tra clima e cultura della scuola
di Antonio Santoro
Ma è davvero rinvenibile, nei miei contributi a Scuola e Amministrazione, l’attribuzione al dirigente scolastico di un sovraccarico di responsabilità, malgrado la dichiarata consapevolezza dei limiti e degli impedimenti oggettivi che egli quotidianamente incontra nell’impegno di corrispondere ad aspettative e speranze che il tempo rende sempre più onerose e difficili da realizzare? Francamente, non so rispondere a questo ‘rimprovero’ che cordialmente mi viene rivolto, di tanto in tanto, da qualche amico o lettore. Conosco, però, anche per esperienza diretta, la centralità del ruolo del dirigente nell’ambito di una prospettiva di qualificazione continua delle attività educative e didattiche della scuola. Come ho pure l’impressione – ahimè, fondata! – che adempimenti amministrativi e ristrettezze finanziarie stiano via via collocando l’esercizio della funzione dirigenziale, anche se non esclusivamente, entro i territori della dimensione manageriale, con la conseguente sottovalutazione o, addirittura, con l’abbandono di fatto dei compiti propri del leader educativo. Una prospettiva che preoccupa non poco, perché porta alla considerazione del dirigente come perno dell’organizzazione scolastica nei suoi tratti di adattamento funzionale e non anche in quelli di perfezionamento continuo (1).
Guardare al lavoro del dirigente scolastico significa, certo, considerare la rilevanza e l’onerosità del compito di gestione delle risorse assegnate: impegno, questo, notoriamente difficile per la varietà degli interessi in gioco e che prevede, nella fase attuativa, sia l’utilità del ricorso alle “cosiddette best practices, vale a dire (a)quelle procedure e pratiche operative che hanno dato buona prova e si sono rivelate strumenti di successo nel governo” dell’organizzazione scolastica (2), sia la necessità della configurazione delle forme dell’agire gestionale sulla base
dell’unicità e, quindi, della specificità della situazione concreta. Ma tutto questo non può e non deve relegare in secondo piano le prospettive, pure fondamentali, della valorizzazione e della motivazione delle strutture di professionalità che operano all’interno dell’istituzione-scuola; e non può neppure comportare disattenzioni più o meno consapevoli nei confronti del clima e della cultura che caratterizzano la realtà organizzativa.