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Editoriale aprile 2016

Educare a vivere con gli altri nel XXI secolo

di Antonio Santoro

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E’ il titolo del recente Quaderno 11 dell’Associazione TreeLLLe, che si chiede “che cosa può fare la scuola”, oggi, per corrispondere alle attese di una educazione ai principi fondamentali della convivenza civile: di una educazione alla cittadinanza che non trascuri l’impegno di promuovere, nelle nuove generazioni, “la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condizione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, la salute e la malattia, l’incontro e il confronto di culture e di religioni, i dilemmi bioetici, la ricerca di una nuova qualità della vita) possono essere affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non solo fra le nazioni, ma anche fra le discipline e le culture” (Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione – 2012).
E’ una ricerca che prende le mosse dalla rilevazione dei risultati non proprio confortanti dell’educazione civica nella scuola, nei lunghi decenni in cui è stata considerata una materia trasversale oppure affidata all’insegnamento di un’altra disciplina. Ed è soprattutto una riflessione che viene sviluppata a partire dalla consapevolezza che, da noi, “non esiste ancora una cultura civica in grado di far rispettare le regole del vivere con gli altri e tantomeno un terreno politico autonomo (gli interessi generali del Paese) in grado di prevalere sugli interessi particolari”. E che avverte l’urgenza più volte indicata da Edgar Morin: l’urgenza di un insegnamento che <deve portare a una “antropo-etica” attraverso la considerazione del carattere ternario della condizione umana, che consiste nell’essere allo stesso tempo individuo-società-specie […]. Portiamo in ciascuno di noi questa triplice realtà. Così, ogni sviluppo veramente umano deve comportare lo sviluppo congiunto delle autonomie individuali, delle solidarietà comunitarie e della coscienza di appartenere alla specie umana> (E. Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015, p. 102).
Finalità formativa evidentemente non facile per un scuola ancora autoreferenziale e che ha in sé “resistenze e ostacoli culturali e organizzativi” di vario tipo. Si tratta, tuttavia, di un impegno che il sistema educativo formale non può più trascurare, perché è certamente suo compito specifico, nel tempo presente, “non solo istruire ma anche educare a vivere con gli altri […] le conoscenze, sempre essenziali, da sole non bastano: senza valori e regole condivise che le orientino c’è il rischio di un ritorno alla barbarie”. Una prospettiva promozionale dunque ineludibile, com’è facile comprendere, che ha costretto l’Associazione TreeLLLe ad avanzare le proposte di cambiamento che di seguito si riportano nella prima forma sintetica con la quale sono state presentate:
1. <Uno specifico tempo curricolare dedicato ad “attività” interattive ed interdisciplinari (non lezioni) per l’educazione a vivere con gli altri>;
2. <Una scuola “aperta e a tempo pieno” (tra lezioni e attività extrascolastiche) per i primi otto anni, facoltativa e flessibile per gli ultimi cinque>;
3. <Formare e contrattualizzare tutto il personale scolastico, con l’obiettivo di istruire ma anche di educare a vivere con gli altri>;
4. <Praticare metodologie didattiche attive e coinvolgenti, con l’uso appropriato delle nuove tecnologie>;
5. <Coinvolgere i genitori nell’educazione a vivere con gli altri>;
6. <Favorire la partecipazione proattiva dei giovani nella scuola e nella comunità>;
7. <Rafforzare l’istituzione scuola curandone la dimensione simbolica>;
8. <Assicurare a tutti i giovani la conoscenza dei contenuti delle Dichiarazioni fondamentali sui diritti umani e della Costituzione italiana>, e quindi <assicurare “i saperi minimi di cittadinanza”>;
9. <Valutare i risultati dell’educazione alla cittadinanza (dei singoli e delle scuole)>.
Proposte che interpellano il decisore politico, ma che investono anche, per tanti aspetti, la responsabilità delle istituzioni scolastiche autonome: perché non poco si può già cominciare a fare nei versanti dell’offerta culturale, delle procedure metodologico-didattiche e delle collaborazioni inter e intra-istituzionali.

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In copertina immagine di:
Antonino Furnari 2A
Scuola Secondaria 1 grado “G.Pascoli”
del 1° Istituto Comprensivo di Ceglie Messapica (BR)
Dirigente scolastico Dott. Giulio Simoni

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