L’intervista a Silvano Marseglia, presidente europeo dell’associazione europea degli insegnanti (Aede)
In questi giorni docenti ed alunni si troveranno a parlare dei “Trattati di Roma”. Il 25 marzo prossimo, infatti, ricorre il loro sessantesimo anniversario.
Una data importante, dunque, che ha spinto, tra l’altro, lo stesso MIUR e la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento Politiche Europee) a sottoscrivere un Protocollo d’intesa per favorire lo sviluppo, nelle giovani generazioni, del senso dell’identità europea e promuovere, tra gli studenti, i valori costitutivi dell’Unione Europea.
Abbiamo intervistato il prof. Silvano Marseglia, presidente europeo dell’AEDE (Associazione Europea degli Insegnanti), di ritorno da un’importante audizione a livello europeo dove, con la deputata Silvia Costa, componente della Commissione Cultura, sono stati affrontati e discussi, argomenti come l’istruzione e la formazione. Nel corso dell’incontro è stata fatta un’analisi accurata del mondo della scuola e dei giovani evidenziando la loro importanza strategica sia per lo sviluppo sociale sia come protagonisti indispensabili per dare un nuovo slancio all’Europa.
Di Agata Scarafilo
Il 25 Marzo ricorre l’anniversario dei 60 anni della firma dei “Trattati di Roma”, quale importanza riveste questa ricorrenza?
Non è un semplice anniversario, ma rappresenta un’occasione storica importante per l’Europa. La situazione europea, attualmente, è particolarmente critica in quanto euroscettici e nazionalisti di diversa provenienza si sono rafforzati e minacciano di affermarsi sempre più.
Secondo lei, come si presenta l’Europa Unita oggi?
L’Unione Europea sta vivendo, oggi, situazioni di profonda crisi. Una crisi soprattutto culturale caratterizzata dall’incapacità di elaborare un progetto valido di civiltà e di sviluppo per il futuro. La mancata creazione di un soggetto europeo politicamente coeso e democraticamente legittimato non solo impedisce all’Europa di farsi promotrice di un nuovo ordine del sistema internazionale, ma genera un vuoto di potere che, secondo il mio parere, rende le aree ai suoi confini tra le più instabili ed insicure.
Quali sono le cause di questa situazione?
L’Unione europea rischia di disgregarsi per gravi errori di strategia politica ed economica, per l’inadeguatezza delle istituzioni e la mancanza di democrazia. Sono stati ricostruiti i muri con i mattoni degli egoismi nazionali soffocando la vera idea d’Europa che sanciva il diritto delle persone alla libertà di circolazione.
Qual è, dunque, secondo lei l’immagine dell’Europa oggi?
L’Europa, in sostanza appare ripiegata su se stessa, dominata da divisioni interne, incapace di dare risposte soddisfacenti per una equilibrata politica di crescita e di governo.
Gli avvenimenti recenti legati alla situazione epocale dell’immigrazione e, in particolare, la situazione della guerra in Libia e del grave fenomeno del terrorismo hanno messo in evidenza, ancora una volta, la mancanza di una profonda unità di intenti tra i paesi dell’Unione Europea ed anche tra i paesi fondatori, come è emerso chiaramente in occasione del recente Vertice di Bratislava.
Quali le soluzioni?
Solo se cambia rotta l’Europa si salva. Serve una democrazia europea, dove la sovranità appartiene a uomini e donne che eleggono un governo federale responsabile davanti al Parlamento europeo. L’Europa deve essere terra di diritti, welfare, cultura e innovazione.
Con quali premesse si arriva al Vertice di Roma?
Il Vertice di Roma viene realizzato dopo il Vertice di Bratislava del settembre scorso. Quel Vertice fu, in verità molto deludente. Quella che arrivò a Bratislava era un’Europa “a pezzi”, sempre più divisa al suo interno e con vari raggruppamenti che cambiavano a seconda del dossier trattato. Fu impossibile uscire dal Vertice raggiungendo un compromesso. Diciamo la verità, il vertice di Bratislava è servito quanto meno a fare chiarezza sulle spaccature dell’Europa.
Perché parla di un’Europa a pezzi?
Uno dei sintomi più evidenti delle divisioni tra stati membri in seno all’Unione è rappresentato, proprio, dai continui summit ai quali partecipano solo alcuni “pezzi” d’Europa, ovvero un numero ristretto di paesi. Il gruppo di Visegrád, che riunisce Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, è quello più strutturato. Costituitosi prima dell’ingresso di questi paesi in Europa, il gruppo aveva tra gli obiettivi principali quello di sostenerne il percorso di adesione. Oggi, invece, il gruppo riunisce i governi più euroscettici d’Europa. Anche i recenti vertici di Ventotene (Italia, Francia, Germania) e di Atene, con i paesi del sud Europa a favore di politiche fiscali più permissive,sembrano funzionare più da specchio delle fratture interne che da forum per la ricerca di compromessi. Queste fratture complicano l’efficacia del lavoro a livello comunitario ed alimentano ulteriormente l’ascesa di partiti euroscettici, formazioni che raccolgono un crescente consenso in quasi tutti i paesi europei.
Quali ripercussione potrà avere sull’Europa il nuovo quadro mondiale?
Abbiamo appreso che la nuova Amministrazione Statunitense ha espresso dei chiari orientamenti isolazionisti, insieme all’intento di perseguire gli interessi americani anche a discapito di un disegno cooperativo a livello globale. È ovvio che a seguito di ciò tenderà ad aggravarsi la forte instabilità nei rapporti internazionali con il notevole rischio per l’Europa di una grande disgregazione al suo interno, che favorirebbe la sua spartizione in aree di influenza da parte della Federazione russa o di altre potenze. Tenuto conto di questo nuovo quadro mondiale che va profilandosi, carico di incognite e di instabilità, appare sempre più indispensabile, perentorio e indilazionabile per gli Europei completare la loro unificazione politica, economica e militare.
In conclusione quali suggerimenti intende dare?
Personalmente ritengo che sia necessaria un’azione europea immediata e concreta che consenta di recuperare la fiducia dei cittadini europei. Ritengo che ci sia l’urgenza della riforma dei Trattati che permetta a tutti gli Stati che lo desiderino di procedere quanto prima verso un’Europa democratica e federale, che abbia gli strumenti per affrontare la crisi sistemica che stiamo vivendo.
Mi auguro che I Capi di Stato dell’Eurozona non si limitino a qualche richiamo ai Padri fondatori dell’Unione e che l’appuntamento del 25 marzo 2017 non si riduca solo ad una celebrazione del passato, ma rappresenti un’occasione di rilancio del processo di unificazione europea, a partire dalle proposte contenute nei Rapporti Bresso-Brok e Verhofstadt del Parlamento europeo. Confido anche nell’impegno dei Governi dell’U.E. per promuovere subito una nuova fase di politiche comuni per far ripartire il processo europeo, inclusa la cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa per dare una prima parziale risposta ai problemi sempre più impellenti della sicurezza.