Simone Schinacca racconta le conquiste sociali e politiche del Novecento, viste dalla parte delle “Donne”
di Vincenzo SardelliDONNE
Regia ed elaborazione del testo: Simone Schinocca
Interpreti: Valentina Aicardi e Francesca Cassottana
Costumi: Ombradifoglia
Consulenza grafica: Silvio Giordano
Coordinamento tecnico:Giuseppe Venuti
Info: OffRome – francesca.montanino@tedaca.it
cell. 328412 50 75 / tel. 011768 07 43 / mail. laboratoriscuole@tedaca.it
Età: dai 14 anni
Una carrellata novecentesca nella storia dell’emancipazione femminile. Con focus sull’Italia. Fino ad arrivare ai giorni nostri. Accompagnati da uno sguardo sornione e profondo su drammi mai sopiti come lo stalking, la violenza di genere, il femminicidio.
È lo spettacolo Donne di Simone Schinocca, che la torinese Tedacà / Compagnia dei Demoni ha presentato alla rassegna di teatro indipendente MilanoOff, nel quartiere Isola del capoluogo lombardo.
Al Teatro del Borgo (95 posti),Valentina Aicardi e Francesca Cassottana spaziano con ironia e vivacità tra stereotipi e pregiudizi, conquiste e sogni.
La scenografia è semplice. Al centro, una cassapanca. Vi sono custoditi abiti di scena che danno il la alle trasformazioni delle protagoniste: imbarazzate alle prese con i dolori mestruali, fiere in abiti da sfilata, delicate e premurose durante la gravidanza.
Donne tratta soprattutto le varie conquiste del Novecento: gli asili nido, la maternità consapevole, l’abolizione del delitto d’onore, il diritto all’istruzione e a un lavoro dignitoso, sicuro, equamente retribuito. L’insieme delle conquiste sindacali femminili viaggia di pari passo con i diritti dell’infanzia e le rivendicazioni del movimento operaio.
Ma è una strana storia, quella dell’emancipazione delle donne, soprattutto in Italia. Ogni singola conquista è stata seguita da controffensive conservatrici e riflussi retrogradi. Posizioni guadagnate, perse, riconquistate, minacciate. Una battaglia per affermare se stesse logorante fino allo sfinimento.
Donne tratta soprattutto le varie conquiste del Novecento: gli asili nido, la maternità consapevole, l’abolizione del delitto d’onore, il diritto all’istruzione e a un lavoro dignitoso, sicuro, equamente retribuito
Se durante la Prima guerra mondiale le donne avevano rimpiazzato nelle fabbriche gli uomini partiti per il fronte, nel 1919 le violenze squadriste si accanirono contro le lavoratrici che non cedevano la propria occupazione ai reduci. Durante il fascismo tornò lo stereotipo della donna-focolare: esclusa dalle posizioni forensi, aveva posti contingentati nell’insegnamento superiore e doveva limitare i propri orizzonti occupazionali a sbocchi come la dattilografa, la telefonista, la commessa, l’annunciatrice radiofonica, l’archivista, la bibliotecaria, la segretaria.
Se nell’Italia repubblicana alle donne venne riconosciuto il diritto di voto, fu assai contrastato il percorso che portò alle garanzie dell’art. 3 della Costituzione. Così come si dovette aspettare dieci anni, dal 1948 al 1958, prima che il disegno di legge della senatrice Lina Merlin sulla chiusura delle case di tolleranza e contro lo sfruttamento della prostituzione terminasse il proprio iter con l’approvazione delle Camere. Era un’Italia veramente arretrata, bigotta, nella quale il ministro dell’interno Mario Scelba vietava l’uso del bikini nelle spiagge.
Schinocca, autore e regista dello spettacolo, intreccia l’emancipazione sociale e politica delle donne a quella culturale, civile, economica di un Paese arretrato, dove negli anni Cinquanta solo il 20 per cento delle case aveva un gabinetto.
L’insieme delle conquiste sindacali femminili viaggia di pari passo con i diritti dell’infanzia e le rivendicazioni del movimento operaio
Il rapporto tra i due amanti Fausto Coppi e Giulia Occhini detta «la dama bianca», entrambi già sposati, destava scandalo e rancore. A scontare un mese di galera per “abbandono del tetto coniugale” fu però soltanto la Occhini, che il marito stesso, appassionato di ciclismo, aveva in qualche modo contribuito a spingere tra le braccia del “campionissimo”.
Attraversiamo gli anni del Boom economico, quando il benessere delle famiglie aumenta e nasce il consumismo di massa. Tra le grandi trasformazioni di quel periodo, alcune riguardano direttamente le donne e il loro impegno lavorativo. In realtà le donne avevano sempre lavorato in casa proponendo un modello domestico. Con il Boom, questo modello si contrappose con la realtà che vedeva la creazione di nuovi spazi. Ma non fu tanto il frutto di una consapevolezza delle donne a spingere verso il cambiamento: era la società stessa dei consumi che lo imponeva.
Le donne acquistavano sempre più potere. Cominciava l’epoca delle rivendicazioni. Ma le aziende applicavano al contratto di lavoro la clausola del nubilato: se la lavorante si sposava, il datore di lavoro aveva il diritto di licenziarla. Resisteva il divieto di ricoprire incarichi di alto livello, quali il magistrato, nonostante l’articolo 37 della Costituzione proclamasse la parità tra uomo e donna sul lavoro. Ancora adesso le statistiche dicono che l’obiettivo delle pari opportunità resta lontanissimo.
E’ una strana storia, quella dell’emancipazione delle donne, soprattutto in Italia. Ogni singola conquista è stata seguita da controffensive conservatrici e riflussi retrogradi. Posizioni guadagnate, perse, riconquistate, minacciate. Una battaglia per affermare se stesse logorante fino allo sfinimento
Valentina Aicardi e Francesca Cassottana girovagano per il palcoscenico con lunghi abiti bianchi con spacco. Forse è anche questo un espediente per alludere al percorso altalenante delle donne, tra candore e ammiccamenti, tra spiragli verso le pari opportunità e spinte reazionarie volte a controllarle, a tenerle prigioniere di una gabbia raramente dorata.
Lo spettacolo è una macchina del tempo non sempre sequenziale e consequenziale. Tuttavia ha il merito di toccare tanti temi senza mai diventare guazzabuglio, senza generare confusione. Schinocca accosta a una scenografia semplice pochissimi oggetti scenici. Dei palloncini colorati sono usati in modo metaforico. Tra le braccia delle protagoniste, diventano figli da custodire, coccolare, fino a quando vengono fatti volare in cielo, accompagnati da uno sguardo vigile e nostalgico.
Sotto una luce rossastra, bambole appese a una corda sono invece emblemi della violenza di genere. Come quando si evoca il caso di Lucia Annibali, sfregiata con l’acido; oppure, mezzo secolo fa, la vicenda di Franca Viola, che per prima nel 1965 rifiutò il matrimonio riparatore con l’uomo che l’aveva sequestrata e violentata. Franca Viola diventò in Sicilia un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei avrebbero subito le stesse violenze, e che ricevettero dal suo esempio il coraggio di dire no e rifiutare il matrimonio riparatore. La norma invocata a propria discolpa dall’aggressore, l’articolo 544 del codice penale, sarebbe tuttavia stata abrogata solo nel 1981, mentre bisognò attendere altri 15 anni, il 1996, perchè in Italia finalmente fosse riconosciuto lo stupro come un reato non “contro la morale”, bensì “contro la persona”.
Donne rappresenta il percorso complesso che narra sia avvenimenti, sia storie di singole protagoniste che hanno affrontato con coraggio stereotipi e pregiudizi. Il registro sardonico, che si vale anche dell’utilizzo di spassosissime marionette, non banalizza mai la cronaca. Lascia trasparire, semmai, le doti di resilienza e autoironia che rendono ancora più affascinante e sfaccettato il mondo femminile agli occhi di chi sa riconoscerlo.