di Rita Bortone
Domande difficili
Mi riesce sempre più difficile organizzare pensieri lucidi e lineari intorno agli eventi scolastici che occupano da un po’ di tempo le prime pagine dei giornali nazionali: che si parli di studenti, insegnanti o dirigenti, di formazione o di reclutamento, di alternanze o di molestie, quando qualcuno mi chiede cosa ne penso, mi accorgo che preferisco aggirare la domanda piuttosto che intraprendere discorsi che mi indurrebbero a cominciare da adamo ed eva. Sono infatti convinta che i singoli eventi o problemi di cui oggi son piene le piazze reali e virtuali, non possono essere correttamente interpretati e valutati, né possono generare opinioni fondate, se non alla luce del problematico e complesso sistema di cui sono parziali e provvisorie manifestazioni.
Veder tornare gli studenti in piazza in qualche modo ci piace: perché noi adulti in piazza non ci andiamo più né sapremmo per quale fine andarci; perché ci sorprende questa inattesa giovanile organizzazione della protesta; perché il nuovo album degli slogan e degli striscioni ci restituisce mondi e vissuti di idealità ed aspettative da molto tempo ormai sopite o smarrite.
Ma non è facile, al di là delle cose dette e scritte, avere idee chiare su quanto stia accadendo, e perché, dietro agli slogan e agli striscioni.
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