Martiri della libertà di parola
a cura di Vincenzo Sardelli
(docente di lettere nella scuola secondaria di II grado)
Anna Politkovskaja e Rachel Corrie: una donna russa e una ragazza americana che, in modi e luoghi diversi, hanno lottato per la libertà e la tolleranza, contro la violenza e la guerra. Entrambe morte per le loro idee, protagoniste di due monologhi portati di recente in scena da Elena Arvigo e Marta Paganelli a Roma e a Genova.
Nella classifica 2015 di “Reporter senza frontiere” sulla libertà di stampa, la Russia figura al 148° posto su 180 Paesi, dietro a Gambia, Malaysia e Pakistan. Qualche anno fa andava ancora peggio per l’ex URSS: l’era Putin è stata costellata di processi per diffamazione, morti sospette e omicidi di giornalisti.
Il 7 ottobre 2006, Anna Politkovskaja fu assassinata con quattro colpi di pistola nell’ascensore di casa sua. Le borse della spesa sparpagliarono fiori e mele sul pavimento, si mischiarono al suo sangue. Anna credeva nei fatti e nel potere della parola. Scriveva su «Novaja Gazeta», giornale normale per gente normale, contropotere rispetto alla verità ufficiale divulgata dalla «Pravda».
Il giornalismo come atto di resistenza. In Donna non rieducabile, di scena qualche settimana fa al Teatro Argot Studio di Roma, Elena Arvigo offre un promemoria immaginario, ispirato ai reportage di Anna Politkovskaja: la guerra in Cecenia, le nefandezze russe, gli attentati al Dubrovka e a Beslan, i terroristi islamici. Troppi i morti, anche bambini.
Uno spettacolo sottovoce, visuale, con fugaci intermezzi video di Andrea Basti: scritte cubitali sullo sfondo, immagini di un gasdotto o di case popolari, pareti e vite lacerate. Elena narra Anna, la cronista e la persona.
Il monologo nasce da un bel testo di Stefano Massini (autore tra l’altro anche di Lehman Trilogy) e si articola per quadri. Niente colori, né chiose. Il pubblico è proiettato in un contesto che ignora, ma ricostruisce dai dettagli. Lo spettatore chiude gli occhi e li riapre su temi e luoghi diversi, sempre da intuire.
Come Cristo verso il patibolo, Elena Arvigo reca con sé una porta come una croce. È l’unico oggetto scenico, insieme alle borse della spesa, che racchiudono la storia in un ideale cerchio.
Anna si nutriva di fatti, i fatti li nutriva di parole. La porta è attraversamento, confine, barriera. È specchio, precipizio, trappola per topi. Adagiata sul palco, è tomba. I fiori sono sepolture e germogli. La verità si paga, anche con la vita.
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