Domani a Torino la fase finale: tre gli istituti alberghieri partecipanti, tra cui il “Nicola Moccia” di Nardò, città natale dell’assessora uccisa dalla mafia. In giuria anche la figlia Viviana Matrangola
di Francesca Rizzo
Una sfida che ha il “sapore” della legalità: “Abbattiamo i muri del silenzio” coinvolge istituti alberghieri di tutta Italia, unendo competizione pratica e impegno civile, nel nome di Renata Fonte, l’assessora alla Cultura e alla Pubblica istruzione del Comune di Nardò (LE), uccisa 34 anni fa, il 3 marzo 1984, per essersi opposta ad un progetto edilizio illegale nel Parco naturale di Porto Selvaggio. La scorsa edizione del concorso è stata dedicata a Bruno Caccia, il giudice ucciso dalla ‘ndrangheta il 26 giugno 1983.
“Abbattiamo i muri del silenzio” è organizzato dall’I.P.S. “Jacopo Bartolomeo Beccari” di Torino, in competizione quest’anno con l’I.S.S. “Nicola Moccia” di Nardò e l’I.P.S.S.A.R. “Francesco Paolo Cascino” di Palermo; domani, nell’aula magna “Lea Garofalo” della scuola ospite, la fase finale, articolata in due sezioni, sala bar e accoglienza turistica. In giuria anche Viviana Matrangola, figlia di Renata Fonte ed ex responsabile del settore internazionale di Libera memoria.
Studentesse e studenti partecipanti incontreranno Viviana Matrangola prima della sfida conclusiva, a coronamento di un percorso culturale svolto durante l’anno scolastico, con la partecipazione ad eventi come proiezioni di film e presentazioni di libri sul tema della legalità.
“L’evento e il relativo percorso culturale – sostengono gli organizzatori – offrono l’occasione di stimolare la coniugazione di competenze civiche, sociali, di cittadinanza, di lotta alla criminalità organizzata e competenze professionali acquisite nel corso dell’indirizzo di studio intrapreso. Facendo leva sullo spirito di iniziativa di allieve/i e docenti, il Concorso ha la finalità di sollecitare la creatività, stimolare riflessioni sulla legalità e promuovere valori etici orientati a guidare giovani cittadine e cittadini verso la partecipazione civica attiva e consapevole e la costruzione di un Paese libero dalla corruzione”.
Renata Fonte, vittima di mafia
Renata Fonte è stata riconosciuta anche da Libera come vittima innocente di mafia, ma la giustizia non è mai risalita ai veri mandanti dell’omicidio: ad oggi si conoscono gli esecutori materiali (Giuseppe Durante e Marcello My), gli intermediari (Mario Cesari e Pantaleo Sequestro) e il presunto, unico mandante, il collega di partito Antonio Spagnolo: per ognuno di loro è stata emessa una sentenza di condanna. Ma “il presunto quarto livello – si legge nella sentenza definitiva (emessa dalla Corte d’assise di Lecce il 16 marzo 1987 e confermata prima in appello il 5 febbraio 1988, poi in Cassazione l’8 novembre 1988) – è la suggestione di un inutile fantasma”.
Dunque, a capo di tutta questa rete che si è scomodata per uccidere l’assessora Fonte (a pochi giorni dall’approvazione della sua modifica al piano regolatore, che interessava anche Porto Selvaggio), non c’è nessun “quarto livello”. Non c’è nessun imprenditore che, in combutta con Antonio Spagnolo, avrebbe voluto costruire lì dove non si poteva, all’interno del parco naturale appena nato.
Non c’è nessuna prova evidente a carico di questa tesi, non c’è nessuna testimonianza: c’è, anche in questo caso, il “muro di silenzio” di chi sapeva e non ha parlato.
“Abbattiamo i muri del silenzio” è patrocinato da Città Metropolitana di Torino, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino e Regione Piemonte, con il sostegno di partner privati.