• martedì , 16 Luglio 2024

L’elmo di Ettore

Infanzie di guerra
di Mario Melino*
(*già dirigente tecnico dell’USR per la Puglia)

1. – La maschera della violenza
È uno dei brani più toccanti dell’Iliade, un poema dove c’è poco spazio per i bambini (1).
Andromaca, seguita dall’ancella con in braccio il piccolo Astianatte, si precipita sulle porte Scee trepidante per la sorte del marito. Ettore accorre verso i familiari e Omero trasforma questo episodio in un affresco poetico carico di emozioni e di affetti, vissuti con l’intensità che precede i grandi eventi della vita. La piccola e muta figura di Astianatte è il centro di questa scena fatta di tenerezza mista all’orgoglio paterno sullo sfondo degli affanni e delle inquietudini, sature di paura, della madre.
Ci piace cogliere il momento in cui Ettore tende le braccia al figlioletto e il bimbo si rintana sul petto della balia con un grido, atterrito dall’aspetto del genitore con il cimiero che “ondeggia terribile” al vento. Sorridendo, Ettore depone l’elmo “rilucente”, bacia il figlioletto, lo solleva al cielo con un impeto d’orgoglio e si abbandona al sogno di un grandioso futuro.
L’elmo di Ettore – simbolo materiale della guerra tra i popoli – è ciò che separa il padre dal figlio, l’adulto dal bambino e vi pone una distanza incommensurabile, fatta di orrore, paura, minaccia. L’elmo è la rappresentazione delle infinite sofferenze infantili nelle guerre degli adulti, dei maltrattamenti, delle crudeltà, degli abbandoni nelle atrocità e nella barbarie; è, altresì, la rappresentazione delle più silenziose e ovattate afflizioni morali e materiali che i bambini subiscono nella società del benessere, delle deprivazioni affettive e delle violenze culturali.
Non tutti i “padri” sanno deporre l’elmo delle loro frustranti lotte quotidiane. Troppe volte, di fronte all’infanzia, gli adulti dimenticano di togliersi (o non sanno più farlo) la maschera della guerra, dell’aggressività, della violenza e sono incapaci di mostrare un sorriso e di aprire le braccia. A volte, forse, più semplicemente, non hanno il tempo o sono troppo stanchi per farlo, altre volte sono solo preda di una cieca ferocia.
Il piccolo Astianatte è il simbolo dell’infanzia violata dall’irrazionalità umana. Lo attende una morte terribile che Omero lascia appena presagire, ma che sarà cantata da altri poeti. Da tempi immemorabili, tanti piccoli Astianatte sono caduti per la ferocia adulta. La civiltà non pare aver prodotto nulla di efficace per impedirlo e le esperienze più recenti ci inducono a pensare che l’efferatezza e la crudeltà siano illimitate.
Ai bambini, in ogni tempo, sono state accordate protezioni particolari, suggerite dalla vulnerabilità della loro condizione. Questa attenzione, tuttavia, non è mai stata una regola assoluta. La violenza segna il percorso storico dell’infanzia fino ai nostri giorni con la stessa cadenza e la stessa intensità delle cure e degli affetti, anzi, a volte, sembrano più frequenti gli abusi, le percosse, le costrizioni, il reclutamento forzato nelle azioni violente degli adulti … Nella civilissima Italia del 2015 vi sono 91.272 minori affidati ai servizi sociali; di questi, il 47,1% per trascuratezza materiale e affettiva, il 13,7% per maltrattamento psicologico, il 6,9% per maltrattamento fisico e il 4,2% per abuso sessuale, ovvero 3800 minori (273,7 per mille al Sud, 155,7 per mille al Nord) (2). Ma Astianatte era un bambino di guerra; uno dei tanti che dopo tre millenni di storia umana continuano a morire.

2. – Bambini nella guerra

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