• martedì , 16 Luglio 2024

Parole di Scuola: un ‘gioco’ etimologico per iniziare

di Francesco Spagnolo

 

Reminiscor

Anno scolastico 90/91. Primo giorno. Prima ora: Prof. Di Salvo. Fu tutto quello che ci concessero di sapere. Ci bastò per tenere la nostra schiena perfettamente aderente allo schienale ed aspettare in silenzio il suo ingresso. Insegnava Latino e Greco. In quel momento lui era il Latino ed il Greco. Ci trovavamo al Liceo e si stava per concretizzare la consapevolezza che l’accoglienza materna della Professoressa di lettere del Ginnasio -18 ore nella stessa classe- sarebbe appartenuta ai ricordi.

idi marzoEntrò. Ci guardò attraverso le sue spesse lenti. Salutò quando eravamo già scattati in piedi. “Stare seduti, grazie!”. Qualcuno di noi cominciò a cercare i volti dei compagni, ma fu inutile. La sua voce era tuonante e ti rimaneva nella mente. Breve giro di ricognizione fra i banchi. Poi si sedette. Capo chino sul registro, firmò. Ignorò l’appello. Si rialzò, fece due passi e con un gesto perentorio invitò la studentessa del primo banco ad avvicinarsi. “Deponi la mia penna sulla cattedra”. Le parole, scandite in quell’aria di silenzio puro, colpirono dritte dritte le orecchie, gli occhi e ogni capacità di comprendere di quella povera ragazza. Lei si sollevò e, quasi in uno stato di sospensione della coscienza, obbedì. Poggiò piano la penna sulla scrivania, sul lato non illuminato dal Sole di settembre. “Apprezzo il gesto”, disse lui. “Ma hai sbagliato! Ti avevo chiesto: cattedra!”. Poi, con lo stesso sorriso con cui le divinità omeriche rivelano la verità ai loro protetti, dopo averli ingannati, riprese con lentezza la penna e, disegnando un arco nel vuoto, la depose sulla sua sedia. “Questa è la cattedra, dal latino ‘cathedra, –ae’, ‘sedia a braccioli’, da cui ‘cattedrale’, il seggio episcopale”. Pausa. Noi basiti. Lui riprese:“La lingua, ragazzi miei – e qui tradì la sua dolcezza-, ogni lingua è strutturata su convenzioni, cioè accordi tra coloro che la parlano. Ma spesso gli accordi cedono, perché l’abuso o la dimenticanza li altera, come nel nostro caso. Dobbiamo, allora, intenderci sui significati da dare alle parole che useremo”. 

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