• domenica , 22 Dicembre 2024

Formazione in servizio e Piani di miglioramento

di Rita Bortone

Discorsi già fatti

Sulla formazione ho scritto molte volte, con approcci diversi ad un problema che ho sempre visto come cruciale ai fini della qualità della scuola e che ritengo tuttora una condizione necessaria per l’applicazione intelligente delle riforme che via via si succedono.
Nel giugno del 2009, su questa rivista, veniva pubblicato un mio articolo intitolato Il piano annuale di formazione. Ironizzavo sul dirigente che corre dietro al progetto di turno, al ministro di turno, al finanziamento di turno, e per il quale riflettere sulla formazione non ha senso perché qualunque “piano annuale” gli andrà bene.
Ironizzavo sulle logiche sindacali e sulla promozione di ciò che chiamavo diritto all’inerzia, uno strano diritto-dovere che mai veniva rivendicato come diritto né mai veniva controllato come dovere. E rimproveravo alle organizzazioni sindacali di non aver mai posto la formazione delle professionalità (di base e in servizio) quale condizione centrale e fondante di ogni rivendicazione possibile e quale nodo essenziale intorno a cui promuovere e combattere le battaglie.
Affermavo che (…) Il dirigente che ha a cuore un’idea di scuola ed intende realizzarla non può fare a meno di riflettere sulla inefficacia delle attuali prassi di formazione in servizio e sulla utilità di un piano di formazione organico e a lungo termine, che dia senso e prospettiva di efficacia ai piani annuali (…).
Auspicavo insomma, anticipando inconsapevolmente quanto sarebbe poi diventato norma, la sostituzione del piano annuale di formazione con un piano pluriennale di qualificazione del personale. Nel rileggere quanto scritto circa sette anni fa, ho sorriso imbattendomi, nel paragrafo sull’analisi dei bisogni, in espressioni come <individuazione di punti di forza e di criticità rilevati nella progettazione, nella organizzazione, nella realizzazione dell’offerta formativa>; oppure <eventuali dati scaturiti da pratiche di autoanalisi d’Istituto>; o ancora <definizione degli obiettivi di miglioramento, dei relativi ambiti di formazione e dei relativi destinatari>. Le riflessioni di allora, lette oggi, mi fanno insomma amaramente sorridere per la loro attualità…
Nel maggio del 2015, già in ottica di buona scuola, su questa rivista veniva pubblicato un altro mio articolo intitolato Un piano triennale di formazione. Riprendeva dichiaratamente ampi stralci da quello precedente, ritenuto di particolare attualità ai fini della realizzazione della auspicata buona scuola, ma portava avanti la riflessione sul tema della formazione alla luce delle novità introdotte dal documento che nel luglio 2015 sarebbe poi diventato la legge 107: obbligatorietà della formazione e necessità di riflessione sulla gestione del bonus, cause della demotivazione degli insegnanti verso la propria formazione, superamento della formazione come “corso di aggiornamento”, riferimento della formazione ad un profilo professionale dell’insegnante, diversità di culture e di bisogni dei destinatari, contenuti dell’auspicato piano triennale.
Alla luce di quanto sta accadendo in questi mesi nelle scuole, penso che molte delle riflessioni espresse in quegli articoli possano essere molto utili.
Anche sulle logiche di autoanalisi e di miglioramento ho scritto più volte: nell’ottobre 2014 questa rivista pubblicava l’articolo Appunti e noterelle sugli esiti formativi. A partire dalla Direttiva Ministeriale n.11 del 18 settembre 2014, che annunciava per il triennio 2014-2017 l’introduzione di pratiche autovalutative in tutti gli Istituti, ragionavo sulle logiche dell’autoanalisi e del miglioramento, suggerivo strumenti per l’analisi dei problemi e delle possibili cause, riflettevo sulla necessaria strategicità degli interventi migliorativi. Infine nell’aprile 2015, all’inizio della lunga stagione del Rav, scrivevo Rav: alla ricerca di indicatori che indichino, in cui criticavo le scelte del modello nazionale, ritenendole poco efficaci ai fini della individuazione delle criticità e della definizione delle priorità su cui progettare il miglioramento.

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