La didattica a distanza e la competenza digitale tra le “chiavi” per l’apprendimento permanente: una Raccomandazione dimenticata del Consiglio della Unione europea
di Antonio Santoro
Dalle esperienze di didattica a distanza, in tempo di Covid, la conferma che siamo oggi “attraversati” dai media digitali e ancora una sollecitazione alla scuola per un impegno promozionale di competenza digitale, come richiesto, nel maggio 2018, dalla nuova Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente.
Ha scritto Pierpaolo Triani: <Quello che è accaduto a partire dal primo lockdown ha reso esperienzialmente molto chiaro ciò che già sapevano: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono parte integrante dei nostri contesti di vita> (1). Ed ha confermato, quindi:
– che <il sistema dei media […] non rappresenta una realtà isolata, ma costituisce un fattore determinante delle interazioni sociali, con un forte impatto sui processi formativi delle persone>;
– che <i media stanno incidendo profondamente sulla realtà ordinaria dell’educazione implicita e informale; basti pensare a come stanno cambiando le ritualità quotidiane, le forme di controllo sociale, i comportamenti, il linguaggio, i flussi comunicativi, l’elaborazione e l’acquisizione delle informazioni>;
– che gli <ambienti educativi “classici”: la famiglia, la scuola, i servizi educativi extrascolastici, gli oratori, le realtà sportive e culturali, l’associazionismo […] stanno già cambiando grazie ai media digitali, basti pensare a quanto accaduto durante i mesi più drammatici della pandemia>;
– che <questi contesti, (se) vogliono rispondere significativamente alla loro mission propriamente educativa, hanno bisogno di rendere oggetto della propria attenzione pedagogica il fatto di essere, anch’essi, […] condizionati, e in parte ridefiniti, dal tessuto connettivo digitale, nei propri processi comunicativi e di funzionamento, nei contenuti e negli obiettivi, nelle prassi e nei metodi> (2).
Per il sistema-scuola, dunque, come opportunamente sottolinea Marcello Tempesta, <Si tratta di “raggiungere” le nostre tecnologie e “fare pace” con esse, usandole in maniera aperta e insieme critica, muovendo dall’assunto che oggi noi e i nostri ragazzi siamo, per così dire, “attraversati dai media”> (3).
Sì, nella scuola si tratta specificamente di coltivare la prospettiva di accrescere in tutti gli alunni “la conoscenza delle nuove tecnologie e soprattutto la capacità di utilizzarle intelligentemente, creativamente, criticamente” (4). Ma ritengo anche che, dalle conferme innanzi richiamate vengano pure, in termini più o meno espliciti, due indicazioni di carattere più generale: la prima riguarda la necessità che, nella istituzione scolastica, le modalità promozionali di apprendimento non si concretizzino in forme radicalmente diverse da quelle (caratterizzate da partecipazione attiva, da interazioni e negoziazioni continue di significati, da approdi collettivi oltre che individuali) che, nelle “comunità di pratica” di appartenenza, consentono agli allievi di realizzare acquisizioni ad “alto impatto trasformativo sul piano personale” (5).
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