Comitato di valutazione con i sei membri interni (o anche meno) sui sette che lo compongono, che poi opererà secondo la generale regola della presenza del quorum funzionale.
Non è vangelo, ma il ragionamento sin qui condotto, almeno al momento, non ci pare insensato.