La collaborazione tra il consiglio di classe e i genitori degli alunni con bisogni educativi speciali (BES)
Abstract
Se i genitori d’un alunno frequentante una classe di scuola secondaria di I grado non ritenessero di sottoscrivere il Piano Didattico Personalizzato, predisposto dal Consiglio di classe, tale PDP non potrebbe diventare operativo. Il quesito è stato proposto da un insegnante di scuola secondaria di primo grado, il quale, riferendosi alla didattica programmabile per i B.E.S., vorrebbe sapere che cosa succederebbe se i genitori non firmassero il PDP.
Non sembra che i genitori di un alunno abbiano mostrato grande interesse nel valutare le caute, discrete proposizioni con le quali i professori hanno cercato di renderli informati dei limiti che il figlio incontra nel partecipare alle attività educativo-didattiche della classe. A giudizio dei docenti, sarebbe stato utile adattare il percorso didattico programmato per la classe ai bisogni educativi del preadolescente, con delle specifiche misure dispensative e compensative, che essi stessi avevano già individuato nella bozza del Piano Educativo Personalizzato. I genitori, però, non hanno ritenuto di poter accogliere la proposta e non hanno mostrato alcun interesse a sottoscrivere il predetto PDP. L’autore del quesito ha chiesto se l’opposizione dei genitori all’adozione del proposto PDP ne impedisca l’adozione nella prassi quotidiana.
Per offrire una corretta e convincente risposta al professore che ha proposto il quesito, sarebbe necessario disporre di adeguati elementi descrittivi, che contestualizzassero il motivo e le circostanze del diniego opposto dai genitori. Tanto si afferma perché la sottoscrizione del Piano Didattico Personalizzato rappresenta il momento conclusivo del percorso che la scuola ha avviato e conduce, dopo aver verificato se sussistano le premesse richieste dall’ordinamento scolastico per la sua redazione.
Credo che sia noto al riguardo che le linee direttive che sono state progressivamente emanate dal Ministero dell’Istruzione in tema di B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali) con la Direttiva del 27 dicembre 2012, con la Circolare n. 8 del 6 marzo 2013 e, da ultimo, con la Nota prot. n. 2563 del 22.11.2013, assegnano alla famiglia una funzione insostituibile nell’avvio della procedura per la predisposizione del P.D.P.
Infatti, se è vero che la professionalità dei componenti del Consiglio di classe offre agli insegnanti le opportunità più dirette ed immediate perché si valuti se i disturbi specifici di apprendimento di un alunno, per la loro persistente e non episodica manifestazione in classe, possano essere ritenuti univocamente riconducibili alla classificazione di Bisogni Educativi Speciali, è altrettanto vero che il supporto di informazione e di giudizio della famiglia sullo stile di apprendimento in ambito extrascolastico del figlio costituisce, in ogni caso, un complemento insostituibile nella valutazione diagnostica delle potenzialità apprenditive dell’alunno, nonché nella predisposizione delle metodologie didattiche che potranno corrispondere alle necessità imposte dai suoi particolari bisogni educativi e che dovranno essere riversate nella programmazione del P.D.P., in termini di misure compensative o dispensative.
Con riferimento allo specifico quesito propostoci, si ipotizza che l’esistenza di bisogni educativi speciali nell’alunno sia stata segnalata autonomamente dalla famiglia agli insegnanti e che, conseguentemente, il Consiglio di classe, condividendo la valutazione delle reali possibilità di apprendimento dei ragazzo, abbia proposto ai genitori un percorso didattico personalizzato con misure compensative o dispensative.
Non sarebbe diversa la situazione inversa, cioè se l’iniziativa di valutare l’alunno come portatore di B.E.S. fosse provenuta dagli insegnanti, i quali l’avessero proposta alla famiglia, ricevendone l’assenso.
Se le ipotizzate ragioni di dissenso fossero state esplicitate con motivazioni ragionevolmente supportate e macroscopicamente non in contrasto con il senso comune, potrebbero essere recepite dal Consiglio di classe, dal momento che, come si è detto, i genitori sono contitolari con gli insegnanti della elaborazione del P.D.P.
Se, invece, i genitori avessero espresso un rifiuto incondizionato ed immotivato, o non razionalmente argomentato, alla sottoscrizione del P.D.P., ne deriverebbe la sua inapplicabilità.
Al rifiuto di sottoscrivere il P.D.P. da parte dei genitori corrisponderebbe l’impegno degli insegnanti a far superare i limiti di apprendimento manifestati dall’alunno applicando l’ordinaria didattica personalizzata, alla quale la scuola ricorre nella generalità degli alunni che manifestino dei disturbi di apprendimento non a base neurologica. Inoltre, non si potrebbero applicare le misure dispensative e sostitutive, previste dal non sottoscritto P.D.P.
Riferimenti normativi
Direttiva MIUR 27 dicembre 2012
Circolare MIUR 6 marzo2013, n.8
Nota MIUR prot. n.2563/2013