di Antonio Santoro
L’esercizio della funzione dirigenziale – scrivevo nell’editoriale dello scorso mese di novembre, ancora con il ricorso ad un’appropriata sottolineatura di Angelo Paletta – può qualificarsi solo, o soprattutto, attraverso la capacità di definire e promuovere una visione di sviluppo progressivo della scuola (1): in virtù cioè di un impegno professionale in grado di favorire nel tempo, senza soluzioni di continuità, un rinnovamento profondo delle forme e delle attività istituzionali. Dispiegando ad esempio, nel corrente anno scolastico, adeguate azioni di proposta e di orientamento lungo i previsti percorsi di autovalutazione (v. Direttiva ministeriale n. 11/2014 e C.M. n. 47 del 21 ottobre 2014): sostenuti e richiesti, com’è noto, dalla consapevolezza che “il miglioramento può avere luogo solo se prende le mosse dai dati che emergono dalla valutazione del sistema da migliorare” e che è perciò indispensabile auspicare e sollecitare “processi di miglioramento […] tagliati su misura per le specificità (della) scuola” (2).
Per questo si chiede di individuare, per il breve-medio termine, obiettivi di cambiamento migliorativo sulla base della rilevazione di zone di criticità nelle soluzioni organizzative adottate, nelle pratiche educative e didattiche, negli esiti di apprendimento: di rilevare insomma quegli aspetti della realtà educativa che necessitano di iniziative e condotte diverse, vale a dire di cambiamenti significativi per meglio corrispondere, con modalità di maggiore adeguatezza ed efficacia, alla diversità e peculiarità delle istanze individuali e sociali di formazione. Per dirla in termini più esaustivi, l’attesa è per un utilizzo dell’autovalutazione consapevolmente finalizzato ad evidenziare “alla scuola gli aspetti soddisfacenti, rispetto ai quali l’impegno è (non può che essere quello) di curare il mantenimento dei livelli di qualità raggiunti e magari anche il loro incremento, e gli aspetti meno soddisfacenti, le cosiddette ‘criticità’, che costituiscono (devono costituire) i problemi da fare oggetto degli interventi migliorativi. Perché il processo di miglioramento si avvii è necessario (naturalmente) che tali problemi vengano riconosciuti e accettati come tali e la loro soluzione venga assunta come un dovere, una responsabilità professionale” (3).
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