a cura di Enrica Bienna*
(*già docente di lettere nella scuola secondaria di II grado)
Dovremmo essere tutti femministi – Chima-manda Ngozi Adichie – Einaudi 2015
In un momento in cui si è riaccesa con toni a volte anche da crociata la querelle sul “genere”, è una ventata di aria fresca questo piccolissimo saggio che riporta la questione nei giusti termini, e va all’essenza del problema in una forma comunicativa moderna e di sicura presa.
E’ segno dei tempi, positivo se vogliamo, il fatto che ”Dovremmo essere tutti femministi”, da pochi giorni pubblicato in Italia, sia la trascrizione di un Tedx Talk tenuto da Adichie nel 2013, tanto visualizzato da allora che Beyoncé ne ha inserito un passo nella superhit Flawless e Emma Watson lo ha citato nel suo discorso presso le Nazioni Unite, in cui si è dichiarata femminista. Questo pamphlet contiene “idee che val la pena che siano diffuse”, dunque, secondo la filosofia del TED, prima fra tutte l’idea che occorra una nuova definizione di femminismo, liberata dalle incrostazioni di stereotipi ormai vecchi , più aperta e flessibile. Ne conia una nuova infatti, e del tutto personale, l’autrice, giovane nigeriana, che, in opposizione alle connotazioni stereotipizzate attribuite al termine nel suo ambiente, scopre di essere una “Felice Africana Che Non Odia Gli Uomini e Che Ama Mettere il Rossetto e I Tacchi Alti Per Sè e Non Per Gli Uomini.”
Ma qual è la valenza del dichiararsi femministe oggi, anzi, come sottolinea la scrittrice, femministi? Ed essere femministi in Africa è diverso dall’essere femministi in America? Cambiano i contesti e le battaglie, senza dubbio, ma l’essenza non è forse la stessa?
Se è vero che le disuguaglianze tra i sessi hanno ancora a che vedere con la persistenza culturale degli stereotipi legati al genere e alle forme di educazione che li perpetuano, questa non è colpa di una particolare arretratezza africana. Da un campo di osservazione ampio, tra l’Africa dove torna spesso e l’America dove vive e lavora ai suoi romanzi pluripremiati, Adichie deve constatare concretamente che “il genere conta in tutto il mondo” e che “gli uomini governano, nel vero senso della parola, il mondo”, ma anche che “Diamo della virilità una definizione molto ristretta. La virilità è una gabbia piccola e rigida dentro cui rinchiudiamo i maschi”. E appunta queste riflessioni, dette in tono spigliato ma con la rigorosità del saggio, su episodi vicini alla sua esperienza, a volte anche divertenti.
Non ci sembra di sentire parole completamente nuove: sulle colpe di una educazione condizionante, sia per bambini che per bambine, Elena Giannini Belotti negli anni Settanta ci aveva spiegato, nel suo famoso saggio “Dalla parte delle bambine” (che vale la pena di rileggere), con ricchezza di argomenti, quanto contino i modelli e i comportamenti familiari, replicati a scuola da maestre a loro volta condizionate, per la costruzione di una identità di genere rigida e a volte castrante. Pensavamo che quei modelli non ci appartenessero più, superati dai tempi.
Ora però Adichie ci costringe a prendere atto che, al di là dei mutamenti dei contesti sociali e dei ruoli nuovi assunti nella società dalle donne, i meccanismi di fondo non sono mutati e gli stereotipi sul genere agiscono nel profondo, tramandandosi ancora attraverso l’educazione. Magari in modo apparentemente più libertario (come interpretare infatti l’affermarsi – complici i media – del modello identitario della “donna velina”, dipendente unicamente dalla capacità di seduzione del suo corpo, così crudamente espresso dalle immagini del documentario “Il corpo delle donne” della Zanardi?), oppure producendo quei conflitti talmente ingestibili da sfociare nella violenza , estrema ed inutile lotta dell’uomo incapace di gestire un rapporto di parità e libertà con la donna. Sono queste e molte altre le riflessioni che il libro provoca, e per tutti questi motivi occorre essere “femministi” dunque.
Ci piace condividere con la scrittrice la fiducia nella battaglia ideale che accomunerà genitori e maestri e insieme tutta la società civile: “In verità vorrei che tutti cominciassero a progettare un mondo diverso, un mondo più giusto, un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli”.
Qualche recensore ha scritto che questo libro andrebbe messo nelle mani di tutte le studentesse e di tutti gli studenti; aggiungerei, soprattutto in quelle degli educatori. I ragazzi magari più facilmente si imbatteranno da soli, su Youtube, nel TED di Adichie.