Che cos’è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro.
Carlo Rovelli, Mondadori, 2011a cura di Rossella Giorgi *In questo saggio dal titolo “Che cos’è la Scienza: la rivoluzione di Anassimandro”, meno recente del più noto “Sette brevi lezioni di Fisica”, Carlo Rovelli, fisico teorico, studioso e docente di fisica quantistica, ci accompagna in un affascinante viaggio alla ricerca delle origini del pensiero scientifico, partendo dalla Grecia del VI secolo a.C., in particolare dalla storia di Anassimandro di Mileto e dal contesto storico-culturale nel quale essa si sviluppa. L’autore illustra quindi il ruolo che il pensiero scientifico ha svolto nello sviluppo delle civiltà ed estende le sue appassionate e coinvolgenti considerazioni al significato e al ruolo della scienza come base del sapere, alle sue implicazioni con la filosofia, al nesso tra scienza e democrazia, al suo opporsi all’antiscientismo e al relativismo culturale, oggi di moda.
La lettura di questo libro è consigliata a chiunque ami sapere di scienza, di filosofia, di storia delle civiltà, e a tutti coloro che credono nell’approccio multidisciplinare alla conoscenza, dunque in particolar modo agli insegnanti.
Il pensiero scientifico, fatto di spirito critico, di apertura mentale, di capacità di pensare il mondo in modo diverso da come appare, di ribellione al sapere dogmatico, di indipendenza dalle suggestioni prive di razionalità, vede il suo primo vero rappresentante in Anassimandro di Mileto che, rifiutando la visione del mondo basata sul pensiero mitico-religioso, propone l’interpretazione naturalistica non solo dei fenomeni meteorologici (pioggia, vento, terremoti non sono capricci degli dei), ma dell’intero cosmo. La sua proposta metodologica rappresenta “il primo atto di nascita dell’indagine scientifica sul mondo” ed è di per sé rivoluzionaria, anche se stranamente sottovalutata nella storia della scienza.
Con il suo nuovo approccio, Anassimandro ridisegna la visione del mondo, ipotizzando «una delle idee più audaci, rivoluzionarie e portentose dell’intera storia del pensiero umano” (Karl Popper): la terra non sta sotto il cielo, ma galleggia nello spazio come un sasso. La sua intuizione rappresenta un passo concettuale enorme nella storia della conoscenza, e non rimane a livello di pura idea perché Anassimandro trova gli argomenti per dimostrare che funziona.
Questa straordinaria rivoluzione è alla base del pensiero scientifico, che sovverte l’ordine delle cose prestabilito alla ricerca di risposte migliori di quelle correnti, ipotizza nuove teorie e soprattutto dimostra che funzionano, ovvero spiegano i fenomeni naturali meglio delle teorie precedenti e apre la strada alle successive rivoluzioni scientifiche, in un processo continuo di revisione del sapere accumulato.
L’autore inquadra Anassimandro nel contesto storico-culturale in cui nasce e in cui matura la sua concezione del mondo. A differenza di altre regioni che si avviano a essere strutturate politicamente in grosse aggregazioni, quali regni e imperi, la Grecia del VI secolo a.C. è divisa in molte città indipendenti che sono luoghi di grande dinamicità culturale. In particolare, Mileto è uno dei principali porti commerciali, caratterizzata da forti contaminazioni culturali.
Anassimandro cresce alla scuola di Talete, colui che compie il primo tentativo di ricondurre tutti i fenomeni naturali che si osservano ad un unico principio: l’acqua. Anassimandro fa propria la problematica del suo maestro, ne coglie le migliori intuizioni, ma ne individua gli errori e i limiti, introducendo, come principio unico alla base di tutte le cose, l’apeiron, un elemento unificante che non rientra tra quelli che conosciamo per esperienza diretta, cioè l’acqua, l’aria, la terra, il fuoco. L’indefinibilità dell’apeiron serve ad Anassimandro per introdurre un concetto nuovo: la natura non è come ci appare, ovvero non si rivela interamente alla sola osservazione diretta ma, per comprenderla, è necessario che all’osservazione si accompagni il pensiero, che può ipotizzare l’esistenza di entità non immediatamente percepibili.
Tutta la storia della scienza teorica che ne è seguita nei secoli si è basata su questo metodo: immaginare l’esistenza di entità non direttamente percepibili, che permettano però di spiegare i fenomeni direttamente osservabili. Il campo elettrico e magnetico, ipotizzato da Faraday, è uno dei tanti esempi di entità teoriche postulate per unificare un insieme di fenomeni ; ipotizzare la sua esistenza rivoluzionò la visione di Newton di uno spazio vuoto percorso da particelle che si attraggono e costituì la base per i successivi studi di Maxwell, Hertz e Marconi. Oggi il concetto di campo è un elemento fondamentale delle moderne telecomunicazioni.
Partendo dalla storia di Anassimandro, Rovelli ci introduce quindi al significato e al ruolo della scienza nello sviluppo delle civiltà.
Il concetto fondamentale sul quale l’autore ritorna insistentemente è che la scienza, ben lontana dall’essere un insieme di saperi statici e inconfutabili, si basa al contrario sull’incertezza, sulla consapevolezza dei limiti delle conoscenze dell’uomo, sulla ricerca continua delle migliori risposte possibili da dare, in un determinato momento storico, per spiegare i fenomeni naturali.
Si tratta di un processo di decostruzione e ricostruzione delle teorie precedenti, anche se ritenute efficaci, formulandone altre che non necessariamente saranno valide per sempre. Così accade che nel XX secolo Einstein e Heisenberg trovino nuove leggi fondamentali, quali la relatività generale e la meccanica quantistica, che sostituiscono le leggi di Newton, modificando profondamente la visione del mondo. Lo spazio non è vuoto, ma è come un “mare in tempesta capace di curvarsi e frantumarsi” e le particelle non sono tali, bensì sono onde che si muovono lungo la ragnatela delle linee di forza del campo elettromagnetico ipotizzato da Faraday.
Rovelli si sofferma a lungo sull’aspetto evolutivo della scienza, traendo proprio dalla natura non statica del pensiero scientifico la motivazione più profonda della sua affidabilità, confutando antiscientismo e relativismo al tempo stesso.
Per finire, l’autore pone un interrogativo su un tema delicato, in qualche modo introdotto dal pensiero di Anassimandro, ma ancora attuale: “Si può comprendere l’esistenza e la complessità del mondo e la nostra stessa vita, senza attribuirla al capriccio degli dei o alla volontà di un dio?”
In sostanza, come si concilia la razionalità del pensiero scientifico con il bisogno dell’uomo di aderire ad una religione? Carlo Rovelli ripercorre la storia del pensiero scientifico anche dal punto di vista del conflitto tra scienza e religione, con dati storici, osservazioni, domande, senza pretendere di dare risposte.
In conclusione, l’eredità del protagonista di questo libro, Anassimandro di Mileto, risiede non solo nel metodo scientifico innovativo e nello spirito con cui ha sovvertito le conoscenze del suo tempo, ma anche nell’essere testimone inconsapevole del fatto che il mescolamento di culture diverse è all’origine della conoscenza e che il chiudersi dell’uomo in se stesso non ha mai portato al progresso.
*Rossella Giorgi, già Dirigente di ricerca presso ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.